Il quesito stesso invita a una risposta tacitamente ovvia. La partita, più che sull’esito scontato, si giocherà sui numeri della partecipazione. Nella sostanza, seppur con le dovute postille, i referendum promossi da Lombardia e Veneto superano i confini politici della Lega Nord. L’autonomia delle due Regioni non incontra ostacoli di concetto e persino le segreterie territoriali del Pd, con la giusta dose di sofferenza per l’endorsement, annunciano il «sì».
M. Damaggio, "Corriere del Trentino" 1 settembre 2017
«Il Partito democratico crede nelle autonomie locali», sintetizza il deputato Michele Nicoletti. Resta un’avvertenza: autodeterminazione non dev’essere la via di fuga «da responsabilità nazionali». «Ugo Rossi dovrebbe fare campagna pro-sì a Venezia e Milano», suggerisce invece Maurizio Fugatti. Per il consigliere provinciale del Carroccio il sillogismo è semplice: più autonomie significa salvaguardia della specialità, spesso osteggiata, del Trentino Alto Adige.
«Non è il referendum della Lega, ma dei veneti», ha chiarito da subito il governatore Luca Zaia (Corriere del Trentino di ieri). Un modo per amplificare i consensi, ipotecare il risultato e sollevare l’opposizione del centrosinistra veneto dall’imbarazzo. «Pur non avendo proposto il referendum — premette Nicoletti — il Pd delle due Regioni ha annunciato di votare sì perché crediamo nelle autonomie locali, malgrado ciò che è stato detto rispetto alla riforma costituzionale dell’anno scorso». Riaprendo una ferita dolorosa per i democratici, Nicoletti ricorda le premesse della riforma che è costata il mandato dell’ex premier Matteo Renzi, tesa al superamento delle cosiddette materie concorrenti (da 22 sarebbero passate a 9): «Autonomia e regionalismo vanno benissimo, ma nell’alveo di un coordinamento nazionale: pensiamo al tema dei vaccini e alla tutela dei livelli essenziali della salute».
Se il fine ultimo dei referendum è condivisibile, Nicoletti avanza un solo dubbio: «Le Regioni fino a oggi non hanno sfruttato le possibilità previste dall’articolo 117 della nostra Costituzione, ossia chiedendo deleghe in ambiti strategici come la scuola. Resta quindi il sospetto che l’autonomia venga sbandierata come scusa per attaccare “Roma ladrona centralista”, per poi sottrarsi quando si tratta di assumersi le giuste responsabilità».
Dire «specialità dei territori» significa toccare la sensibilità del senatore Franco Panizza (Patt) che a leggere i quesiti di Veneto e Lombardia non può che sposare in toto la doppia campagna. «Da sempre sosteniamo l’importanza dell’autonomia differenziata: i territori che responsabilmente possono gestire le proprie risorse lo possono e lo devono fare». L’auspicio è che non si «strumentalizzi il referendum per fini politici» e, viceversa, si riabiliti il tema del federalismo.
Se anche il centrosinistra trentino condivide la spinta autonomista, dagli scranni della Lega la bontà dell’iniziativa è chiaramente evidenziata con forza. «In Trentino dobbiamo sostenere i due referendum e sperare ci sia grande affluenza — dice Maurizio Fugatti — Noi abbiamo bisogno di maggiore autonomia, specie nelle Regioni confinanti: la loro autonomia salvaguarderà la nostra». Non una condivisione spirituale, ma interessata. «Il governatore Rossi dovrebbe andare a Venezia e Milano e spiegare come funziona la nostra specialità». «Veneto e Lombardia hanno pienamente ragione — fa eco Rodolfo Borga (Civica Trentina) — Autonomia significa assunzione di responsabilità e gestione di competenze, quindi farsi carico di spese e risorse». Diffondere la specialità, conclude Borga, è quindi un modo per smentire la retorica dei privile gi».