Olimpiadi, dimenticati i diritti umani

Sono in corso le Olimpiadi invernali di Pechino. Gli amici tibetani avevano chiesto il boicottaggio per la violazione dei diritti umani nei confronti delle minoranze degli uiguri e tibetani, ma tutto si è risolto nella mancata presenza dei premier sostituiti da anonimi funzionari. Non ti mando il capo del governo, ma intanto ti vendo armi e faccio business con te.
Roberto Pinter, 15 febbraio 2022

Xi Jinping non si agita per questo e pensando all'ipocrisia dell'Occidente, rivolge il suo sorriso all'amico Putin e agli altri esponenti di regimi autoritari. Mentre pensa a come spazzare via Taiwan o i residui di protesta ad Hong Kong. E sfoggia pure, accanto agli atleti importati e naturalizzati, due atleti tibetani, come fossero dei panda, perché in fondo sono cinesi o no?

Nelle olimpiadi del 2008 la Cina era preoccupata per la sua immagine e le proteste dei monaci tibetani avevano conquistato il mondo. Oggi non circolano immagini delle carceri e dei campi di rieducazione degli uiguri, né di chi è condannato al lavoro forzato e in più sono pure islamici...E comunque le proteste dei tibetani avevano ottenuto manifestazioni di simpatia, ma zero reazioni da parte dei governi, perché l'economia conta di più dei diritti e oggi la Cina sta diventando la più grande potenza della quale tutti o hanno bisogno o la temono. Figurarsi se il Cio si preoccupa di dove, si preoccupa solo che ci sia il quanto necessario per mandare avanti il business.

Non sono allora le Olimpiadi del sorriso, viste anche le misure di sicurezza e sanitarie, agli atleti è stato pure consigliato di non portarsi il telefonino per non essere spiati ma «the show must go on!». Basta adattarsi. E 60 milioni di cinesi, nuovi utenti per gli sport invernali, fanno gola a tutti.D'altronde non c'è di cui stupirsi, si sono tenute le olimpiadi a Berlino in piena era nazista, ma c'era la scusa dell'ignoranza. Abbiamo partecipato alle finali di Coppa Davis ospitate dal regime sanguinario di Pinochet. Gli unici boicottaggi, Mosca e Los Angeles, risalgono alla guerra fredda ed esulano dal tema dei diritti umani.

Si è giocata la finale della Coppa Africa in un paese che è azzardato definire democratico, il Camerun, e i prossimi mondiali di calcio si svolgeranno in un paese, il Qatar, dove i diritti sono sconosciuti.Ma forse è meglio così, che salvarsi la coscienza lasciando degli atleti a casa dopo che sono anni che si preparano per i giochi. D'altronde se non riusciamo ad ottenere giustizia per Regeni, se non riusciamo a rispettare i diritti umani delle migliaia di migranti che affondano nel Mediterraneo o che sono rispediti nelle prigioni libiche, che cosa possiamo pretendere dal regime cinese o da quelli arabi o africani?

E poi la prossima volta tocca a noi, e anche il Trentino ospiterà le Olimpiadi, e almeno qui gli atleti si sentiranno più liberi e forse non avranno il divieto di fraternizzare o non accadrà il tentato sequestro di un atleta come a Tokio.

Non voglio fare del sarcasmo, la situazione rimane brutta per chi si aspetterebbe che nello spettacolo dello sport non si dimenticasse il rispetto dei diritti umani. E per chi confida nei paesi democratici quale sostegno delle proprie battaglie.Ma come ho più volte detto agli esponenti dei governi tibetani in esilio e come ho pure avuto la presunzione di dirlo al Dalai Lama non saranno i governi del mondo quelli che faranno rispettare i diritti umani o i diritti delle minoranze, i diritti dei tibetani o degli uiguri sono purtroppo solo nelle mani dei cinesi, e per quello che conta nelle mani dei tibetani e degli uiguri. Perché la verità è che nessun paese al mondo ha la coscienza del tutto pulita o la forza morale per insegnare qualcosa a qualcuno.

Mentre ci appassioniamo alle gesta dei nostri atleti, il mio pensiero va comunque ai tibetani e agli uiguri, costretti, chi in carcere, chi sotto stretta sorveglianza, ad assicurare con il proprio lavoro il prestigio del governo che nega loro la libertà.