Rette dei nidi nel caos a scapito di famiglie e Comuni

Nella proposta di legge di stabilità 2026, in discussione nel prossimo Consiglio provinciale, la Giunta provinciale si prefigge di intervenire per contenere le rette di frequenza dei nidi comunali. Come? Non trasferendo i fondi attraverso la finanza locale ai Comuni, titolari dei servizi, bensì con l’erogazione diretta di un contributo alle famiglie a rimborso delle spese sostenute.  
Trento, 2 dicembre 2025

Questa decisione di scavalcare i Comuni ha molteplici implicazioni negative. 

Va ricordato innanzitutto che il trasferimento provinciale annuo  assegnato ai Comuni per i nidi è passato, dal 2011 a oggi, da circa 7.200 euro a bambino a circa 8.000 euro (+ 12%), mentre il costo di un bambino al nido è lievitato, soprattutto negli ultimi anni, da circa 11.000 euro a circa 14.000 euro (+25%). La differenza è stata in gran parte assorbita dai Comuni che, specie quelli piccoli, sono andati in sofferenza finanziaria.

Alla luce di ciò è evidente che la Giunta, intervenendo con un contributo a favore delle famiglie a copertura del disavanzo familiare, teme ora che i Comuni 'approfittino' dell'intervento provinciale per ritoccare al rialzo le tariffe, scaricando parte dei costi sulla PAT. Per questo motivo nel Protocollo di finanza locale sottoscritto fra Provincia e Comuni per il 2026 l’assessora Zanotelli ha fatto introdurre la previsione che ‘... gli Enti Locali si impegnano a non incrementare le tariffe relative a tali servizi, ossia il costo effettivo a carico delle famiglie, tenendo in considerazione anche le provvidenze statali vigenti per le medesime finalità e fatti salvi casi particolari di difficoltà della sostenibilità dei costi del servizio nell’ambito degli equilibri di bilancio’. 

Occorre aggiungere che i Comuni, in questo momento, sono interessati anche dalla riforma del sistema ICEF, voluta sempre dalla Giunta provinciale, che rivede i requisiti per la determinazione del parametro ICEF alla base del calcolo delle rette dei nidi. Parametro che, dalle simulazioni effettuate e da come lamentano molti cittadini, con i nuovi requisiti risulta essere in sensibile incremento. Se i Comuni non interverranno per bilanciare queste variazioni, le rette dei nidi dal 1 gennaio 2026 potrebbero aumentare e non di poco.

Se lo stato delle cose è quello sopra descritto i Comuni sono in una morsa: da un lato fanno fatica a far quadrare i bilanci per l’evidente finanziamento insufficiente della Provincia sui nidi e dall'altro sono invitati dalla stessa Assessora a non aumentare le rette dei nidi, dovendo pure intervenire sui parametri di calcolo della retta per evitare che la riforma ICEF faccia schizzare dal 2026 le rette nido verso l’alto. 

Una situazione che mette i Comuni in fortissima difficoltà, con esigenze contrapposte e con risvolti estremamente pericolosi.

Alla luce di tutto ciò, a cosa stiamo assistendo in questi giorni? Che nonostante l’impegno contenuto nel Protocollo di finanza locale, alcuni Comuni stanno già deliberando in aumento i limiti minimi e massimi delle rette per portare in equilibrio i loro bilanci ed altri che stanno valutando di lasciare tutto invariato confidando che la riforma dell’ICEF faccia il suo corso e porti all'aumento ‘naturale’ delle tariffe nido. Tutto ciò sperando, poi, nell’intervento della Provincia che attraverso il nuovo contributo ripiani i maggiori costi per le famiglie.

Ma alla fine, oltre che sui Comuni, su chi pendono le conseguenze di queste scelte provinciali scellerate?

Le conseguenze di queste azioni, innescate da decisioni sbagliate, miopi e dannose della Giunta provinciale, alla fine ricadranno tutte sulle famiglie! Perchè le famiglie si troveranno a dover pagare di più per la frequenza dei figli al nido (il nuovo contributo provinciale decorrerà da settembre 2026 mentre le rette aumenteranno da gennaio 2026) e ad anticipare comunque tutta la spesa per poi dover presentare, a più riprese, domande di contributo ad enti diversi (INPS e Provincia), attendendo i rimborsi. Aggravi notevoli non solo pecuniari ma anche di gestione familiare quotidiana!

Senza contare il fatto che il contributo provinciale farà reddito ai fini ISEE con un probabile effetto negativo sul bonus nido INPS. Più contributo provinciale e meno bonus INPS: un cortocircuito che peserà alla fine sulle finanze provinciali, facendo paradossalmente risparmiare lo Stato.

La mozione n. 58 del giugno scorso sui nidi a firma Partito Democratico e sostenuta da tutta la coalizione dell’Alleanza Democratica e Autonomista, approvata all’unanimità dal Consiglio Provinciale e da molti Consigli comunali anche a guida centrodestra, diceva ben altro. Si chiedeva di effettuare una attenta analisi dei livelli e delle modalità di erogazione dei servizi educativi all’infanzia sul territorio trentino e di assicurare ai Comuni il sostegno e i trasferimenti adeguati per consentire l’erogazione universale e gratuita del servizio di nido, avviando una interlocuzione con INPS per facilitare l’erogazione del bonus nido. 

E' di tutta evidenza che se la Giunta non farà retromarcia, il rischio grave che si generino caos, penalizzazioni delle famiglie, difformità e disparità di trattamento è concreto e imminente.

 

Per tutte queste ragioni presenteremo, in occasione della discussione del bilancio 2026, la nostra proposta di incrementare il ‘fondo specifici servizi comunali’ riservato ai Comuni, finalizzando le risorse aggiuntive alla copertura delle maggiori spese e all’azzeramento o abbattimento delle rette, riconoscendo in tal modo in capo ai Comuni, come è giusto e corretto che sia, la piena titolarità del servizio di nido e in capo alla Provincia il ruolo di ‘regista di una Autonomia composta di Autonomie’, che questa Giunta invece non vuole assumere, preferendo lo stile impositivo e autoritario. 

Gruppi consiliari provinciali Alleanza democratica Autonomista