Tetti verdi, rain gardens, reti smart. Così Trento sfida il climate change

TRENTO La visione punta dritta al 2030. E fissa un obiettivo. Ambizioso: ridurre del 47% pro-capite le emissioni climalteranti attraverso misure specifiche. Come i tetti freddi, le pareti verdi, le aree ombreggiate. Ma anche come le comunità energetiche, le reti di teleriscaldamento, la spinta sull’uso del legno nell’edilizia e il rafforzamento della vocazione smart per monitorare gli andamenti.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 4 dicembre 2022

In un mondo segnato sempre di più dal cambiamento climatico, il Comune di Trento si attrezza mettendo a punto un piano per affrontare trasformazioni ed effetti — dalle ondate di calore agli eventi metereologici estremi — e indirizzare gli interventi pubblici e privati. «Paesc», piano di azione per l’energia sostenibile e il clima: questo il nome del documento messo a punto dagli uffici di Palazzo Thun e approvato recentemente dal consiglio comunale. Un «malloppo» di oltre duecento pagine che parte tratteggiando la situazione — tra bilancio energetico e analisi dei rischi cittadini — per poi affrontare nel dettaglio gli obiettivi al 2030, le 26 azioni di mitigazione e le 12 mosse di adattamento che Trento sosterrà nei prossimi anni.

Il contesto

Alla base del nuovo piano c’è il Patto dei sindaci lanciato dalla Commissione europea, a cui il Comune di Trento ha aderito nel 2014. Elaborando, nel 2015, un primo piano, il «Paes» (Piano di azione sull’energia sostenibile). I cui primi risultati sono stati registrati nel monitoraggio che ne è seguito: rispetto al 2006, nel 2017 i consumi energetici hanno fatto registrare un calo del 18,5%. Nel 2020 il passo successivo, con il nuovo patto e l’obiettivo di puntare a un piano che comprenda al suo interno anche la partita del clima. Il «Paesc», appunto. Base di partenza del nuovo documento, l’analisi dei dati relativi ai rischi cui è soggetto il capoluogo. Con numeri decisamente significativi. Se, in sostanza, il 17% della popolazione di Trento vive in zone soggette a rischio allagamenti (il rischio è «medio» per il 2,4%), ad abitare in un territorio a rischio frane è invece il 46% della popolazione (l’8% in zona a rischio medio e alto). Non solo. Dopo un’estate che ci ha fatto toccare con mano l’allarme siccità, il piano fissa una prospettiva preoccupante per l’Adige: entro i prossimi cento anni, il fiume potrebbe ridurre la propria portata del 30%. Siccità che, in futuro, aumenterà il suo peso in intensità e frequenza. Come quello delle frane (il cui livello attuale di pericolo è tra l’altro già alto), del caldo e di precipitazioni estreme, inondazioni e tempeste. Le conseguenze di questi fenomeni colpiranno necessariamente anche il tessuto socio-economico di Trento: una popolazione sempre più vecchia soffrirà di più il caldo estremo, l’alta densità abitativa e l’aumento dell’impermeabilizzazione dei terreni favorirà gli allagamenti. Ancora: gli eventi estremi metteranno a dura prova viabilità e rete ferroviaria, l’aumento del caldo potrebbe scoraggiare il turismo estivo in città, come la riduzione delle nevicate potrebbe avere contraccolpi sul turismo invernale in Bondone. Senza contare che il caldo torrido potrebbe provocare un’«invasione di insetti».

Piano di mitigazione

Scenari realistici, che ricalcano le visioni disegnate a livello planetario. E che — come sottolinea l’assessore comunale alla transizione ecologica Ezio Facchin — «fanno tremare i polsi». Per questo, il Comune si è mosso per fissare innanzitutto la strategia. Con obiettivi che allungano lo sguardo fino al 2030 e scommettono su una città «più verde e a ridotte emissioni di carbonio, connessa e collegata, con una forte attenzione all’aspetto sociale e più intelligente». In questo senso, il Paesc mette in fila 26 azioni di mitigazione, «che consentiranno una riduzione delle emissioni di anidride carbonica sul territorio comunale di almeno il 45% entro il 2030 e del 50% circa a livello pro-capite». Azioni in parte frutto del lavoro già avviato con il Paes e in parte uscite dall’attività del team di esperti e degli stakeholder coinvolti. Nel dettaglio, per quanto riguarda l’ambito comunale, le azioni guardano innanzitutto all’efficientamento dell’illuminazione e all’aumento di tecnologie smart, oltre che alla riqualificazione energetica degli edifici e degli impianti sportivi. Con un occhio al monitoraggio: per mettere in rete tutti i dati e tenerli sotto controllo si pensa a una «Smart city control room». Entrando quindi nell’ambito edilizio, si insiste sull’efficienza energetica nell’edilizia privata (con l’obiettivo di intervenire anche a livello normativo) e pubblica, lavorando anche con Itea spa. E in una città turistica, anche il turismo dovrà andare verso una visione sostenibile, con il marchio ecolabel alle attività green e campagne di sensibilizzazione. Spazio, quindi a nuove reti di teleriscaldamento e alla promozione di comunità energetiche. Non dimenticando il ruolo della mobilità: in questo senso, il Comune da tempo spinge per aumentare gli spostamenti in bici o a piedi e per l’ammodernamento dei mezzi di trasporto pubblico. Ma anche il consumo sostenibile, con l’iniziativa «Nutrire Trento», e l’edilizia green con l’uso del legno. Cercando inoltre di coinvolgere sempre di più i giovani (con la creazione di una «assemblea dei giovani per il clima»). A livello urbanistico, infine, se il progetto «Santa Chiara open lab» è già sull’agenda, il Paesc individua nell’area in Destra Adige il luogo per sperimentare una «Climate positive circular community», realizzando un quartiere autonomo dal punto di vista energetico e «positivo» dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica.

Piano di adattamento

Sono 12, invece, le azioni del piano di adattamento, che vogliono rendere «la città più resiliente» rispetto agli effetti del cambiamento climatico. Anche quelli più problematici, come le ondate di calore e le precipitazioni estreme. Per far fronte a questi rischi, il Comune prospetta ad esempio il ricorso a tetti e a pareti verdi, che «attenuano gli effetti delle isole di calore urbano» e sono utili per la gestione dell’acqua meteorica. Ma ad essere utili secondo l’amministrazione sono anche i «cool roofs», tetti freschi «capaci di riflettere fino all’80% della radiazione solare e mantenere basse le temperature delle superfici, mitigando l’effetto isola di calore». Per affrontare le temperature tropicali che negli ultimi anni hanno caratterizzato anche il fondovalle, il Paesc prevede anche nuove aree ombreggiate, da realizzare piantando alberi o installando moduli ombreggianti specifici, che possono essere arricchite da sistemi di nebulizzazione e acqua lungo i percorsi e nelle piazze per dare sollievo in particolare alle fasce più deboli, come gli anziani. Per far fronte invece alle precipitazioni intense, il Comune studia i «Rain gardens», delle leggere depressioni del suolo — ricoperte dal verde — pensate per gestire l’acqua piovana in contesti in cui il terreno è impermeabilizzato. Va in qu