
Il pronunciamento della Corte Costituzionale in merito alla legge trentina che avrebbe voluto consentire la rielezione del Presidente della Giunta provinciale per un terzo mandato non desta particolare sorpresa agli occhi di chi ha seguito in questi anni la plurima riproposizione delle varie norme regionali sul terzo mandato e, in parallelo, l’atteggiamento che ha tenuto la Consulta in merito ad ognuna di esse.
Antonio Zanetel, 25 novembre 2025
In questi giorni, dopo l'uscita del comunicato stampa che annunciava la decisione della Corte, c’è chi ha invocato un indebolimento o un attacco politico nei confronti dell’Autonomia trentina. Posto che ancora non ci è dato modo di leggere le motivazioni del pronunciamento della Consulta, alcune considerazioni vanno fatte.
Dal punto di vista politico è semplicemente ignobile ed irresponsabile che si utilizzi strumentalmente il tema dell’Autonomia per giustificare il voto in fretta e furia di una norma sbagliata fin dal principio, nel metodo e nel contenuto. Norma, la cui unica finalità era quella di evitare una guerra intestina al centrodestra sulla scelta del successore di Fugatti come candidato presidente del centrodestra; una figura che dovrebbe avere le caratteristiche di un arbitro capace di tenere insieme una coalizione composita, divisa e litigiosa su tutto.
La seconda valutazione politica riguarda la vergognosa presa in ostaggio delle istituzioni dell’Autonomia, svilite in questi mesi da un dibattito pretestuoso sulla modifica unilaterale e strumentale della legge elettorale. Si è trattato di un vero e proprio abuso sulla pelle delle istituzioni e dei trentini, che non sembra avere intenzione di cessare, vista la riproposizione da parte di alcune forze politiche di una ulteriore modifica della legge elettorale - dopo la bocciatura al primo tentativo - per fare in modo che Fugatti possa essere eletto per un ulteriore mandato.
In tutto questo trambusto evidentemente sfuggito un po’ di mano, la maggioranza si è però dimenticata di governare e così tutti i dati ci dicono che i problemi in Trentino continuano a crescere e nessuno fornisce soluzioni serie. Al posto di usufruire della mole di denaro ad oggi, e ancora per poco, disponibile nelle casse trentine e di esercitare fino in fondo le competenze dell’Autonomia per realizzare le riforme di cui il nostro territorio necessita disperatamente, Fugatti e i suoi sono troppo occupati a riflettere su come restare un altro giro al potere.
Pochi minuti dopo la notizia sulla bocciatura del terzo mandato la maggioranza, invece di scusarsi con i trentini per il pasticcio tecnico e politico, si è affrettata in maniera scomposta per trovare una soluzione alternativa; e allora c’è chi promette di presentare un disegno di legge per introdurre il sistema elettorale proporzionale, chi sogghignando invoca il diritto a riprendersi la vicepresidenza, chi dichiara di voler
aspettare la sentenza della Corte per trovare l’escamotage che consentirebbe la scrittura di una nuova norma sul terzo mandato per Fugatti. Una scena a dir poco penosa, i cui protagonisti sono senza vergogna nel mostrarsi unicamente interessati a mantenere il potere fine a sé stesso.
Lasciando per un momento da parte questa situazione decisamente poco edificante: c’è chi, non solo in Trentino, si dice preoccupato per il pronunciamento della Corte perché quest’ultimo indebolirebbe le prerogative dell’Autonomia, vista la competenza primaria sancita dallo Statuto in materia di sistema elettorale. C’è chi afferma che si tratterebbe di un precedente pericoloso e sentenzia che se “da Roma” hanno da dire su dettagli come il numero dei mandati, allora l’autonomia perderebbe di ogni significato. Penso che la preoccupazione che viene espressa sia da considerare con attenzione e perciò da non sottovalutare, ma con la necessità di mettere sul tavolo alcune precisazioni. Ciò che sfugge, a parer mio, a chi ha rilasciato queste dichiarazioni è che nulla c’entra “Roma” nel modo di intendere comune. In questo caso non si sta parlando né del Governo, né del Parlamento che tentano di sovvertire attraverso un atto d’imperio una competenza primaria della Provincia Autonoma di Trento, bensì siamo di fronte ad un pronunciamento della Corte Costituzionale, che non può essere certo compresa nel calderone che volgarmente chiamiamo “Roma”, se non per la sua ubicazione fisica. Essa è infatti un organo che ha tra i suoi compiti quello di decidere sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni. Questo fa della Consulta un organo di garanzia costituzionale, per giunta, esterno al principio di separazione dei poteri. Come ogni organo di garanzia, il suo compito è dirimere le dispute che vengono contestate interpretando una posizione di arbitro terzo ed imparziale, che sottopone le norme al vaglio della loro legittimità costituzionale. Nulla di più e nulla di meno.
Questo di certo non significa che si debba ritenere la Consulta un organo che gode del dogma dell’infallibilità o che non sia necessario vigilare sempre affinché le prerogative dell’Autonomia siano rispettate. E’ di fondamentale importanza, però, ricordare che la Costituzione della Repubblica è la cornice invalicabile che regola i rapporti tra i poteri dello Stato, nonché le competenze affidate ai vari livelli istituzionali e che al suo interno contiene e tutela tutte le varie forme di autonomia presenti sul territorio nazionale.
Se dobbiamo, a mio avviso, cercare l’elemento che in questa vicenda indebolisce realmente l’Autonomia, direi è quello di aver esposto una legge ad un vaglio di legittimità costituzionale, non per il bene del Trentino, ma per interessi personali e di parte. Questo è il vero danno che viene inflitto alla nostra Autonomia. Per questo motivo se qualcuno pensa di dover individuare delle responsabilità, almeno in questo caso, le persone da cercare non si trovano a Roma.