Senza un ripensamento complessivo e maggiori investimenti sono destinati a venire meno i principi di universalità, uguaglianza, solidarietà ed equità sui quali si fonda(va) il Sistema sanitario nazionale.
Paolo Zanella, "Il T Quotidiano", 9 settembre 2025
I segnali in questa direzione ci sono tutti: un finanziamento inferiore alla media Ocse, che non cresce parallelamente all'aumento dei bisogni di salute; una carenza di professionisti sanitari e una crisi di attrattività del settore senza precedenti; la libera professione che sempre più sostituisce, invece di integrare, il servizio sanitario pubblico; liste di attesa infinite con l'aumento di chi deve pagarsi le visite o vi rinuncia; il proliferare di fondi assicurativi che alimentano un sistema mutualistico parallelo a quello pubblico, che spesso gonfia una domanda di prestazioni improprie; la carenza di investimenti in prevenzione e il ritardo nel rivedere i modelli di presa in carico che mettano al centro prossimità e appropriatezza, tenendo assieme relazione di cura e nuove tecnologie.
E se è vero che la sanità provinciale è ai vertici delle classifiche nazionali, stiamo pur sempre parlando dei vertici di un Sistema sanitario che nel suo complesso rischia di implodere. Ecco che le citate difficoltà, con sfumature diverse, le vive quotidianamente anche il nostro Trentino, arginate solo dalla dedizione e dalla competenza dei professionisti. Non è quindi più tempo di agire sui singoli problemi, ma serve ripensare il sistema salute nel suo complesso. Per farlo c'è bisogno di quel confronto largo che chiediamo da tempo con tutti i portatori d'interesse per definire direttrici chiare sulle quali riorientare, riformare, riorganizzare il sistema provinciale della salute, per tornare a garantirne l'accessibilità e per migliorarne gli esiti, sfruttando la nostra speciale Autonomia. Non ci si illuda che l'istituzione dell'Azienda Sanitaria Universitaria Integrata sia la panacea di tutti i mali, perché assieme a tante opportunità porterà con sé ulteriori problematicità da gestire.
Proprio perché le questioni che riguardano salute e sanità sono particolarmente complesse serve un ragionamento con tutti gli attori del sistema, tra nazionale e locale, che affronti alcuni nodi cruciali.
Primo: come (tornare a) garantire un servizio pubblico universalistico e sostenibile, arginando la privatizzazione della sanità? Se crescono i bisogni è necessario ragionare su come garantire maggiori finanziamenti al sistema sanitario - quindi di fiscalità, di aumento della popolazione attiva e conseguentemente di politiche migratorie, di miglioramento della produttività - ma anche di contenimento dei costi, tra efficientamento e forti investimenti in prevenzione, domiciliarità e tecnologie.
Secondo: cosa fare per trattenere, attrarre e formare sufficiente personale sanitario? Serve agire su condizioni lavorative, sviluppo professionale, sburocratizzazione, retribuzioni e accesso alla casa per arginare la fuga di personale verso privato, Alto Adige ed estero e attrarne di nuovo e di conseguenza creare appeal verso i percorsi formativi delle professioni più carenti, anche ripensandoli a livello nazionale in modo più incisivo di quanto stia facendo il governo. Si dovrà arrendersi a un'evidenza: senza migranti non ci saranno sufficienti studenti e professionisti, non ci si scampa. Professionisti sui quali serve anche capire come impatteranno IA e robotica.
Terzo: come migliorare la presa in carico e quindi l'accessibilità dei servizi secondo criteri di appropriatezza per agire sugli esiti di salute? Non si può perdere l'occasione di ripensare l'assistenza territoriale partendo dalle Case e dagli Ospedali di Comunità. Se non diventano luoghi che mettono al centro la prevenzione - anche grazie agli Infermieri di Famiglia e Comunità -, che integrano realmente sociale e sanitario (coinvolgendo Comunità di valle e terzo settore), che gestiscono le urgenze a bassa complessità (grazie alla presenza h24 dei medici di medicina generale) le Case della Comunità resteranno semplici aggregazione di servizi già esistenti. Serve poi ampliare e governare le risposte comunitarie all'aumento esponenziale della non autosufficienza e rendere più aderente ai bisogni reali l'organizzazione di alcuni servizi, a partire dalla salute mentale.
Sono tutte questioni che farebbero tremare le vene e i polsi a chiunque oggi avesse il ruolo dell'assessore Tonina. Ecco perché è ancora più importante coinvolgere tutti i portatori di interesse, accettando che nella complessità serve un nuovo modo di fare politica, un confronto ampio per giungere alla definizione di strategie concertate. Non farlo significa che o non si è capito sino in fondo la complessità di quanto oggi sta attraversando la sanità oppure che si sta perseguendo un disegno politico volto al declino del servizio pubblico in favore di quello privato. Ipotesi, questa, che cercheremo di scongiurare in tutti i modi a difesa del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione e del Sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico che rimane il bene più prezioso che abbiamo.