Luca Zeni rifugge ogni tipo di semplificazione. Nel bailamme di attacchi e accuse incrociate che in questi giorni avvelena il clima nella coalizione di centrosinistra autonomista, l’assessore provinciale alla sanità preferisce allontanare gli slogan per provare ad analizzare il quadro attraverso un ragionamento più articolato.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 10 marzo 2018
Che alle rivendicazioni «particolari» antepone la «capacità di essere comunità politica» della coalizione di governo e la necessità di «assumersi la responsabilità di dire le cose come stanno». Altrimenti, avverte Zeni, «salta l’idea di sistema e la fiducia della gente nel sistema stesso».
Assessore Zeni, all’interno dell’Upt c’è chi sostiene che la sconfitta alle urne vada ricercata anche nelle posizioni assunte in questi anni dalla Provincia nel campo della sanità e del welfare: la questione delle guardie mediche, lo scontro sui punti nascita, la riorganizzazione degli ospedali periferici. Temi che, in fondo, mettono in discussione il suo operato. Cosa risponde a queste accuse?
«È chiaro che in questo momento si sovrappongono argomentazioni diverse, in un’analisi del voto che, naturalmente, è complessa. Ma il vero tema è un altro. Questa volta, rispetto al passato, anche qui è prevalso l’orientamento nazionale. Gli “argini” provinciali non hanno tenuto e non si è avuta la percezione della diversità del Trentino rispetto al quadro nazionale. Dobbiamo interrogarci sul perché».
E qual è la sua visione?
«La riflessione non è banale e parte da lontano, dagli anni Novanta. Dopo l’ondata leghista del 1994 si era provato a ripartire attraverso l’intuizione della Margherita, il partito dei sindaci, che si era costituito sulla base di una forte identità della comunità. Il limite di quel progetto era però che si basava su un aspetto rivendicativo: il singolo rappresentante del territorio si interfacciava con la Provincia per ottenere una risposta a un problema puntuale, territoriale. Un approccio individualistico del territorio che però, in un momento storico diverso, deve necessariamente cambiare».
Come?
«È possibile cambiare approccio se c’è una forte comunità politica e la capacità di condividere una visione di sistema. Anche nella sanità, per tornare alle mie competenze. Quando bisogna cambiare impostazione rispetto al passato, basandosi su indicazioni mediche e cliniche — come la necessità di centralizzare alcuni servizi e garantirne altri nelle valli —, è necessario avere una comunità politica che senta di essere un sistema: se si mantiene una linea di rappresentanza locale, che difende istanze specifiche, salta non solo il sistema, ma la fiducia nel sistema. Che è fondamentale».
Un messaggio chiaro ai rappresentanti locali del centrosinistra autonomista?
«Di fronte agli attacchi strumentali dell’opposizione, è necessario essere comunità politica, elaborare delle proposte e migliorare il modo di comunicare con la gente. Abbiamo avversari che usano temi sensibili per creare un clima di sfiducia. Noi non possiamo legittimarlo, ma dobbiamo assumerci la responsabilità di dire ai cittadini le cose come stanno. O spieghiamo la situazione e le scelte in un’ottica di sistema o creiamo le premesse perché si ripeta quanto è successo domenica al voto. L’Alto Adige, in questo, insegna».
In che senso?
«In molti settori il Trentino raggiunge punte di qualità molto più alte rispetto a quelle dell’Alto Adige. Ma loro lavorano in un’ottica di sistema in ogni campo. E questo fa la differenza. Questo è il vero tema sul quale ci si deve interrogare: dobbiamo cercare di far anteporre il principio collettivo a quello particolare. Se un consigliere di maggioranza prende posizione e critica una scelta provinciale legata, ad esempio, a un ospedale locale o a un punto nascita, non ne avrà beneficio. Tantomeno sul fronte elettorale. Ma mette a rischio l’ottica di sistema e, con essa, la fiducia nel sistema stesso».
In questi giorni, intanto, si discute sulla leadership del governatore Ugo Rossi in vista delle elezioni provinciali del prossimo autunno. Nel Pd e nell’Upt le spinte si fanno sentire. Tra i nomi emersi come possibili «papabili» alla candidatura a presidente della Provincia c’è anche il suo. Se arrivasse una proposta, cosa risponderebbe?
«Credo che ragionare in questo modo non sia corretto. Anzi, è l’approccio peggiore. In questo momento, di fronte al messaggio che ci è arrivato dai cittadini, è necessario ripartire dalle fondamenta di una coalizione responsabile che ha a cuore il destino di un territorio, rinunciando a seguire delle soluzioni impraticabili. In questo quadro, il Pd ha una responsabilità maggiore, visto che è il partito più rilevante all’interno della coalizione. Toccherà al Partito democratico, dunque, dare una traiettoria. Questo è il percorso che deve essere imboccato. Tutto il resto, compresi i nomi, arriverà solo alla fine».