Macron e Renzi, simili e diversi

C'è un filo che lega Italia e Francia. Non è solo la comune identità romanza, l'amore per il vino, le belle donne, l'arte e la cultura. Si tratta di una dinamica politica molto simile, dove pare rinascere e riprendere vigore la teoria politica della maggiore possibilità di vittoria se si occupa lo spazio politico detto centro.
Emmanuel Macron, da domenica sera il più giovane Presidente della Repubblica Francese, ne è un indizio.
P. Perini, "L'Adige", 9 maggio 2017


Dopo poco meno di un lustro nel quale la teoria politica detta Paradosso dei due gelatai sembrava essere stata messa definitivamente in crisi da un nuovo modello, quello della radicalizzazione degli elettorati, con Macron in Francia, abbiamo avuto un ritorno al Paradosso dei due gelatai, che descrive come si hanno maggiori possibilità di vittoria se il candidato occupa uno spazio politico non estremo, in grado di attirare sia i radicali che i moderati.
La tendenza alla polarizzazione verso le estreme degli elettorati appariva come cosa assodata, soprattutto dalle primarie del Labour in Gran Bretagna che hanno incoronato il radicale Corbin e poi fatto vincere i conservatori sulla Brexit, parallelamente sembrava assodato in Europa dell'Est con il trionfo Orban, l'estrema destra al potere in Ucraina, la chiusura delle frontiere e i muri e sopratutto con l'avvento di Donald Trump negli Usa.
Con Macron invece, il Paradosso dei due gelatai e della vittoria al centro appare restaurato. Il Paradosso tuttavia, è un derivato del modello di Hotelling, sviluppato per un sistema politico marcatamente bipolare e di stampo anglosassone, dove cioè lo spazio politico non è sinistra contro destra ma progressismo contro conservatorismo. Il caso Macron è diverso, in Francia non esiste e non è mai esistito un compiuto bipolarismo, seppure lo spazio politico sia sempre stato diviso in sinistra destra - proprio Macron - ha rotto, come prima di lui ha fatto Matteo Renzi in Italia, la consolidata cultura politica locale, fatta di una polarizzazione almeno ideale tra sinistra e destra. In Italia e in Francia è sempre esistito anche un centro - seppure nella cosiddetta Prima Repubblica - si sia assistito più che altro a una dinamica politica e partitica viziata dalla situazione internazionale della Guerra Fredda che in certo qual modo ha sempre spinto i moderati, anche di sinistra, a votare per il partito di centro (la Dc e i suoi piccoli alleati), ma che dal punto di vista della dottrina politica era un partito sostanzialmente conservatore.
Macron, e Renzi prima di lui, «nascono» politicamente, all'interno di partiti di sinistra, o come li definiamo in Italia partiti di centro sinistra, il PSf e il Pd, entrambi parte del Partito Socialista e Riformista Europeo, ma la loro storia politica, i loro ideali e il loro modello ideale, pare più improntato alla Terza Via di Blair e Clinton piuttosto che al socialismo di tipo europeo continentale. Macron ha avuto l'onore e il coraggio - e la possibilità anche economica (è milionario) - di uscire nel 2009 dal PSf ormai alla deriva per poi fondare il suo movimento En Marche, col quale ha fatto la campagna elettorale presidenziale e vinto, anche grazie al sistema istituzionale che al secondo turno catalizza il voto sul candidato Presidente più moderato.
Renzi, non è mai uscito dal Pd, anche se la vecchia nomenclatura ha fatto di tutto per farlo fuori politicamente. La Ditta Bersanian- Dalemiana, stanca ormai della forza politica, non solo mediatica, ma anche elettorale e di popolo di Renzi, ha deciso, non più tardi di tre mesi fa la scissione dopo ben due anni di guerra civile interna al Pd (che ha fiaccato il partito tutto). Una scissione burocratica, sofferta e che non ha portato con sé tutto il proprio popolo, che anzi, in massima parte è rimasto a fare battaglia a Renzi all'interno del PD e alle primarie ha sostenuto in massima parte Orlando. Nonostante la battaglia, tuttavia, Renzi ha stravinto il Congresso, soprattutto grazie alle primarie aperte, a quel bacino di elettori di centrosinistra non iscritti che con un bagno di voto popolare ne hanno ricostruito la forza, persa, anche per causa sua, col referendum del 4 dicembre scorso.
Macron e Renzi si assomigliano e molto, dal punto di vista anagrafico e politico. Macron però ha un profilo più istituzionale di Matteo Renzi, che invece ha sempre fatto della disintermediazione tra lui e «il popolo» il suo tratto più caratteristico, nonché probabilmente il tratto del suo carattere che più è andato di traverso alla sinistra Pd, che lo ritiene un populista. Macron e Renzi sono il trionfo del Paradosso dei gelatai, e hanno ottenuto buona parte dei loro consensi annacquando l'elettorato storico di sinistra con un elettorato moderato, delle professioni, mediamente colto e cittadino. Macron e Renzi non sono ben descritti dall'orizzonte sinistra - destra. Proprio come non lo sono i loro oppositori principali, Marine Le Pen in Francia e M5S in Italia.
La «Clevages» o frattura sociale che descrive al meglio Macron- Renzi è l'orizzonte nuovo che vede da una parte l'apertura, la globalizzazione, l'europeismo e dall'altra la chiusura, la paura, il nazionalismo (o nel caso del M5S i dazi e la critica velata al libero mercato).
Macron e Renzi, ottengono buona parte dei loro consensi dall'elettorato maturo e dai giovanissimi.
Invece, come le attendibili stime di Ipsos France e Soprasteria hanno evidenziato per il voto francese di ieri, e proprio come è stato evidenziato dai dati Ipsos PA per il Corriere della Sera in Italia col referendum costituzionale prima e con le primarie PD poi, i due hanno un problema con la fascia d'età più produttiva, quella 30 - 50.