Esiste oggi un governo nazionale rispetto al quale ci collochiamo all’opposizione. Indirettamente, ne abbiamo favorito la nascita, non accettando la richiesta di dialogo che arrivava dal M5S e dal Presidente della Repubblica. Abbiamo poi assistito a uno spettacolo indecoroso, fatto di continui capovolgimenti di fronte, di utilizzo delle istituzioni ai propri fini di parte, di balletti che hanno rischiato di creare una situazione di instabilità finanziaria per il Paese.
Giuliano Muzio, 4 giugno 2018
Abbiamo manifestato contro coloro che avevano vergognosamente trasformato il Presidente della Repubblica in un bersaglio delle loro invettive. Bene abbiamo fatto a prendere le distanze da un simile comportamento, ma ora dobbiamo sapere che non abbiamo più scuse.
Dobbiamo caratterizzare la nostra azione politica con un programma di opposizione chiaramente alternativo a quello presentato dal governo con il suo “contratto”. Con alcuni accorgimenti che non possiamo fare a meno di avere. Primo: attenzione a questo nuovo programma di governo. Esso non è facilmente e semplicemente identificabile come un programma di destra. Al suo interno sono presenti richiami a valori, proposte e progetti che arrivano anche dalla nostra storia politica. Alcune misure di politica economica, di politiche del lavoro, di politiche sociali e ambientali. Nel disegnare la nostra alternativa dobbiamo tener ben presente questi aspetti. Chiuderci in un angolo non servirebbe a nulla. E se è facile collocarci all’opposizione rispetto a progetti chiaramente di destra come la politica dell’immigrazione, un nuovo sistema di tassazione iniquo e pericoloso per la stabilità finanziaria, una politica sovranista e autarchica che può solo produrre isolamento, bancarotta e miseria, più problematico sarà differenziarsi su tematiche sociali che in qualche frangente traggono dalla nostra storia la loro ispirazione.
Secondo: se pensiamo che questo schieramento imploda da solo, divorato dalle sue stesse contraddizioni, ho l’impressione che ci stiamo sbagliando. Qualcuno ha detto in passato che il potere logora chi non ce l’ha. Mai affermazione fu più saggia se declinata in questo contesto. La nostra non può essere un’opposizione distante e distaccata (da pop-corn come ha detto qualcuno), ma deve necessariamente essere un continuo incalzare del fronte di governo, sui temi e tra la gente. I nostri avversari imploderanno solo in seguito a un’azione che favorisca l’emergere delle loro contraddizioni, assicurando al contempo la creazione di un’alternativa praticabile al governo medesimo.
Ultimo, ma non in ordine di importanza, anzi, forse il più importante dei punti. Non dobbiamo dimenticarci che il 4 marzo il nostro progetto è stato bocciato dagli elettori. Non per fare dell’inutile vittimismo, ma per continuare a sforzarci di capire quali siano le motivazioni profonde che ci hanno condotto a un tale risultato. Non serve a nulla dire che il nostro era un buon progetto, che abbiamo ragione. In democrazia e nella storia il popolo ha sempre ragione e con questo dobbiamo fare i conti. Credo sia necessario il coraggio di ripartire con una scossa di energia nuova, che probabilmente solo un congresso sarà in grado di darci. Non necessariamente in tempi brevissimi, dandoci anche un anno di tempo per effettuarlo. Dobbiamo con questo congresso, un vero congresso nel quale i nostri iscritti dovranno essere protagonisti, rilanciare un modello di società che certamente non vanifichi quanto di buono abbiamo fatto con l’azione di governo, ma che sappia spiegare chiaramente quale modello di società abbiamo. Se siamo in grado di rispondere al bisogno di protezione e di accesso che oggi ampi strati popolari chiedono. Se abbiamo la forza e la capacità di correggere alcune storture che derivano da un processo di globalizzazione non governato, affermando con chiarezza che di fianco a elementi positivi e opportunità che da essa sono generate, esistono forze che alimentano le diseguaglianze e rischiano di portare l’intero pianeta verso traiettorie di insostenibilità che abbiamo il dovere di correggere. Abbiamo il dovere di farlo in virtù della nostra storia e dei nostri valori. Così come abbiamo il dovere di dire che l’Europa è la nostra casa comune che ci ha salvato dalla violenza dei nazionalismi beceri e reazionari, ma che è possibile e necessaria un’Europa diversa, più coesa e comunitaria. Un’Europa madre e non matrigna.
