TRENTO. "Ho lanciato una proposta secca a chi vuole delegittimare le istituzioni provinciali - scrive Luca Zeni, assessore alla Salute della Provincia di Trento - sono disponibile ad inviare un'ulteriore nota di integrazione della domanda di deroga, sottolineando maggiormente gli elementi che l'opposizione ritiene importanti".
"Il Dolomiti", 27 novembre 2016
"Ma a una condizione - precisa l'assessore - se la risposta del ministero cambierà, mi dimetterò io, riconoscendo di aver sbagliato, ma se non cambierà e sarà ancora una volta negativa a dimettersi saranno quelli che hanno continuato a sostenere che la mancata deroga per l'apertura del Punto nascite di Arco era dovuta ai dati forniti dalla Provincia".
Una bella provocazione, una vera e propria sfida che però non è stata raccolta. "Prendo atto che la risposta dei parlamentari Ottobre e Fraccaro e degli altri membri del comitato è stata negativa", osserva Zeni. Le firme in calce al documento che dichiara quanto sopra non ci sono. Non ci sono quelle dei parlamentari ma nemmeno quelle dei consiglieri provinciali che tanto si sono battuti affermando che se il ministero ha rifiutato di derogare l'apertura al Punto nascite di Arco è per colpa dei dati della Provincia. Ma non hanno firmato nemmeno i consiglieri comunali di Arco oppure quelli della Comunità di valle".
"Rifiutandosi di firmare il documento che ho proposto si dimostra che hanno usato questo tema sapendo che le motivazioni addotte erano inconsistenti, che le accuse di dati sbagliati o incompleti alla Provincia erano pretestuose - afferma Zeni - i rappresentanti istituzionali che hanno cavalcato il tema non sembrano però disponibili a firmare il documento e a mettersi in gioco".
"Non possiamo che constatare che evidentemente sanno che le argomentazioni addotte sono inconsistenti - continua la nota dell'assessore - ma ora l'auspicio è che la questione sia chiusa, che tutti collaborino per riportare quella serenità che le mamme dell'Alto Garda meritano, collaborando a far capire che il modello di percorso nascita avviato è quello che garantisce al meglio mamma e nascituro".
Ma le polemiche non si chiudono, anzi. Manuela Bottamedi dichiara che questa proposta "è a metà tra follia, ricatto, intimidazione, minaccia, apoteosi dell'arroganza". Per la consigliera provinciale il documento presentato ieri sera dall'assessore Zeni alle minoranze che chiedono la riapertura del punto nascite di Arco "lascia esterrefatti e allibiti".
"Conoscendo i protagonisti della vicenda - afferma Bottamedi - viene da pensare che la mente che c'è dietro al documento non sia Zeni bensì Rossi, avvezzo a queste forme di reazione scomposta nei confronti di chiunque si metta di traverso rispetto alla sua linea di governo. Rossi - afferma - è solito chiudere vicende a lui sgradite scrivendo documenti arroganti e perentori. Rossi poi - rincara la dose la consigliera - pur partorendo questi documenti, non li firma mai ma è solito farli firmare da altri, anche per testarne la fedeltà o l'insubordinazione".
Su questo Manuela Bottamedi ha già annunciato un'interrogazione. Ma risponde anche il Comitato Salviamo il Punto nascite di Arco: "Spiace dover rilevare il fatto che a Zeni interessi di più il tema delle dimissioni come effetto dell’eventuale nuovo parere piuttosto che l’attenzione massima e convinta sulla formulazione di una nuova richiesta che possa contenere compiutamente tutti i dati che secondo noi il Comitato nazionale dovrebbe riconsiderare relativamente al nuovo bacino d’utenza e alle reali condizioni di disagio nei collegamenti".
Sta di fatto che nessuno accettata la sfida. "Io sono certo della serietà dell'iter compiuto dalla Provincia - assicura l'assessore alla Salute - e sono certo che una eventuale seconda risposta sarebbe ancora negativa perché non ci sono elementi nuovi o diversi rispetto a quando abbiamo proposto la domanda, per cui non ho paura a metterci la faccia fino in fondo - continua Zeni - perché qui in gioco non c'è solo il punto nascita, ma la percezione stessa della credibilità delle istituzioni e del sistema sanitario.
