Quel che pare sfuggire nel dibattito in corso sull’introduzione della legge sulla doppia preferenza di genere è proprio il “principio” stesso, posto alla base della proposta. Non si tratta di “quote rosa” - non sono infatti previste percentuali a favore delle donne - ma si mira a tutelare il diritto, sancito dalla nostra Costituzione, ad entrambi i generi di accedere alla politica.
Minella Chilà, "Trentino", 19 luglio 2016
Solo nei Comuni trentini (ed in quelli dell’Alto Adige) non si può ancora votare con questo sistema elettorale, nel resto d’Italia, invece, la “doppia preferenza di genere” è già legge dal 2012, per i Comuni al di sopra dei 5.000 abitanti, dove si è registrato un aumento del 38% delle donne negli organismi di rappresentanza. Per quanto tempo questa terra potrà permettersi di restare escluso da tali importanti cambiamenti? Per la prima volta è diventata Sindaca della nostra capitale una donna, dopo Parigi e Madrid, ed in questi giorni è stata nominata Prima Ministra del Regno Unito Theresa May, e noi qui? Stiamo ancora dibattendo su questa legge, da troppi anni ormai.
Se il nostro Consiglio Regionale, nel febbraio 2015, non avesse affossato il disegno di legge di modifica del sistema elettorale dei Comuni, allineandoci al resto d'Italia, avremmo sicuramente fatto un passo in avanti ed oggi saremmo più preparati a recepire, come sta succedendo nelle altre regioni (qui provincia), l'introduzione di questo meccanismo paritario. Diversi gli argomenti sostenuti da chi non ritiene necessaria questa legge, uno di questi si riferisce agli effetti prodotti da una maggiore presenza delle donne in politica. In particolare, è stato affermato, rispetto al fenomeno della violenza di genere, che in alcuni Paesi governati da donne si registrano percentuali addirittura più alte di femminicidi e di violenze che in altri Stati.
Mi rifiuto di pensare che il fenomeno della violenza sulle donne debba essere considerato un problema femminile e da delegare alle donne: la questione riguarda tutti, a prescindere dall’appartenenza ad un genere. Potrei citare numerose ricerche che dimostrano gli effetti positivi di una maggiore presenza delle donne in politica sul Pil, sull'occupazione, sul benessere sociale di una comunità, ma mi limiterò a riportarne una, rimanendo in tema di violenza di genere, che ho avuto modo di approfondire personalmente. Grazie alle politiche di contrasto del fenomeno sulla violenza domestica promosse dalla Ministra inglese Patrizia Scotland - prima donna di colore nominata nella camera dei Lord - i femminicidi registrati a Londra sono diminuiti del 90% (non è un refuso) da 49 omicidi di donne vittime di violenza domestica nel 2003, si è passati a 5 nel 2010 e tale "metodo Scotland" continua a dare ottimi risultati anche oggi.
Si sente poi spesso dire, specie dalle donne, «se io ce l'ho fatta con le mie forze a diventare...» prima cittadina, consigliera.., questa legge sulla doppia preferenza di genere non può e non deve essere necessaria. Di donne capaci e con curricula di tutto rispetto qui ce ne sono davvero tante, abbiamo persino chi è andata sulla luna. Perché di merito si deve parlare solo per mettere in discussione la capacità delle donne in politica? E gli uomini? Anche in questo caso l’attenzione viene spostata dal “principio” del disegno di legge che non vuole favorire un genere a prescindere dalle competenze, ma solo creare le condizioni per un accesso alla politica paritario a donne e uomini. Sarà sempre e solo l'elettore o l’elettrice a decidere da chi farsi rappresentare. Non perdiamo quindi l'ennesima occasione per far crescere il nostro territorio, sosteniamo il disegno di legge sulla doppia preferenza di genere.