Per quanto mi riguarda, e scusate se lo dico senza mezzi termini, o siamo in grado di ripartire da questi elementi o siamo condannati alla sparizione. Insieme alla crisi delle forze socialiste e democratiche europee, esistono segnali di fiducia. Dopo anni, in Spagna abbiamo un primo ministro socialista, che ha avuto il coraggio di intraprendere una politica di alleanze coraggiosa e che ha messo in crisi gli schemi abituali. Questa è una questione che riguarda anche noi, perché, a oggi, in un sistema democratico tripolare e proporzionale non si esce dall’angolo senza una politica di alleanze e anche se avessimo l’idea di portare avanti un disegno di riforma istituzionale non lo potremmo fare senza compagni di percorso. E, anche in questo caso, sarà bene avere qualche argomento in più che non il semplice dire che avevamo ragione noi con la riforma che abbiamo proposto il 4 dicembre del 2016. Perché, anche se può certamente essere vero, come io credo, che quella riforma fosse una buona riforma, l’argomento della ragione non sposta di una virgola il problema di trovare le alleanze grazie alle quali percorrere il sentiero, tanto arduo quanto ormai indifferibile, di una nuova riforma istituzionale.
Veniamo ora al piano locale. Rivendico con forza il fatto che il PD abbia chiesto di avere elementi di discontinuità rispetto a una stanca riproposizione dell’attuale schema di maggioranza. Questa azione politica ci ha permesso di non passare due mesi a parlare di balletti e concorsi di bellezza e ci ha permesso di guadagnare centralità nella scena politica trentina. Rivendico il fatto che ci sia la necessità di proporci all’elettorato con una nuova forza e una rinnovata energia, che in poche parole sia necessario realizzare un nuovo patto con la nostra comunità, per rimotivarla, per ridarle fiducia, per fare in modo che le persone tornino e continuino a credere in noi, nonostante quello che è successo il 4 marzo. Rivendico anche il fatto che tale necessità si debba in primo luogo esplicare su alcuni contenuti chiave che noi decidiamo di proporre come prioritari agli elettori. Questo patto si fonda su alcune proposte concrete che gli danno senso. Sono proposte che derivano dalla nostra storia di forza di governo, ma anche da nuove questioni che pone la nostra società. Cito di seguito alcuni brevi cenni con l’impegno di farvi avere nei prossimi giorni un documento più corposo su questi punti.
Un’Autonomia innovativa, trasparente e più vicina a cittadini e imprese
Dobbiamo mettere più impegno nel modernizzare l’amministrazione. Ridurre il carico burocratico, valorizzare merito, competenze e saperi, abbattere le barriere. L’amministrazione provinciale deve devolvere competenze al livello locale, lasciando spazio al protagonismo dei territori. Dobbiamo ripensare la riforma istituzionale in questo senso. La vitalità dei territori periferici non può essere soffocata da una nuova forma di centralismo. Scuola, formazione, sanità, che devono essere considerati beni comuni, devono beneficiare da questo grande progetto di riforma amministrativa. Le nuove tecnologie digitali possono e devono svolgere un grande ruolo in questa trasformazione. Questa è la nuova frontiera dell’Autonomia, il modo più innovativo ed efficace per difenderla, in un quadro regionale ed euro-regionale. Se crediamo in quest’ultimo punto possiamo realmente porre la questione dell’Autonomia come centrale nella prossima campagna elettorale e possiamo chiaramente differenziarci dai nostri avversari, che non possono essere credibili nel porre questa questione.
