I dati parlano chiaro. Sull’accoglienza dei richiedenti asilo politico ci sono Comuni che stanno facendo più del loro dovere e quelli che hanno dimostrato scarsa, se non nulla disponibilità.
"Trentino", 1 giugno 2017
La tabella che riportiamo sotto è la fotografia della distribuzione dei profughi in Trentino, fornita dall’assessore alle politiche sociali Luca Zeni, che ha incontrato ieri i componenti della quarta commissione provinciale, insieme al dirigente del dipartimento solidarietà Silvio Fedrigotti, al responsabile del Cinformi Pierluigi La Spada ed ai rappresenti dei Comuni Paride Gianmoena per il consiglio delle autonomie locali, Mariachiara Franzoia per Trento e delle associazioni che fanno accoglienza agli stranieri.
I numeri. Attualmente in Trentino sono ospitati 1546 richiedenti asilo politico, mentre la quota assegnata alla provincia è di 1781 persone. Sono 59 su 177 i Comuni in cui sono presenti strutture di accoglienza, una minima parte, anche se ci sono quelli che mettono a disposizione più posti di quanto dovrebbero e molti che sono a zero accoglienza. Tra questi, Trento e Rovereto sono quelli che fanno di più: il capoluogo ospita 633 profughi a fronte di 402 posti teorici, Rovereto (e Marco) 404 a fronte di 130. Passando alla maglia nera, c’è ancora la comunità della Paganella che è a zero, preceduta a stretto giro dalla Valle di Fiemme che ne ospita 9 su 66 posti teorici. Non va meglio in Giudicarie, che accoglie 28 persone, un quarto rispetto alle 124 che sarebbero assegnate e nemmeno in Val di Cembra, con l’accoglienza ferma a 6 su 37 teorici. La Valle di Fassa offre poco più di un terzo dei posti teorici (13 su 33), come il Primiero.
Le risposte di Zeni. L’assessore alle politiche sociali ha prima di tutto sottolineato che l’Italia è solo al decimo posto in Europa per rapporto profughi- abitanti: arrivano 180.000 l’anno rispetto alla 700.000 della Germania. E sui pochi comuni accoglienti, Zeni ha chiarito che «l’ente pubblico non può avere un atteggiamento che presenti ai cittadini questo fenomeno come un’imposizione che si è costretti a subire, mentre altro conto è mostrare la sostenibilità dell’accoglienza». La difficoltà maggiore, ha proseguito Zeni, è trovare appartamenti liberi nei Comuni che già ospitano profughi, perché non si possono superare determinate quote di richiedenti asilo. «In questo senso – ha sottolineato l’assessore – dal momento che tutto dipende dalla sensibilità ambientale e di contesto, è molto importante la comunicazione e l'assunzione di una responsabilità diffusa».
Trento in difficoltà. L'assessore alle politiche sociali di Trento Maria Chiara Franzoia, ha ribadito che il ruolo principale dell'amministrazione della città è di facilitare l'accoglienza dei richiedenti asilo. Appartementi gestiti da Itea o locati ad associazioni, dove si trovano sia migranti che soggetti socialmente emarginati. «Il Comune - ha affermato - si sta facendo carico dell'accoglienza al di là della quota prevista nel capoluogo. Sarebbe quindi necessario che l'intero territorio comunità si facesse carico della questione, sgravando l'amministrazione già impegnata a fronteggiare altre situazioni di marginalità».
Le associazioni. Hanno portato la loro esperienza la cooperativa Arcobaleno (il vicepresidente Paolo Tonelli ha puntato sulla qualità delle relazioni sociali che dipende da come si accoglie). Per l'Atas la presidente Aschieri ha detto che il sistema accoglienza «è ancora legato ad un approccio emergenziale, mentre si dovrebbe puntare a rendere stabile e sistematica l’attività in questo settore». Per Stefano Canestrini del Centro Astalli Trento l’importante «creare gli anticorpi perché le persone che escono dal progetto di accoglienza siano autonome», mentre la Croce Rossa Italiana è impegnata «a rispondere ai bisogni di supporto sanitario dei bambini e delle donne incinte”e la Fondazione Comunità Solidale, legata alla diocesi ha curato l'accoglienza di 141 persone, 110 delle quali ospitate in 23 canoniche.