La guerra, da che parte stare?

All'inizio sembrava un gigantesco Risiko , le truppe russe al confine con l'Ucraina, l'esercito ucraino pronto a difendersi, lo scacchiere internazionale con le sue alleanze. Poi è arrivata la guerra, qui in Europa, uno scenario che a tutti sembrava impossibile dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.
Roberto Pinter, 10 marzo 2022

E ora c'è solo il sangue, le bombe, la sofferenza di chi resiste e di chi fugge. E la paura che la guerra esca dai confini dell'Ucraina e invada l'Europa.Non siamo solo preoccupati, siamo atterriti.

Il problema non è da che parte stare, o forse lo è per i putiniani, come Salvini, e per chi ha fatto i soldi con gli oligarchi russi. Non ho problemi da che parte stare, dalla parte degli ucraini che stanno pagando il prezzo della loro scelta di non dipendere dalla Russia. Ho problemi quando mi chiedo se stiamo dalla parte giusta nel modo giusto.

Non ho le certezze di Fabbrini né quelle di Dellai e rivendico la possibilità di esprimere dei dubbi, perché i dubbi sono stati sbeffeggiati quando si è trattato di seguire gli Usa nell'invasione dell'Iraq, o quando si è risposto al fondamentalismo islamico con l'invasione dell'Afganistan, e poi abbiamo visto come è andata a finire.

Quelli che oggi ci dicono che non bisogna avere dei dubbi nell'inviare armi, nel riarmare la Germania, nell'espandere la Nato verso est, sono gli stessi che non avevano dubbi sulle armi letali in Iraq o nell'intervento armato in Libia. E sono peraltro gli stessi che avevano dei dubbi se intervenire in Bosnia per evitare la pulizia etnica e le stragi. Perché, purtroppo, non c'è mai stata una sola politica da parte dell'occidente e dell'Europa in materia di diritti e di libertà, bensì una politica che cambiava a seconda degli interessi in campo. Allora trovo inaccettabile che Fabbrini equipari le piazze per la pace alle ambiguità degli Schroeder di turno che sono a libro paga di Putin, e non capisco perché Dellai consideri codardi quelli che hanno dei timori rispetto all'invio delle armi. Perché entrambi partono dall'assunto che solo l'Occidente ha parole di verità in tema di libertà e diritti, nascondendo le vergognose pagine del feroce colonialismo e delle politiche imperialiste.

Non sono affatto equidistante, sono solo terrorizzato dalla guerra, e temo che davanti alla guerra il riarmo non sia la migliore risposta.Non si tratta solo dell'invio di armi, sperando peraltro che il Parlamento italiano sia in grado di controllare a chi le armi verranno consegnate. Capisco che si possa accogliere la richiesta di un paese umiliato dalla criminale invasione di Putin. Il problema è capire se siamo in grado di affrontarne le conseguenze, se abbiamo la capacità di una politica che eviti l'escalation militare, se abbiamo un'idea di come porre fine ad un conflitto. Perché è difficile superare un conflitto se ci limitiamo a schierarci.È importante che l'Europa abbia ritrovato unità di intenti nell'accoglienza dei profughi e nel boicottaggio della Russia, anche a costo di pagarne il prezzo e spero che possa continuare su questa strada dopo decenni di ambiguità. Ma vorrei che l'Europa fosse in grado di avere una propria politica a tutto campo, oltre la Nato. Nato alla quale appartiene Erdogan che è un buon alleato di Putin quando si tratta di cancellare i curdi e ogni loro libertà.

Fabbrini dice che abbiamo lasciato alla Nato il lavoro sporco che non volevamo fare, può darsi, ma è proprio di quel lavoro sporco che non si vuol mai parlare lasciando ai Blair di turno indicarci quale è la strada giusta, senza se e senza ma.Perché se l'Europa non userà altre armi rispetto a quelle tradizionali, se l'Europa non rivendicherà una politica del dialogo, per quanto oggi risulti impossibile, se non avrà il coraggio di percorrere strade che superano i confini e i nazionalismi, ho paura che ci troveremo a ringraziare la Cina se fermerà Putin e a chiudere due occhi rispetto ai diritti di Taiwan e di tutte le minoranze oppresse.Ha ragione Dellai nel richiamare la nostra Autonomia come strada maestra per risolvere i conflitti: «straordinaria esperienza di composizione pacifica e non violenta di conflitto tra identità minoritarie e Stato nazione», ma allora perché non ci abbiamo provato con il Donbass e con tutte quelle realtà che non potranno mai avere risposta da una logica di confini e di guerre di civiltà?

La guerra conosce solo le vittime e le vittime sono sempre e solo la povera gente, gli ucraini sotto i bombardamenti e quei giovani soldati russi mandati al massacro. Le vittime non sono certo chi "gioca" alla guerra, gli oligarchi e i mercanti che fanno i soldi con gli oligarchi e con la guerra, né i mercenari pronti a vendersi al miglior offerente.E per ora le vittime non siamo noi, che possiamo tifare per l'Ucraina pagando solo un piccolo prezzo.

Allora invito tutti a non avere paura a discutere, perché la verità non è patrimonio di qualcuno, che i dubbi bisogna coltivarli se si vuole poi essere certi di essere dalla parte giusta nel modo giusto. Mi sono ritrovato in piazza con chi chiedeva armi per l'Ucraina e con chi chiedeva il disarmo, ma tutti quanti non volevano la guerra. Partiamo da qui, forse è utopistico pensare che inviare tutti i ministri degli esteri dei paesi europei a Kiev sia una proposta migliore di inviare armi che non cambieranno purtroppo l'esito della guerra, ma visto che ci siamo illusi che l'Europa avrebbe conosciuto solo la pace forse varrebbe la pena di essere utopisti.