Ciò che sta accadendo in queste ore nelle istituzioni dell’autonomia speciale è un fatto talmente straordinario e grave da non poter essere derubricato a mero conflitto intestino ad una maggioranza che, pur vinte le elezioni, continua a dimostrarsi disunita, rissosa, incapace di riconoscersi in un unico progetto di governo del Trentino. Troppo pesanti sono le ricadute politiche e di immagine che investono l’ assetto democratico ed amministrativo della nostra terra.
Lucia Maestri, "Il T Quotidiano", 24 novembre 2023
Il vento delle elezioni europee e le più vicine elezioni regionali in Basilicata e in Sardegna, stanno esponendo la maggioranza di governo nazionale a forti venti di tramontana. E le forze che lo compongono - soprattutto le due più consistenti - stanno a soffiare sul muoversi delle foglie per ridefinire, al loro interno, i rapporti di forza. Il vento di tramontana scuote anche le vecchie conifere trentine – chi si ricorda più dell’“Abete”? - tanto da mettere alla berlina anni di praticata, autorevole e propulsiva autonomia statutaria e territoriale.
Le vicende di questi giorni gettano infatti ulteriore discredito sulla nostra specialità. L’assenza di ogni minima cultura e rispetto istituzionale dettata dall’arroganza e della supponenza di chi ha scambiato l’affermazione elettorale per una intronizzazione feudale, creano linfa per un uso delle istituzioni e degli strumenti dell’autonomia quale grimaldello opportuno per regolare liti personali e politiche. Cosa che ha ben poco a che fare con quel minimo tasso di serietà al quale sarebbero chiamate le forze politiche che si apprestano a governare per cinque anni. L’immaturità istituzionale e politica reca così un danno tragico ed irreversibile all’autonomia, delegittimandone la sua specialità, anche alla luce della proposta di “autonomia differenziata”, a firma Calderoli”, che non tratteggia in maniera chiara che cosa sia riservato alle realtà a Statuto speciale.
Non è deleterio che in un momento nel quale è necessaria la massima compattezza politica locale per vigilare ed evitare possibili rischi di depauperamento della specialità del Trentino, quest’ultimo si presenti sulla scena politica prigioniero di un basso mercanteggio di poltrone, di veti incrociati, di simpatie ed antipatie, teleguidato da Roma anziché governato da Trento, come invece imporrebbe una vera logica autonomista? Non è stupefacente, il silenzio del Patt quel partito che del motto “in Trentino decidono i trentini” fa vessillo?
A me pare sia in atto un nuovo processo di indebolimento del sistema, già messo a dura prova dalle palesi incapacità di governare i processi più complessi, come dimostrano i nodi che stanno venendo al pettine. Si palesa una fragilità frutto dell’errore primario d’aver accettato l’intromissione nazionale in un dibattito politico locale e dell’aver subordinato a quest’ultima ogni assunzione di responsabilità nel difendere le prerogative della nostra particolarità.
Come sacrificare una storia lunga ed orgogliosa, come quella della nostra autonomia, sull’altare di una mera diatriba circa la “vice-presidenza” della Giunta provinciale i cui compiti sono del tutto legati solamente ad una eventuale “supplenza momentanea” del Presidente stesso?
Dentro una ridicola farsa, consumatasi nella brevità assoluta di una Giunta provinciale nominata e dissoltasi nel volgere solo di poche ore, il governo del Trentino è stato ridotto al pari di quello di una qualsiasi “repubblica delle banane”.
Un governo provinciale claudicante, già ferito dall’artificio indecoroso ed offensivo rappresentato dalle paventate dimissioni di una Consigliera eletta per farla poi rientrare come “tecnica” (accampando un non meglio definito curriculum di competenze), risulta essere l’esito finale di una campagna elettorale imperniata sul “fare”, (e fors’anche sul “disfare” come testimoniano questi contorcimenti) e su quella continuità che oggi sta dimostrando tutti i suoi oggettivi limiti.
Da questo preoccupante trionfo di improvvisazione e di irresponsabilità, ma anche dallo spregio della democrazia fatta solo di occupazione di posti di potere, è l’autonomia che ne esce a brandelli, perdendo ulteriori quote di autorevolezza e credibilità. Il voto ha deciso che a costoro spetta l’onere di governare. Lo facciano quindi, con un minimo di serietà e pudore e, per favore, evitando d’ora in poi di citare Degasperi, Kessler o altri “padri” dell’autonomia speciale, perché la memoria di una terra e di una storia non si può offendere. Mai.