Secondo il dem Giorgio Tonini, la dichiarazione di Maurizio Fugatti che sia ancora necessario lavorare sulla clausola d’intesa — quella che impedisce le modifiche unilaterali dello Statuto da parte del Parlamento — sia il riconoscimento che il consigliere abbia sempre avuto ragione.
D. Cassaghi, "Corriere del Trentino", 26 luglio 2023
Ci spieghi.
«Fugatti ha detto: “non abbiamo ottenuto nulla, come un consigliere (Tonini ndr) ci ha ricordato più volte”. Nei fatti, avevamo presentato in Regione una proposta per dire di non stare troppo dietro ai disegni di legge sulla modifica delle competenze. Non hanno nessuna possibilità di essere presi in considerazione. Dunque, chiedevamo di mettere le energie sulla questione della clausola di intesa e, nel frattempo, lavorare a una commissione degna di questo nome che elaborasse le proposte di modifica dello Statuto, messo al riparo dalle incursioni parlamentari. La Svp aveva la sua esigenza di propaganda e ha menato il can per l’aia. La legislatura a Roma nel frattempo stava finendo e questa qua pure. Così di fatto è stata persa una legislatura».
Quali sono stati gli errori che hanno portato a questo risultato?
«Non si può non ricordare che Arno Kompatscher ha detto che la Regione è morta. Ma alla base di tutto c’è stato un matrimonio senza amore tra Svp e Lega, che hanno governato insieme Regione e Province. Questo ha avuto riflessi sia nel rapporto tra Trento e Bolzano, sia nella vita della Regione. La Svp spinge sulla propaganda per cui bisogna completare lo svuotamento della Regione. A Trento c’è il sentimento opposto: i partiti del centrodestra, a cominciare dalla Lega, hanno accusato il centrosinistra di avere contribuito allo svuotamento della Regione. Ma in questa legislatura la Lega si è trovata al governo e in giunta con l’Svp, stretta tra l’esigenza di dire di sì all’alleato e di non perdere la faccia in Trentino. Sono andati avanti con dilazioni e rinvii continui. Alla fine questo giochino è finito e si è risolto nel nulla. A questo punto penso che il tema debba essere guardato con prospettiva e con molto più coraggio».
Cioè?
«Per come la vedo io, il nuovo Statuto deve essere quello dell’Euregio. Anzi, deve andare ben oltre quello che è oggi l’Euregio, che è un utile forum di incontro e collaborazione reciproca. Ma molto diluita nel tempo: l’incontro con i tre consigli si fa due volte l’anno e sono a metà tra il conviviale e l’istituzionale-politico. Ci sono tutte le cose simboliche che, per carità, male non fanno e in una prima fase possono essere utili per creare un clima. Ma è passato tanto tempo e, o si passa a qualcosa di più impegnativo, o il progetto morirà di stanchezza. Questo vuol dire darsi un obiettivo ambizioso: dobbiamo fare un trattato internazionale tra Austria e Italia che istituisca la Regione comune».
Ma com’è possibile fare questa cosa?
«Vuol dire andare oltre le colonne d’Ercole. Ma già lo statuto del 72 ci andava: le Province autonome sono un novum assoluto nell’ordinamento giuridico italiano. Sono state un’innovazione radicale, che ha rovesciato i rapporti tra la Regione e le Province, e che non ha eguali nel nostro Paese. Ora siamo nel 2023 sono passati 51 anni da allora ed è nata l’Europa nel frattempo. Per cui sì, occorre un trattato internazionale tra Austria e Italia con una cornice europea che va costruita a Bruxelles: complessa, complicatissima, ma che dà senso all’autonomia e a ciò che facciamo».
Perché Bolzano dovrebbe starci?
«Per Bolzano diventa una vittoria storica: costruisce una Regione che riporta all’unitarietà tirolese. Immagino che loro esitino perché sia troppo bello per essere vero».