Più welfare inclusivo e solidale e meno propaganda per sostenere le politiche della natalità

Dalla risposta in Aula ad una mia interrogazione per conoscere i risultati della misura provinciale dell’assegno di natalità introdotto nel 2020, la Giunta provinciale ha comunicato che su 4065 bambini nati nell’anno 2020, 3200 nuclei familiari hanno presentato la richiesta all’incentivo, 3058 sono le domande accolte e 142 quelle escluse in quanto non rispondenti al requisito dei 10 anni di residenza in Italia.
Alessandro Olivi, 1 luglio 2021

Risulta quindi che circa 1000 nuovi nati non hanno avuto accesso al bonus presentato con enfasi dalla Giunta come una misura fondamentale per contrastare il calo demografico.

Il dato di realtà è molto preoccupante: dal 2000 ad oggi nascono in Trentino oltre mille bambini in meno.

Serve ben altro dunque che un bonus una tantum.

E’ utile in ogni caso chiedersi quali siano le ragioni per cui un quarto delle famiglie trentine non hanno presentato domanda per ottenere il beneficio.

Riducendo al minimo la quota dei nuclei familiari che si possono considerare semplicemente “disinteressati”, pare evidente che le mancate domande (865) e le domande respinte (142) dipendono dai restrittivi requisiti di accesso stabiliti dalla Giunta.

Di questi due sono i più rilevanti: uno di natura economico-finanziaria, ossia la soglia Icef minore di 0,40 e il secondo di carattere personale e soggettivo legato all’obbligo di residenza del nucleo familiare da almeno 10 anni in Italia. Limite selettivo quest’ultimo applicato solo in Trentino in palese contrasto con le misure nazionali previste per il sostegno delle famiglie con figli.

Se davvero l’interesse della Giunta è quello di promuovere l’incremento demografico è dunque necessario cercare di includere il maggior numero di famiglie senza sbarramenti anacronistici.

Bisogna invece realizzare un welfare più inclusivo e solidale capace di rendere il Trentino una terra accogliente e di vera integrazione soprattutto per coloro che decidono di costruire una famiglia nella nostra Comunità.

Se poi, come ha riferito in Aula dalla Giunta, è pari al solo 4,4% la percentuale dei beneficiari esclusi per effetto dell’obbligo dei 10 anni di residenza appare ancora più discriminatorio escludere dal bonus poche famiglie per risparmiare circa 140 mila euro su oltre 3 milioni di spesa.

Ecco il motivo per cui ho presentato nei giorni scorsi il Disegno di legge per rendere l’assegno di natalità e l’assegno unico provinciale misure più inclusive e universalistiche, confidando che si possa dare un messaggio di apertura e di maggior attenzione ai bisogni e alle esigenze delle famiglie e soprattutto per affermare il principio che tutti i bambini sono uguali come riconosciuto nella Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo (ONU, novembre 1959).

Nel frattempo ho depositato oggi una nuova interrogazione per chiedere alla Giunta:

1. quali sono le ragioni per le quali una famiglia trentina su quattro non ha presentato domanda di accesso al bonus natalità;

2. se non ritiene di modificare la soglia Icef per favorire l’accesso alla misura anche da parte delle famiglie del ceto medio;

3. se non ritiene che l’esclusione di solo il 4,4 % di famiglie che vivono in Trentino da meno di 10 anni non costituisca una misura discriminatoria ed ingiustificata.