Migliorare il testo attuale, ritenuto insufficiente. Con questo spirito la deputata trentina del Pd Sara Ferrari si è approciata al suo lavoro in Commissione Affari Costituzionali, in cui è stata inserita, per analizzare il testo sulla riforma dello Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige che inizia oggi il suo iter parlamentare.
Sara Ferrari, "Il T Quotidiano", 10 settembre 2025
La proposta del governo, in particolare del ministro Calderoli, concordata con i governatori Kompatscher e Fugatti, arriva in Commissione blindata, e sotto la supervisione del deputato bolzanino di FdI e relatore del testo Alessandro Urzì. Nonostante questo Ferrari si augura che, visto che oltre ai suoi è presente anche un emendamento dello stesso urzì, ci sia spazio per una mediazione migliorativa del testo.
Ferrari che bilancio fa di questo testo di riforma dello Statuto?
«Direi che la montagna ha partorito un topolino piccolo piccolo. Il bilancio è deludente. Dopo tanti annunci da parte dei due governatori e del Governo, la cosiddetta riforma si riduce a un intervento minimo, più una manutenzione ordinaria che un terzo statuto. Non si recepiscono neppure le modifiche del Titolo V del 2001. Le assemblee legislative e le comunità trentine e altoatesine sono state escluse, riducendo tutto a una trattativa tra esecutivi. L'intesa con lo Stato, che avrebbe dovuto rafforzare le nostre prerogative autonomistiche, è ridotta a un parere non vincolante, espresso per di più a metà dell'iter parlamentare, tra la prima e la seconda votazione delle camere. È un passo indietro: non garantisce affatto contro modifiche unilaterali dello Statuto. Parlare di grande conquista mi pare eccessivo».
Ha presentato emendamenti con l'obiettivo di migliorarlo?
«Sì in Consiglio provinciale e regionale i nostri consiglieri dem avevano evidenziato le carenze di questo testo, pur votando a favore perché qualunque risultato a favore dell'autonomia, seppur modesto, ci vede favorevoli. Io ho tradotto quelle osservazioni in proposte emendative, che domani saranno al voto in Commissione».
Quali sono?
«Quelli più importanti riguardano il principio di intesa, ovvero l'impossibilità di modifiche unilaterali da Roma al nostro Statuto, proprio perchè quanto previsto nel testo attuale è insufficiente. Ho presentato due emendamenti correttivi alternativi. Il primo prevede che, qualora ci fosse un parere negativo dei Consigli provinciali e regionale al testo approvato in prima lettura in Parlamento, al secondo passaggio serva una maggioranza più forte: ovvero quella dei due terzi. In modo da proteggere di più la nostra autonomia. Il secondo emendamento prevede di recuperare la proposta del “tavolo Bressa”: ossia un tavolo congiunto tra le due provincie, la Regione e lo Stato dopo la prima lettura, in caso di parere negativo dei consigli, in cui trovare un'intesa, senza la quale il testo non va avanti. Con queste proposte si restituirebbe spazio reale al negoziato, oggi invece ridotto».
Questo è il cuore dei suoi emendamenti, c'è altro?
«Sì. Ci sono due emendamenti stralcio. Ho proposto di ripristinare il ruolo dei Consigli nel decidere se impugnare leggi statali lesive delle prerogative locali com'è tutt'ora. Nel testo attuale questa prerogativa viene affidata alla giunta che decide da sola: io chiedo che rimanga un atto discusso e deliberato in aula, per garantire trasparenza e responsabilità democratica. Un altro emendamento stralcio riguarda la norma sull'“armonizzazione” tra leggi statali e provinciali che viene affidata alle norme di attuazione. Secondo i costituzionalisti trentini il termine “armonizzazione” è troppo vago e invece che evitare i contenziosi rischia di moltiplicarli. Per questo chiedo che quella norma venga rimossa».
Ci sono altri emendamenti di merito?
«Sì. Partiamo da un presupposto, riconosciuto anche nella relazione allegata a questo ddl: il testo non è un adeguamento alla riforma del titolo V del 2001. Riforma che ha riconosciuto anche alle regioni ordinarie tutta una serie di competenze. Non c'è stato un adeguamento della nostra autonomia a quegli standard e questo nonostante ci sia la clausola di maggior favore che sostanzialmente dice, qualunque competenza di maggiore autonomia trasferita alle regioni ordinarie viene acquisita anche a Trento a Bolzano. Nello spirito di quella clausola ha proposto due emendamenti. Il primo è quello di inserire in Statuto l'obbligo di promuovere parità di genere, già previsto per le Regioni ordinarie ma non ancora applicato nel nostro territorio, questo ha fatto sì che in tutta Italia, ad esempio, ci sia la doppia preferenza di genere nelle elezioni dei Comuni sopra i 5mila abitanti, mentre in Consiglio regionale mi fu bocciata la proposta per tre volte. Il secondo emendamento prende un altro comma dell'articolo 117 della Costituzione e lo inserisce in Statuto ossia quello che dice la “Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato”. Si tratta dell'Euregio, una collaborazione transfrontaliera che noi già facciamo e che così potremmo inserire nel nostro Statuto. Visto che lo aggiorniamo penso sarebbe giusto avere al suo interno l'Euregio, che facciamo dal 2006 e che tutti riteniamo essere la prospettiva autonomistica dei nostri territori in futuro».
Su quali emendamenti pensa ci possa essere mediazione?
«Il collega Urzì ha dichiarato che il testo è “chiuso”, ma anche lui ha presentato un emendamento interpretativo sulla fauna selvatica. Questo dimostra che margini ci sono. Io spero che i miei emendamenti siano visti come un contributo costruttivo: non per rallentare, ma per migliorare lo Statuto e rafforzare davvero la nostra autonomia».