L’ impugnativa da parte dello Stato di alcuni articoli della legge provinciale numero 9/2020, approvata dal Consiglio provinciale lo scorso 21/10/2020 e che disciplina le modalità di affidamento delle concessioni relative alle grandi derivazioni idroelettriche, merita alcune considerazioni.
Alessio Manica, 23 gennaio 2021
La prima verte sull’incredibile incapacità dimostrata dalla Giunta provinciale di legiferare senza incappare regolarmente e ormai sistematicamente in impugnative da parte dello Stato. In questo caso l’impugnativa non è conseguenza diretta della cattiva abitudine della Giunta Fugatti di fare propaganda politica attraverso l’attività legislativa – come visto in altre occasioni, dalla legge di riforma sui segretari comunali a quella sui dieci anni di residenza per l’accesso alle case popolari – ma è comunque il segnale di una mancanza di quel dialogo e confronto necessario ed indispensabile tra Trento e Roma, così come dell’inconsistenza e dell’inefficacia in questa legislatura della pattuglia parlamentare leghista trentina. Ma non è questo il tema che voglio qui affrontare.
Lo Stato ha infatti impugnato almeno due articoli centrali della legge sulle concessioni idroelettriche che normano appunto le modalità di svolgimento delle gare e i requisiti per parteciparvi, rilevando un rischio di lesione della concorrenza ed il rischio di riconoscere una posizione di favore all'attuale gestore. In questo caso però, l'incidente legislativo riporta al centro una questione fondante sul modello di gestione che si vuole perseguire in Trentino sul tema dello sfruttamento idroelettrico. Già durante il dibattito consiliare avevo concentrato la mia attenzione sul nodo della governance futura di questo settore, evidenziando come fossero da privilegiare e percorrere le strade che mirassero ad un rafforzamento della gestione pubblica dello sfruttamento idroelettrico, sia per la pubblicità del bene comune acqua sia per il ruolo che le risorse generate da questo settore possono giocare sullo sviluppo locale dei territori e delle comunità trentine. A mio avviso è necessario lavorare per cercare di ricostituire una gestione pubblica del settore che oggi non c’è - in Dolomiti Energia una quota importante è di proprietà privata - alla stessa stregua di quanto si sta facendo nell’ambito della procedura per il rinnovo della concessione dell’A22. In questa direzione va la proposta che avevo avanzato in Consiglio provinciale di creare un azionariato diffuso come strada per la ripubblicizzazione del bene acqua, valorizzando il possibile ruolo del capitale dei piccoli risparmiatori trentini. In questa direzione andava anche il mio ordine del giorno, poi approvato, che ha impegnato la Giunta a sottoporre alla Commissione consigliare competente uno studio sulla fattibilità in tal senso.
La legge approvata ad ottobre prevede infatti diverse possibili strade per l’assegnazione delle concessioni, tra le quali la gestione in capo ad una società a capitale misto pubblico-privato o le forme di partenariato pubblico-privato. Tra queste la Giunta non ha esplicitato una scelta, rinviandola di fatto ad un successivo approfondimento: ma l’una o l’altra uguali non sono. Ad onor del vero si è percepita chiara nel dibattito e nell'impostazione normativa una netta preferenza per la strada della gara con prevalenza del criterio di prezzo, con la motivazione esplicita della massimizzazione delle entrate finanziarie. Questo indirizzo è stato confermato dalla bocciatura di ogni proposta emendativa che mirava ad invertire la primazia del criterio di prezzo in favore di criteri più attenti alla tutela dell’ambiente, all’innovazione tecnologica, all’investimento sugli impianti, alla regolamentazione degli usi concorrenti rispetto all’utilizzo idroelettrico e allo sviluppo delle nostre comunità locali, che invece io ritengo prioritari.
Se ora ci si trova davanti ad un’impugnativa del Governo che vuol tutelare la concorrenza in caso di gare, il Governo provinciale dovrebbe cogliere l’occasione per fare subito una scelta di campo netta, che finora non ha voluto fare. Se anche le poche previsioni normative che cercano di valorizzare le competenze esistenti e la buona gestione degli anni passati non sono ammissibili, è a parer mio necessario cambiare schema di gioco; e cioè percorrere la strada di una gestione totalmente pubblica o con partenariato pubblico privato.
L’inciampo dell’impugnativa può diventare insomma occasione di uno scatto vero, volto alla valorizzazione del sistema autonomistico e coinvolgimento ampio della comunità trentina, che abbia come obiettivo quello di rendere lo sfruttamento idrolettrico un patrimonio diffuso. Riacquistiamo la proprietà di tutti i beni connessi alle centrali, rendiamo nuovamente pubblica la società di sistema ed a quel punto usciamo dalla dinamica della gara così da evitare il rischio di una perdita di controllo totale su un settore che è strategico per il presente e soprattutto per il futuro del nostro territorio. Nella norma approvata ad ottobre gli elementi per percorrere questa strada, sicuramente più ambiziosa ma più tutelante per la nostra Autonomia, ci sono.
È una scelta che va però percorsa con convinzione, a cominciare dalla Giunta provinciale. Tra le incertezze connesse alle gare e le difficoltà di questo percorso io non ho dubbi: va perseguito l’orizzonte di una governance solida dello sfruttamento idrolettrico in ogni sua implicazione. Siamo una terra che già in passato ha dimostrato di saper essere laboratorio virtuoso nella valorizzazione e nella gestione dei bene comuni e delle risorse naturali, proseguiamo ambiziosamente su questa strada.