«Il regolamento del consiglio va cambiato»

«Il regolamento d’aula va adeguato alla legge elettorale». A dirlo è il capogruppo del Pd, Alessio Manica, ma il pensiero è comune all’intera maggioranza all’indomani della sospensione — che equivale a un ritiro — della legge sulla doppia preferenza di genere, affondata dall’ostruzionismo di parte della minoranza.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 12 maggio 2017

Volendo fare l’elenco di vincitori e sconfitti, non vi è dubbio che Civica Trentina e Lega Nord siano i vincitori. Il gruppo capitanato da Rodolfo Borga, in particolare, e il mono-gruppo di Maurizio Fugatti si sono detti da subito totalmente contrari a una modifica delle legge elettorale che prevedesse l’obbligatorietà di non votare solo uomini. Si sono serviti dell’ostruzionismo e hanno raggiunto l’obiettivo. «Vincitore» è in parte anche Giacomo Bezzi: la legge è rimasta lettera morta, ma lui si è accreditato come paladino delle donne del centrodestra. Vincitori, anche se occulti, sono i consiglieri (tutti uomini con l’eccezione di Chiara Avanzo) di Patt e Upt, che pur sostenendo formalmente la doppia preferenza di genere (due preferenze obbligatoriamente di genere diverso) per lealtà coalizionale, non l’hanno mai totalmente condivisa. Sconfitto è il Pd, che fino ad ora sul piano dei diritti civili in questa legislatura non ha portato a casa nulla (legge elettorale dei Comuni, provinciale, omofobia, democrazia diretta). Sconfitto Ugo Rossi, che la doppia preferenza di genere aveva inserito nel proprio programma.

«Le donne in consiglio provinciale sono 6 (4 del Pd) su 35 e dal 1948 ad oggi sono state appena 26 su 535» ricorda il gruppo dem nel comunicato in cui stigmatizza l’ostruzionismo. «Ne abbiamo parlato in maggioranza — riferisce Manica — e sta maturando l’idea che con questo regolamento non si possa andare avanti: le sue radici affondano nel proporzionale, ma la legge elettorale è maggioritaria: chi vince deve poter attuare il programma che gli elettori hanno votato».

Ma davvero un altro risultato non era possibile? Fin dall’inizio, Gianfranco Zanon (Pt) aveva presentato un emendamento di mediazione che le male lingue vogliono scritto in casa Upt. Cosa diceva? L’elettore mantiene la possibilità di esprimere tre preferenze, che dovranno però essere di genere diverso qualora ne esprima più di una. In un’aula che, ad ampia maggioranza, avrebbe bocciato la doppia preferenza potendo rispondere al solo convincimento — o interesse — personale, poteva essere un buon risultato: sono le regole delle elezioni europee. La maggioranza ha scelto di non mediare. Perché? «Il primo motivo — spiega Donatella Conzatti, del comitato Non ultimi contrario alla mediazione — è di principio: la Costituzione parla di pari diritti tra uomo e donna. Il secondo è che, con tre preferenze, due uomini possono mettersi d’accordo e tenere la donna come scelta necessaria ma residuale». Un triste costume che la doppia preferenza non escludeva. L’uomo «forte» si sarebbe potuto alleare in ogni territorio con una donna diversa: lui sarebbe stato eletto, loro no. Ad oggi, circa l’80% dei votanti esprime una preferenza, il 40% due, solo il 10% tre. Il terzo motivo è che sarebbero rimasti sul tavolo diversi emendamenti in particolare di Borga. Un suo ostruzionismo «passivo» (senza interventi fiume) sarebbe costato alla maggioranza il via libera nelle liste delle provinciali ai sindaci dei Comuni con meno di 10.000 abitanti.

Alla fine, la maggioranza ha fatto la sua scelta. Rossi e l’ala «massimalista» del Pd hanno deciso «meglio niente che la mediazione». Ai consiglieri di Patt e Upt non è parso vero potersi finalmente sgravare di questo peso. Senza sedute a oltranza e senza mediazione il risultato è stato nullo.

Il gruppo dell’Upt, cadendo forse nella excusatio non petita , ieri ha voluto rispondere a Nerio Giovanazzi che aveva ironizzato sulla tacita soddisfazione dei consiglieri: «Abbiamo preso atto dell’impraticabilità dell’aula e, a malincuore, abbiamo dovuto sospendere l’iter di una legge che, con coerenza, volevamo venisse approvata» replicano. Anche Luca Giuliani (Patt), accusato di aver brigato con l’opposizione per far saltare la legge, si difende: «Per quanto ritenga che la legge sulle preferenze di genere non sia una priorità e non ne condivida pienamente la valenza, l’avrei votata. Senza perdere ulteriore tempo, sarebbe stato opportuno da parte dei proponenti accettare la proposta del consigliere Zanon». Nel frattempo, il suo gruppo esprime «il più profondo rammarico per il ritiro del ddl» e accusa la minoranza di «mancare di rispetto al programma elettorale votato dai trentini». Ugo Rossi ha già annunciato che la legge farà ancora parte del programma. «Nel frattempo — suggerisce Conzatti — i partiti della maggioranza potrebbero comportarsi come il Pd, che le donne le candida e le elegge».

I prossimi appuntamenti si chiamano garante dei detenuti e riforma della cultura, su cui Pt ha già annunciato ostruzionismo.