
I dati che la Caritas ha raccolto dal suo osservatorio privilegiato sulla povertà descrivono un Trentino ben diverso da quello che narra Fugatti con le sue slide sulla manovra di bilancio. Pensare a terzo mandato, Valdastico e CPR, investire in contributi a pioggia e infrastrutture materiali per anni, distogliendo l'attenzione dalle infrastrutture sociali e dalla rete di protezione di cui tante famiglie necessitano sta aumentando le disuguaglianze e riducendo gli strumenti per farvi fronte.
Paolo Zanella, 11 novembre 2025
Aumento del costo della vita - a partire da alimentari e casa - e riduzione del potere di acquisto delle famiglie; aumento del lavoro povero e precario; marginalizzazione delle persone migranti che dormono sotto i ponti pur lavorando; mancata indicizzazione dell'ICEF con esclusione di sempre più persone dagli aiuti e riduzione degli stessi (situazione che ora rischia di peggiorare ulteriormente con la riforma in atto); sanità sempre più privata con l'aumento di chi rinuncia a curarsi. Questo è il quadro che determina l'aumento di chi e' a rischio di povertà o esclusione sociale.
Due dati riportati dal Vescovo balzano all'occhio: il fatto che solo meno della metà delle famiglie a rischio di povertà acceda a qualche sussidio - e qui tornano le riflessioni su riportate sull'ICEF - e l'aumento delle persone accolte in strutture emergenziali perché prive di un tetto sopra la testa, più che raddoppiate in 8 anni e con la presenza anche di richiedenti protezione internazionale che, se non fosse per i tagli ai posti decisa da Fugatti, avrebbero altri canali di accoglienza pagati dallo Stato.
Serve investire di più in politiche abitative che riguardino in primis le fasce più povere della popolazione, non solo in contributi all'acquisto o per fondi di housing sociale; in misure di welfare che aiutino di più chi è in difficoltà e chi rischia di scivolare in povertà, anche con misure in grado di emancipare le classi sociali più deboli; in lavoro stabile e meglio remunerato, realizzando un piano industriale che per ora è solo sulle slide, piano che chiediamo da tempo e che dovrebbe migliorare produttività e quindi redistribuzione; in sanità pubblica per evitare che le persone più povere, che sono anche quelle con più bisogni sanitari, debbano rinunciare a curarsi.
Dobbiamo ringraziare la Chiesa, così come le altre realtà di volontariato, che meritoriamente suppliscono troppo spesso a quanto dovrebbe fare il pubblico. È ora di invertire la rotta e tornare a investire di più in coesione sociale per un Trentino che davvero non lasci indietro nessuno.