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Punti nascita, Lorenzin inflessibile: "Contraria alle deroghe delle deroghe", A. Rossi Tonon, "Corriere del Trentino", 26 novembre 2016
«Bene ha fatto il Trentino ad adottare la cartella clinica online ma sono ancora poche le Regioni che lo hanno fatto. Prima di tutto dobbiamo mettere in contatto queste, poi il resto del territorio nazionale». Il modello TreC, la cartella clinica online alla base della telemedicina trentina, piace a Beatrice Lorenzin. La ministra della salute ha fatto tappa ieri a Trento per visitare il nucleo dell’elisoccorso e il centro di protonterapia.
«Interoperabilità»
Il Trentino sta sviluppando dieci app per la cura di malati cronici (Corriere del Trentino di ieri) e Lorenzin ne ha riconosciuto la posizione di avanguardia in Italia. La ministra ha anche ricordato di essere «molto sensibile all’argomento della cartella clinica online, tanto da aver siglato il Patto della salute digitale». Tuttavia ha precisato: «Bisogna evitare che ogni Regione si faccia la propria piattaforma» e quindi che «il sistema diventi una torre di Babele quando invece dovrebbe rappresentare un unico linguaggio che attraversa tutta l’Italia». Solo così il fascicolo potrebbe essere veramente interoperabile: «Se una persona si sente male in qualsiasi parte d’Italia — ha spiegato — digitando il codice della tessera sanitaria si può conoscere tutta la storia clinica del paziente e questo è estremamente importante per essere più appropriati negli interventi».
Lo stesso assessore provinciale Luca Zeni, che ha accompagnato la ministra durante la visita insieme al direttore generale dell’azienda sanitaria Paolo Bordon e al direttore dell’unità operativa di protonterapia Maurizio Amichetti, ha ricordato che «la Provincia siede al Tavolo di coordinamento del progetto sul sistema», portando così l’esperienza già maturata e i risultati dell’attività di sviluppo della piattaforma.
Sicurezza
Ma la ministra è intervenuta anche sul tema della deroga per il mantenimento dei punti nascita. Rispetto a quello di Arco, Lorenzin ha spiegato che «al ministero è pervenuta una richiesta di deroga da parte della Provincia e una commissione ad hoc ha valutato i dati ma non c’erano i presupposti per mantenerlo attivo». L’orizzonte all’interno del quale si concede o meno la deroga è dunque quello della sicurezza, da garantire sia alle partorienti che ai bambini, per cui è con esso che dovrà fare i conti anche il punto nascita di Cavalese. La ministra si è detta «contraria alle deroghe delle deroghe» e quindi anche l’ipotesi ultima di salvarlo contando solamente su quattro pediatri anziché sei (possibile con un sistema che preveda la pronta reperibilità anziché la presenza fissa, come richiesto da Zeni al comitato percorso nascita nazionale), qualora non si riuscissero a individuare entro il 21 dicembre i medici mancanti dopo il concorso svoltosi giovedì, sarebbe sfumata.
«Lea» attivi a breve
Infine la ministra ha immaginato una possibile strategia per consentire al centro di protonterapia di raggiungere la piena operatività. «È evidente che un centro come questo deve lavorare a regime e i livelli essenziali di assistenza (Lea) sono uno strumento importante e dovrebbero entrare a regime entro fine anno» ha spiegato Lorenzin, ricordando inoltre che «assieme ad essi avremo 2 miliardi in più rispetto a quest’anno sul Fondo sanitario nazionale e due nuovi fondi, di 500 milioni ciascuno, il primo per debellare definitivamente l’epatite C, il secondo per i farmaci oncologici».
La ministra ha aggiunto che, date le cure offerte dalla struttura trentina, essa «può attrarre pazienti non solo italiani ma anche da tutto il resto d’Europa». Per riuscire in questo sarà determinante «l’assistenza sanitaria transfrontaliera all’interno dell’Unione europea e l’Italia è stata tra i primi Paesi ad aderire alle normative, consentendoci così di curare pazienti di altri Stati e remunerare così la piena attività di questa struttura».