Legge Failoni, così la Lega di Fugatti mette contro i trentini di città e quelli delle valli per cercare di prolungare il ''miracolo''

Non ci sono più gli immigrati, gli italiani di ''Roma ladrona'' nemmeno i vicini di regione delle seconde case. Finiti i ''nemici'' esterni e sopraggiunti nuovi, enormi problemi, legati all'epidemia ora chi si trova al governo della provincia punta sulle divisioni interne (privati contro dipendenti pubblici, chi sta con loro e chi con i sindacati, chi sta con l'orso e chi contro).
L. Pianesi, "Il Dolomiti", 4 luglio 2020

 

E così la grande forza del Trentino, la coesione e il senso di responsabilità collettiva data dall'Autonomia, rischia di essere un ricordo lontano. 

 

 Il Trentino sovranista di Fugatti soci è già finito: la legge del sempre sorridente Failoni ha messo a nudo la sostanza di questa Giunta nata al grido di ''prima i trentini'' quando c'era da raccatare voti in ''casa'' e ''prima gli italiani'' quando c'era da accompagnare nelle piazze colui che li ha ''miracolati'' facendoli passare dagli ultimi banchi di scuola direttamente al ruolo di presidi e professori senza nemmeno scoprire se a fine anno sarebbero stati promossi. E così di ''prima questo'' in ''prima quello'' sono finiti rapidamente ''gli altri'' e si è arrivati a prendersela, come era scontato che fosse, con sé stessi.

 

Il Coronavirus ha sicuramente accelerato i processi e cambiato le priorità di tutti e così oggi la ''partita'' non è più contro gli immigrati che vengono dall'Africa, nemmeno contro gli stranieri dell'Est Europa (che anzi ci accorgiamo quanto mancano, per esempio, alla nostra agricoltura e non passa giorno che arrivino appelli per farli tornare il prima possibile) o ancora contro gli ''italiani'' di quella che un tempo definivano ''Roma ladrona'' o quelli semplicemente di fuori regione (siamo arrivati a anche a questo, ricordiamocelo sempre, con l'attacco ai proprietari di seconde case in piena pandemia). Ora la politica leghista è passata al ''prima certi trentini'' contro ''altri trentini''.

 

Finiti i temi quasi subito, finiti gli argomenti, priva di un qualsivoglia progetto di governo (se non quello di sopravvivere alle proprie politiche quindi centrati esclusivamente sul restare agganciati a un qualche ''treno'' del consenso) sono già arrivati all'ultimo colpo: dividere, palesemente, la società trentina. Quelli del privato contro quelli del pubblico, quelli di città contro quelli di valle, quelli che stanno con il sindacato e quelli che stanno con la loro politica, quelli con l'orso e quelli contro l'orso. La lista è infinita ma gli attori in campo sono, ormai, tutti interni.

 

Un gioco al massacro che, sta facendo sprofondare il Trentino in una spirale di depressione economica, sociale, culturale che rischia di fare danni enormi negli anni a venire, ma che sta dando anche all'esterno un'immagine mai così sbiadita della provincia di Trento.

 

Quella che è stata la vera forza di questo territorio, la coesione di una comunità, unita nel proprio passato, capace di costruire con responsabilità il proprio presente e di accogliere chi viene da fuori per progettare insieme il proprio futuro (il tutto tradotto politicamente nell'Autonomia), oggi si sta sgretolando sotto i sorrisi di amministratori che ''forzano'' le leggi nazionali pur sapendo di non poterlo fare (la legge sulle chiusure dei negozi domenicali non è di competenza locale ma è di competenza esclusiva dello Stato) e vanno avanti con l'unico obiettivo di dividere la propria comunità. Abbiamo assistito, per esempio, al presidente della partito di governo in Trentino (Savoi) dare dei ''parassiti'' ai sindacati e dei ''privilegiati'' ai dipendenti pubblici accendendo lui stesso la miccia del conflitto sociale tra i suoi concittadini.

 

E oggi la questione delle aperture domenicale di supermercati e negozi scatena lo scontro tra chi è di città e chi non lo è. L'assurda legge Failoni, ad oggi, ha avuto come primo risultato quello di rendere Trento, Rovereto e Pergine le uniche città d'Italia chiuse in piena crisi economica; come secondo risultato ha regalato a turisti e visitatori l'immagine che alla fine nel capoluogo di regione e nelle sue cittadine non vale la pena nemmeno passarci visto che non la considerano turistica nemmeno i suoi governanti; in terzo luogo ha creato differenze tra territori che oggi si devono difendere da chi, giustamente, si stupisce per il fatto che loro sono aperti mentre altri no. L'esempio è Sfruz che si difende così, dal titolo del Corriere del Trentino, andando a spiegare che se lo meritano di essere ''tra quelli turistici''.

 

 

 

E l'esempio inverso è quello di Fiavé con il sindaco Zambotti che si chiede perché lui no.

 

 

 

 

Una legge assurda che e controproducente da qualsiasi punto di vista la si guardi. La domanda, allora è perché? Forse la spiegazione è molto più semplice di quel che si pensi e si collega con quanto dicevamo qui sopra: nessun progetto di società, nessuna idea di futuro. L'obiettivo è il consenso e con le amministrative alle porte, consci del fatto di essersi dimostrati incapaci anche di costruire delle proposte credibili a livello elettorale nelle città (Trento e Rovereto in testa dove hanno passato più tempo a indebolire i propri candidati che a sostenerli) e datele già per perse cerchino così di recuperare qualcosa nelle valli. Il messaggio, in questo caso, è quello: noi siamo con le valli, siamo con voi e capiamo che restare aperti d'estate è importante per la vostra economia. Lo sarebbe per l'economia di tutta la provincia ma il ''prima i trentini'' non va più di moda. Ora l'importante è dividere la comunità: solo così il ''miracolo'' potrà continuare.