«Lavoro, ora un nuovo patto sociale»

Disoccupazione al 5%: l’obiettivo è ambizioso ma, secondo il vicepresidente Olivi i dati sono già positivi: «Nei primi tre mesi del 2018 l’Agenzia per il Lavoro rileva il 19% in più di assunzioni rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso». Invoca un «nuovo patto sociale e per il lavoro» e incalza lo stesso centrosinistra a porre attenzione sui «nuovi poveri». Di fronte all’aumento del lavoro precario, l’assessore Alessandro Olivi indica le sue soluzioni.
S. Pagliuca, "Corriere del Trentino", 1 maggio 2018

Assessore Olivi, oggi si celebra il Primo maggio ma c’è chi, come i lavoratori intervistati dal Corriere del Trentino, non ha molta voglia di festeggiare. Cosa pensa della crescita degli atipici?

«Il mercato del lavoro globale sta andando in questa direzione e dobbiamo attrezzarci. Non bastano delle semplici dighe, è necessario lavorare in profondità sottoscrivendo un nuovo patto sociale e per il lavoro».

Qual è l’obiettivo?

«Vorrei portare la disoccupazione entro la fine dell’anno sotto la soglia del 5%. Già nei primi tre mesi del 2018, l’Agenzia per il Lavoro rileva il 19% in più di assunzioni rispetto allo stesso trimestre del 2017. Di queste, 337 unità, ovvero il 22% sono a tempo indeterminato. Altre 368 unità, invece, rappresentano delle trasformazioni da tempo determinato a indeterminato».

Il resto rimane precario.

«Sì, a oggi 8 assunzioni su 10 sono a termine ma questo lieve miglioramento può essere letto come una ripresa di fiducia delle imprese, in continuità con il 2017. Il punto è passare da un’ottica quantitativa a una qualitativa: , migliorare la qualità del lavoro».

Il pubblico come si pone di fronte a questa sfida?

«Agiamo con tre leve: il potenziamento dei servizi pubblici all’impiego, indispensabili per governare al meglio le transizioni tra un impiego e un altro e per favorire il ricollocamento del lavoratore; la formazione, che dovrebbe diventare un diritto fondamentale del lavoratore, prevista in ogni contratto per legge, e che invece, a oggi, è sempre vista come qualcosa di residuale, e la contrattazione affinché aiuti, facendo leva sulla responsabilità sociale delle imprese, a rimettere al centro il capitale umano».

I precari rischiano di diventare i nuovi poveri. Come arginare questa perdita di sicurezza sociale?

«Concordo e ricordo a molti, anche della mia area politica, che oggi i deboli non sono più gli stessi di un tempo. È debole chi non ha un contratto stabile, chi lavora a intermittenza, chi non ha un reddito che possa definirsi dignitoso, chi non riesce a progettare il proprio futuro. E la sinistra dovrebbe riuscire a intercettare maggiormente queste nuove esigenze. Noi in Trentino siamo stati spesso avanguardia di buone pratiche ed è così anche questa volta con l’introduzione dell’assegno unico. Uno strumento che va potenziato e a cui andrebbero aggiunte nuove misure previste per legge come il salario minimo».

Farà delle proposte in questa direzione?

«Sì, l’assegno unico è un ottimo punto di partenza che va irrobustito legandolo a interventi efficaci e strutturati di reinserimento. Non parlo, insomma, di mero assistenzialismo ma di un sistema attivo. Solo così, con un welfare più forte e universalistico e politiche attive ancora più efficienti, potremo aumentare i livelli di tutela sociale delle fasce deboli e, al tempo stesso, favorire la mobilità sociale».

I sindacati chiedono un patto per il lavoro. Quale sforzo spetta alle imprese?

«Le imprese dovranno scommettere con noi in questo nuovo processo. Lo abbiamo già dimostrato con gli accordi firmati di recente. Se non sarà così, tutti gli sforzi saranno vani».