Reddito di garanzia per 6.000 trentini. Ma poco pubblicizzato. Olivi: «Misure contro la povertà, il M5S impari dal Trentino»

I Cinque Stelle hanno sbancato nel Mezzogiorno, grazie — inutile dirlo — anche al reddito di cittadinanza. La proposta è apparsa subito dirompente, specie in un’area del Paese, in cui la disoccupazione è storicamente altissima e i tassi di occupazione troppo bassi. Un giovane su due, di età compresa tra 15 e 24 anni, ad esempio, sotto Roma non lavora.
D. Roat, "Corriere del Trentino", 9 marzo 2018

Ma l’aspetto curioso è che una misura di contrasto alla povertà e di aiuto alle fasce più deboli in Trentino esiste già da tempo, si chiama reddito di garanzia (attivato nel 2009 e ora confluito nell’Assegno unico che è partito all’inizio di quest’anno e per il quale la Provincia ha già previsto risorse per 75 milioni di euro). Peccato che è stato poco, o quasi per nulla, pubblicizzato. La carta vincente in campagna elettorale dei Cinque Stelle è mancata totalmente al centrosinistra autonomista che a febbraio aveva bocciato la proposta del reddito di cittadinanza del consigliere pentastellato Filippo Degasperi che in aula aveva incassato 19 no, 7 astensioni e solo 4 sì. «Una misura iniqua, quella proposta da M5S» secondo l’assessore provinciale alla previdenza, Violetta Plotegher. «Se un cittadino ha bisogno non può aspettare cinque anni per avere un aiuto, ma questo è solo un esempio» spiega Plotegher. L’assessore parla dell’importanza di «misure personalizzate», come quelle messe in campo in Trentino e di «reciprocità».

«La povertà economica non significa che una persona non può spendersi per la comunità e queste misure puntano non solo ad un aiuto economico — spiega — ma anche alla valorizzazione della persona e ad un percorso di inserimento sociale e lavorativo grazie a una rete di associazioni e assistenti sociali che accompagnano la persona in questo percorso. Il reddito di cittadinanza è stato attivato in Finlandia, ma quello proposto è più vicino a un reddito minimo garantito». Nel 2017 6.000 trentini hanno beneficiato del reddito di garanzia, ma nel 2018 si potrebbe arrivare a quota 9.000.

Si stima che nel 2018, rispetto al 2017, si avrà circa 4.000-5.000 trentini in più che potranno beneficiare dell’assegno unico provinciale e questo perché non è uno strumento che rappresenta lo stigma della povertà, ma più persone possono fare domanda, inoltre è stata innalzata la quota Icef dallo 0,13 allo 0,16, intercettando quindi non solo i più poveri, ma anche chi è a rischio di esclusione sociale. Il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi parla di «un sistema inclusivo e progressivo».

«L’assegno unico — continua — è legato a un patto di servizio fortemente caratterizzato dalla presa in carico della persona». Il Rei (reddito di inclusione voluto dal governo nazionale e introdotto a settembre) è uno strumento superato secondo Olivi. In Trentino fino a gennaio sono state presentate 393 domande Rei, in 311 casi è stata presentata anche la domanda di assegno unico. Piazza Dante con l’assegno unico ha dato una svolta alle misure di aiuto ai poveri. Il vero problema è che pochi conoscono le misure di aiuto messe in campo. Il centrosinistra ha mancato nella comunicazione, non è arrivato al cuore dei cittadini, come hanno fatto altri. È chiaro che il tessuto sociale trentino è decisamente differente da quello del sud Italia, della Puglia, o della Sicilia, ma si poteva forse fare di più per arrivare agli elettori?

«La comunicazione è un deficit granitico del centrosinistra» ammette Olivi. «Non c’è stata un’adeguata promozione, abbiamo puntato più sul lavoro che sulla comunicazione» commenta. «Politicamente è stato un errore» continua Olivi. «Il movimento Cinque Stelle dovrebbe partire dalla nostra esperienza. In Italia — continua — siamo stati i primi a introdurre misure di protezione sociale e contrasto alla povertà prima con il reddito di garanzia e ora facendo un passo in più con l’assegno unico. Ma c’è una differenza significativa tra il nostro assegno unico e il reddito di cittadinanza, proposto dai Cinque Stelle. L’assegno unico è una misura che non deve sostituire il lavoro, mentre il reddito di cittadinanza rischia di diventare una misura alternativa al lavoro e questo è pericolosissimo». Il reddito di cittadinanza non è una proposta sbagliata di per sé, secondo il vicepresidente. «Ma noi, a differenza dei Cinque Stelle, abbiamo costruito un sistema dove le tutele sono legate alle politiche attive del lavoro, dello sviluppo e della crescita, altrimenti si rischia di cristallizzare il sistema».