L'Autonomia non è uno Statuto né solo un modello istituzionale, è il prodotto della storia di una terra, è fatta di tradizioni, di senso e uso civico del bene comune, ma non è data per sempre. L'Autonomia è ciò che esprime una Comunità oggi, è il senso di appartenenza, sono i legami e la sua coesione sociale, è il risultato del lavoro e dell'impegno responsabile, è la cura per questa terra e la sua solidarietà. Per questo preoccupa l'indifferenza per l'Autonomia delle forze chiamate a governare l'Italia, e preoccupa una visione che in nome del sovranismo nazionale rischia di compromettere l'idea delle autonomie come sviluppo dell'idea europea.
Il lavoro e l'impresa al centro. Aumentare la mobilità sociale, ridurre le diseguaglianze, creare un ecosistema dinamico e inclusivo
La traiettoria seguita finora è quella giusta. Il patto tra impresa e lavoratori ha dato i suoi frutti. Dobbiamo impegnarci per premiare chi innova, produce qualità ed eccellenza. Ma non a scapito dei lavoratori, ma grazie ai lavoratori. Formazione continua, politiche attive del lavoro, politiche di sostegno al reddito condizionate al reinserimento. Oggi il problema non è solo avere un lavoro, ma avere un lavoro di qualità. Anche in questo si può evidenziare il ruolo dell’Autonomia, come terreno di sperimentazione. Ci vuole coraggio, coinvolgimento di tutti gli attori e dinamicità. La filiera formazione-ricerca-impresa va rafforzata, chiamando Università e Fondazioni a fare il loro ruolo. Bisogna costruire filiere produttive, ecosistemi attrattivi, che vedano nel Trentino il luogo d’eccellenza per produzioni e lavoro di qualità.
Un welfare moderno e capillare per un territorio coeso e solidale
La nostra terra si è sempre distinta per un’attenzione ai più deboli e ha storicamente sviluppato un sistema di welfare tra i più avanzati nel panorama nazionale e internazionale. Oggi, la diminuzione della risorse, l’invecchiamento della popolazione, le migrazioni epocali e altri fenomeni sociali pongono a rischio questo sistema. Dobbiamo aprirci alle azioni messe in campo da soggetti del privato sociale e del mondo delle imprese, immaginare nuove forme di sostegno e ridurre le forme di welfare non generativo. Dobbiamo anche avvicinare il welfare ai territori, non solo in termini di erogazione, ma anche in termini di progettazione. La cooperazione è un patrimonio storico del Trentino e dobbiamo facilitarne un’evoluzione che sappia conservarne il ruolo di equilibratore sociale, ma al contempo assicurarne modernità ed efficienza.
Ambiente e territorio: una risorsa per lo sviluppo
La conservazione del paesaggio che abbiamo saputo garantire in Trentino è una risorsa da salvaguardare. Ha permesso uno sviluppo armonioso ed equilibrato del nostro territorio ed è stata anche una fonte di reddito grazie al turismo e all’agricoltura sostenibile. Nuovi fenomeni sociali e un’economia sempre più globale richiedono nuovi bisogni di mobilità ai quali va data una risposta nel segno della sostenibilità. Le tecnologie Green possono aiutare a mitigare gli effetti di un uso distorto delle risorse ambientali e l’economia circolare è ormai un traguardo vicino che dobbiamo continuare a stimolare. Territori vivi e sviluppati in modo sostenibile sono quello di cui il Trentino ha oggi bisogno, anche per alimentare una politica turistica innovativa nel rispetto dell'ambiente.
