#VersoilCongresso - «Pd, i giovani facciano un nome»

Lui assicura di non pensarci nemmeno, ma per la segreteria del Partito democratico Andrea Miorandi fa un appello ai giovani di «Generazione Pd»: «Abbiate coraggio e presentate un vostro nome». Per l’ex sindaco di Rovereto «non serve un pacificatore che tenga insieme acqua e olio fino al congresso e permetta all’attuale classe dirigente di fare i propri accordi in chiave personale».
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 23 marzo 2016

 

Miorandi, cosa le pare del dibattito interno al Pd a meno di due settimane dalla presentazione delle candidature?

«Il partito che vediamo oggi non mi pare serva a un gran che francamente. La crisi che attraversa non è di oggi ed è molto profonda. Sembra che il dibattito congressuale viva solo di tatticismo personale. L’unica strategia che si scorge è quella di una grande ammucchiata che non capisco come potrebbe fare bene al partito. Occorre una riflessione profonda, che vada oltre le attuali appartenenze».

Alessandro Olivi, ipotizzando una sua candidatura, ha avviato un confronto interno sulla necessità di restituire protagonismo politico al Pd. Secondo lei cosa dovrebbe fare il vicepresidente?

«Olivi è stato scelto come capolista nel 2013 per poter entrare in giunta esercitando un ruolo importante per il Partito democratico. Gli impegni vanno mantenuti. Io credo debba rimanere dov’è».

E sul ruolo del Pd cosa pensa?

«Non ritengo che il Pd debba pensare ora al 2018 e a chi dovrà esprimere il prossimo candidato presidente. Credo che il Pd abbia compiti più urgenti, come quello di occuparsi di oggi e di domani. Non penso poi che incontri in cui non si fa altro che denigrare l’alleato siano costruttivi. Ne abbiamo visti diversi, ma la coalizione di centrosinistra autonomista è un valore importante per il Trentino e lo stiamo sciupando. Per essere ancora più preciso, non mi convince per niente un Pd antagonista di Rossi. Mi sembra la sinistra che aveva in mente solo Berlusconi e dimenticava di parlare al paese».

Al momento, la candidatura più solida pare quella di Italo Gilmozzi. Cosa gliene pare?

«Non me ne voglia Italo Gilmozzi, ma credo che un certo modo di fare politica debba essere rottamato. Ho l’impressione che la sua candidatura serva a garantire gli interessi personali dell’attuale classe dirigente. Mi pare che in lui si cerchi un pacificatore, un traghettatore che dovrà dare l’idea di un partito unito fino al giorno del congresso e poi liberi tutti. No, non mi pare questa la soluzione, l’acqua e l’olio non si mischiano».

A chi si riferisce?

«A tutte le correnti che si sono consolidate in questi anni e che sembrano parlarsi più per via delle prospettive personali dei loro protagonisti che per un reale progetto comune».

Lei cosa proporrebbe?

«Io guardo con fiducia al gruppo dei giovani, che si è messo insieme superando alcune divisioni correntizie proprio per parlare di temi e porli. È a loro che mi sento di rivolgere un appello invitandoli ad avere coraggio ed esprimere una candidatura. Solo da lì, mi pare, può emergere quella novità e quel cambiamento che la gente si attende da questo congresso. All’interno del Pd si deve capire che la nostra base, per quanto ampia, potrebbe essere molto più ampia se ci mettessimo a parlare del futuro del Trentino. Non va tutto bene. Abbiamo perso le primarie, il Comune di Rovereto, quello di Cles. Occorre realmente cambiare passo. L’altro consiglio che mi sento di dare loro è di non sedersi a nessun tavolo per trattare. Non c’è nulla su cui trattare. Facciano una loro proposta e la sostengano con coraggio».