«Tagliamo subito la testa al toro: non candido alle provinciali». Alessandro Betta lo dice tutto d'un fiato, quasi per buttare fuori un pensiero che probabilmente, almeno per un istante, gli è frullato nella mente.
G. Marcolini, "Trentino", 2 agosto 2018
Il sindaco di Arco, quarto Comune del Trentino, non fa fatica ad ammettere di essere stato tirato per la giacchetta più volte, in questi mesi, da chi ha cercato di convincerlo a candidare mettendoci faccia e voti, anche solo per portare acqua al mulino del Pd trentino che mai come stavolta si gioca la partita della vita e ha bisogno di tutti i big dei vari territori schierati lancia in resta contro le armate guidate dalla Lega. «Sì, è vero, ho ricevuto molte sollecitazioni ma alla fine ha prevalso il senso di responsabilità nei confronti della mia cittadinanza», spiega il sindaco che è appena entrato nel suo sesto anno alla guida del municipio arcense, uno da reggente, dopo le dimissioni di Paolo Mattei, e con la legislatura iniziata in anticipo di quattordici mesi rispetto alle altre amministrazioni. Nessuna rinuncia alla bagarre nel momento più difficile: «Per poter prendere in considerazione l'ipotesi di candidare alle elezioni provinciali di ottobre avrei avuto bisogno di un prerequisito fondamentale, ossia l'impossibilità di proseguire nel mio lavoro di sindaco. In altre parole, mi sarei dovuto ritrovare senza più una maggioranza. Oggi la coalizione del centrosinistra autonomista e civico che governa Arco è solidissima pertanto sento il dovere di andare fino in fondo e cercare di arrivare fino al 2020, poi si vedrà».
Significa che non sarà della partita a ottobre ma lo sarà certamente nel 2020?«Significa che la mia candidatura nel 2020 non è da escludere ma neppure scontata. Lo decideranno il Pd e gli alleati, ciò che mi preme è portare la coalizione ad esprimere un candidato sindaco nel 2020. Dopodiché potrei anche fare politica senza ruoli di governo».
Lei fuori dai giochi, su chi deve puntare il Pd?«Ad esempio su di un civico. Il Pd deve avere coraggio e individuare figure della società civile senza fossilizzarsi sui candidati "purosangue". Penso a qualcuno con esperienza politica e amministrativa e che possa portare un contributo significativo in termini di elettorato».
Se il Pd di Arco ci mette il candidato civico, a quello di Riva tocca il "purosangue". Alla fine i nomi che girano sono quelli, il sindaco Mosaner e l'assessore Zanoni.«Il big può starci, dipende dalla disponibilità del singolo e dalla commissione elettorale. Ma il Pd ha la forza per esprimere più di una candidatura. Poi, per quanto mi riguarda non sono così campanilista: ad esempio, guardo con interesse alla candidatura di Sara Ferrari così come ho apprezzato il lavoro svolto dal vicepresidente Alessandro Olivi».
E per il governatore, meglio Ghezzi o Rossi?«Non ho firmato per nessuno, firmo solo per il mio partito. Che i segretari si chiudano in una stanza e ne escano solamente con una soluzione in mano. Dico solo che si deve cercare la massima unitarietà e magari allargare la coalizione, ad esempio ai civici. Arco, in tal senso, ha anticipato i tempi. Sono stato il primo segretario in Trentino a rompere la coalizione di centrosinistra e a vincere le elezioni comunali ma poi ho fatto di tutto per ricompattarla e ampliarla: con Pd, Upt e Patt ci sono civici e Bene Comune. Un po' il modello Ulivo».
Stavolta il centrosinistra rischia grosso: come si vince una battaglia che molti danno già persa in partenza?«Innanzitutto non sono così convinto che sia già persa, anzi. Poi, però, bisogna essere estremamente chiari e franchi con gli elettori. E vanno individuati gli errori commessi. Il più grave per il Pd è stato quello di aver perso le primarie nel 2013, è il peccato originale. Ma la paura di perdere non deve farci rincorrere il risultato a tutti i costi tradendo i nostri valori. Sarebbe l'errore più grave che potremmo commettere e allora sì che la sconfitta sarebbe certa».