Non voglio eludere il tema che tanto ci ha fatto e ci fa penare, quello del candidato presidente. Lo affronto nell’evoluzione che ha avuto nel corso di questi due mesi. Abbiamo giustamente affermato, fin da due mesi fa, che fosse doveroso fare un ragionamento sui profili alternativi a quello dell’attuale Presidente. Devo dire con rammarico che non siamo sempre riusciti in questo a fare un ragionamento sereno e pacato. Hanno invece talvolta prevalso le fughe in avanti, le polemiche e le contrapposizioni a priori, nel nostro partito e nell’intera coalizione. Non mi sono risparmiato nel cercare di analizzare con rigore e lucidità la situazione politica, nel capire quali potessero essere i contenuti prioritari da proporre all’elettorato e non mi sono risparmiato neanche su questo tema della Presidenza. Ho girato per i circoli, ho parlato con persone comuni, ho incontrato potenziali candidati, ho cercato di dialogare con le altre forze politiche a noi vicine e con quelle che, pur non organiche alla nostra coalizione, mostravamo di condividere la necessità di un rinnovamento del quadro politico. Ho costruito ipotesi e verificato scenari, col riserbo che chiedono questi momenti, soprattutto per non mandare allo sbaraglio persone in carne e ossa. Tutto questo ha permesso di ricavare disponibilità, sia in termini di persone pronte a mettersi in gioco (e tutti noi sappiamo che oggi questo non è scontato), sia in termini di forze politiche pronte a schierarsi per contrastare un’alternativa pericolosa per tutti noi. Non tutte le forze hanno deciso con nettezza, alcuni stanno ancora provando a capire cosa sia giusto fare. Le porte sono aperte, anche se il tempo stringe e noi alcune decisioni le dobbiamo prendere. Non nego che il fatto che a oggi alcune forze politiche non abbiano deciso chiaramente da che parte stare ha contribuito a ritardare e complicare la scelta sul candidato Presidente.
Ora però il tempo è scaduto e consapevole di questo ho e abbiamo cercato di stringere. Siamo a un punto decisivo e sono confidente che di qui a pochi giorni potremo e dovremo avere il candidato Presidente, anche se a oggi non mi sento ancora in grado di pronunciare nomi. Non lo faccio per rispetto delle persone, alle quali non si può chiedere di essere burattini nelle mani di nessuno. A mio avviso, quando prenderemo definitivamente questa decisione dovremo garantirci due condizioni. Primo, che venga portato avanti dal candidato il tema del nuovo patto con la comunità di cui ho parlato in precedenza. Questo è il vero elemento ineludibile, senza il quale non c’è candidato che tenga e lo dico per salvaguardare prima di tutto la forza del ragionamento che tutti noi abbiamo fatto. Secondo, che sul nome del candidato ci sia quella convergenza che eviti spaccature profonde nelle forze che si presenteranno unite contro Lega e M5S. E, seppure molto vicini, a oggi quella convergenza ancora non c’è.
Vi chiedo allora un mandato forte nei confronti delle altre forze della coalizione per arrivare a questo risultato nei prossimi giorni. In modo che io sia abilitato a trattare fatte salve le condizioni che ho appena precisato.
Con una ulteriore precisazione. Mi sembra evidente che si tratta di trovare un punto di caduta alto che coniughi forza del rinnovamento, coesione delle alleanze e capacità di proseguire su alcuni terreni già sperimentati con l’azione di governo esercitata in questa legislatura. Tuttavia, non è possibile accreditare una mediazione al ribasso e io voglio dire molto chiaramente che in questo scenario io vedo due sole prospettive alternative. O quella che vede anche nel candidato alla Presidenza un segnale di discontinuità profondo, con un nome nuovo, fuori dai giochi, oppure quella della riproposizione dell’attuale Presidente, a condizione ovviamente che da quest’ultimo vi sia l’accettazione del nuovo Patto da proporre alla Comunità e di tutto quello in termini di discontinuità che questa opzione comporta. Tertium non datur. Non perché io voglia impuntarmi su questioni di principio, ma semplicemente perché questa terza via non garantirebbe né una vera discontinuità positiva, né una coesione delle alleanze. Non sono quindi disponibile ad accettare mediazioni al ribasso.
Se volete insieme a me proseguire sul terreno che abbiamo solcato in questi due mesi e accettare il mandato che vi ho chiesto, sarà mia cura trovare le modalità per riferirvi tempestivamente quanto succederà nei prossimi giorni, assicurando al contempo la formazione in tempi rapidi della Commissione Elettorale.