Dalle elezioni «sono passati 38 giorni». «E l’Aula — ha tuonato l’opposizione — è ancora paralizzata». Ieri, nella seconda seduta del consiglio provinciale — inconcludente, come la prima — le minoranze non si sono limitate a un semplice intervento di contrasto alla proposta di rinvio della discussione sull’elezione del presidente dell’Aula. Ma, dopo aver assistito alle scintille che da settimane agitano la coalizione di governo, hanno ribadito in coro un concetto. Anzi, due.
"Corriere del Trentino", 1 dicembre 2023
Il primo: «Chiediamo a Fugatti di chiudere presto questa partita, ne va del Trentino e della nostra Autonomia» ha incalzato Paolo Zanella (Pd). Il secondo, legato al primo: «Il consiglio è ostaggio di soggetti che con i trentini hanno poco a che fare, che arrivano da Roma sindacando le decisioni di Fugatti. Ma le scelte vanno prese a Trento e su questo mi aspetterei un sussulto da parte della componente autonomista del centrodestra» ha rilanciato Filippo Degasperi (Onda).
Le minoranze, dunque, in Aula hanno voluto far sentire con forza la loro voce di dissenso. Evitando una seduta-lampo come era nelle prospettive di molti. E chiedendo anche un confronto con la maggioranza. «Non possiamo venire informati degli sviluppi solo a mezzo stampa, abbiamo il diritto di avere interlocuzioni serie» ha osservato subito Francesco Valduga (Campobase). Chiedendo a nome dell’intera minoranza una sospensione della seduta per permettere un incontro tra i capigruppo, l’assessore Mario Tonina (nel ruolo di mediatore dell’Aula) e il governatore Maurizio Fugatti. Obiettivo: discutere della situazione di stallo in maggioranza. E accertarsi che «una figura di garanzia come quella del presidente del consiglio — ha aggiunto Valduga — non venga scelta solo sulla base di spartizione di poltrone». Da Tonina e Fugatti, durante il vertice, le opposizioni hanno ottenuto «la disponibilità — ha sintetizzato lo stesso Valduga — a fissare una serie di incontri informali e riservati» in vista della seduta di giovedì prossimo. Che, secondo Tonina, dovrà essere decisiva per la scelta di presidente, vicepresidente e ufficio di presidenza.
Ma la mano tesa non ha placato gli affondi. «Lo stallo sulla giunta sta paralizzando le istituzioni della nostra Autonomia» ha detto Zanella. Che ha messo in fila gli effetti di un esecutivo ancora monco all’interno di un quadro già delicato: «Abbiamo persone che dormono al freddo, imprese che non trovano lavoratori, i dati demografici peggiori di sempre, i salari più bassi del Nord Italia. Abbiamo un problema nel settore della casa, ma l’assessore non va ancora in ufficio. Così per i trasporti. E non va in ufficio nemmeno l’assessora alle pari opportunità, nonostante ci sia un problema serio, quello dei femminicidi, da affrontare anche qui. Stessa cosa per l’istruzione». Nel mirino anche «la frammentazione delle deleghe». Zanella ha richiamato quindi la presenza, «a tutte le sedute, del “falco” di Fratelli d’Italia» (il commissario Alessandro Urzì). Coniando per il Trentino il termine: «Autonomismo sovranista». Ha guardato avanti Andrea de Bertolini (Pd). Il quale, di fronte a «un braccio di ferro tra partiti e personalismi», ha avanzato il timore di «una fragilità politica della maggioranza» che caratterizzerà l’intera legislatura. E che diventerà «un problema per tutti noi».
«Fuori da quest’Aula la gente fa fatica a capire» ha aggiunto Roberto Stanchina (Campobase), non risparmiando una stoccata alla maggioranza di centrodestra: «Siamo passati da Roma ladrona a Roma padrona». «Ma le decisioni vanno prese non oltre i nostri confini» ha incalzato Paola Demagri (Casa Autonomia), che ha parlato di «spiacevole teatrino». «Un’assenza di serietà che arreca un tragico danno all’Autonomia» è stato l’affondo di Lucia Maestri (Pd). Di più: «C’è una regressione insopportabile della cultura di governo, che diventa propaganda».
E se a punzecchiare il Patt, all’inizio della seduta, era stato Degasperi, in chiusura è arrivato il richiamo anche di Alessio Manica (Pd). Raccolto da Walter Kaswalder. «Le critiche delle minoranze sullo stallo — ha detto — ci stanno tutte. E l’opposizione è stata anche troppo buona. È vero, la gente ci chiede di decidere: ci si trovi attorno a un tavolo e si chiuda».