L'appuntamento tra l'assessore Luca Zeni e il capo dell'Azienda sanitaria Luciano Flor è per questa mattina alle 7 e 30. Poi la comunicazione ai capi dei dipartimenti e ai direttori degli ospedali. A meno di 24 ore dall'entrata in vigore della normativa europea sull'obbligo delle 11 ore di riposo per i medici e tutto il personale infermieristico, dunque, nessuna disposizione ufficiale è stata data su come far fronte a quella che si preannuncia comunque una vera e propria rivoluzione.
«Tutto sotto controllo», sono parole tranquillizzanti di Zeni.
"L'Adige", 24 novembre 2015
Nessuna dichiarazione nemmeno dall'Azienda, anche se ovviamente il fermento è a mille. Tra le voci più insistenti sull'ipotesi che Flor oggi proporrà, c'è quella della chiusura notturna degli ospedale periferici. Delle emergenze in primis, ma anche delle sale parto che potrebbero non accogliere pazienti dal calar del sole fino all'alba.
Ieri Fernando Ianeselli, capo del Sop e firmatario del documento che tanto ha fatto indignare l'assessore che ha provveduto subito a «bocciarlo», era in ferie e i direttori degli ospedali che lo interpellavano per chiedere lumi su come comportarsi in vista di mercoledì venivano dirottati verso Flor. Il momento è delicatissimo. Dal punto vista sanitario perché è in ballo una riorganizzazione delle prestazioni. Ma lo è anche dal punto di vista politico perché alcune scelte potrebbero destabilizzare gli equilibri oggi presenti. Ma lasciando da parte la fantapolitica e tornando alla realtà, vi è da dire che i direttori degli ospedali non sono stati ad attendere e in vista della scadenza di domani hanno fatto abbozzarre dai primari turni sulla base del personale attualmente a disposizione. Prendiamo l'ospedale di Arco, solo per fare un esempio. Se domani non dovessero arrivare deroghe o soluzioni miracolose dell'ultimo minuto, con il personale in servizio le urgenze non potrebbero essere garantite. Il problema è soprattutto legato alla carenza di anestesisti. Una ventina quelli a gettone che ruotano intorno all'ospedale della Busa. La metà arriva da fuori provincia, dal bresciano e da Verona, e molti di questi, per rispettare le 11 ore di riposo, hanno già disdettato il contratto. L'altra metà arriva da Trento e Rovereto, ma è evidente che per coprire i turni di questi due ospedali difficilmente questi professionisti potranno spostarsi anche in periferia. Il risultato è che, con l'organico attuale e le nuove regole, ad Arco, ma la situazione è analoga anche a Tione e Cavalese, le urgenze non potranno essere garantite e la sala parto non potrà funzionare. Poi naturalmente si può giocare con i termini. Nella riorganizzazione studiata da Ianeselli e inviata venerdì sera a Flor e per conoscenza a tutti i direttori si parlava di sospensione dell'attività d'urgenza chirurgica, ortopedica e anestesiologica a Tione, Arco e Cavalese e chiusura delle sale parto. Flor e Zeni, invece, hanno parlato di «reperibilità provinciale». Oggi si saprà di più di cosa intendano con questo termine.
Tutti le urgenze saranno trasferite a Trento? A quel punto verrebbe applicato il piano Ianeselli utilizzando però termini diversi. Se invece «reperibilità provinciale» vuol dire che l'anestesista si sposterà in base all'emergenza, questo - secondo gli addetti ai lavori - creerebbe problemi di sicurezza non secondari.
Attualmente gli anestesisti sono circa un centinaio. Di questi 60 lavorano a Trento e con i nuovi turni riusciranno a coprire il fabbisogno del Santa Chiara senza potersi spostare altrove. Altri 25 sono a Rovereto. Negli ospedali periferici ce ne sono in media due, a sede, e fino ad ora molti turni erano stati coperti con professionisti a gettone che, come detto, non potranno più garantire presenze.
Il problema maggiore è legato ai punti nascita. «Sono quelli che più degli altri implicano problematiche perché un parto fisiologico si può trasformare in parto problematico e in pochi minuti bisogna andare in sala parto perché altrimenti è a rischio la vita del nascituro e della mamma. Per poter dare sicurezza ci vuole una serie di situazioni. Non solo il ginecologo e l'anestesista a disposizione, ma anche personale di sala», avverte il sindacalista Alberto Mattedi, anestesista del Santa Chiara e coordinatore provinciale dell'Aaroi Emac, sindacato di categoria.
Sull'ipotesi della «reperibilità provinciale» Mattedi attende di capire cosa si vuole intendere. «Cosa vuol dire? Che io sono a Mattarello ad aspettare e in caso d'urgenza devo partire per Cavalese, piuttosto che per Tione? E poi sul posto, in sala operatoria, chi trovo? Io ho a cuore la sicurezza dei pazienti, ma anche dei miei colleghi. Se vogliamo che tutto vada bene dobbiamo garantire la massima sicurezza a tutti i livelli. Noi medici cercheremo sempre di offrire il massimo della sicurezza, ma vorrei che i vari politici sottofirmassero una responsabilità morale su eventuali danni che possono derivare alla mamma e al bambino da situazioni che, già sulla carta, non possono garantire il massimo della sicurezza». Per tenere aperta una sala parto - ricorda l'anestesista, ci vogliono due ginecologi, un anestesista, uno strumentista, un personale di sala e una tecnica di anestesia. Sei persone che devono essere sempre pronte immediatamente.
«Secondo molti medici il piano Ianeselli era quello più logico. Anche se volessero tenere aperti i punti nascita con l'anestesista reperibile questo poi metterebbe in forse tutta l'attività della sala operatoria dell'indomani. Fino all'entrata in vigore della nuova normativa un rianimatore poteva essere chiamato alle 10 di sera, gestire l'urgenza fino alle 4 e poi tornare a lavorare ancora in mattinata. Ora non è più possibile. E la mattina chi andrà in sala operatoria?».
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Sanità, il Pd si divide sulla riorganizzazione, T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 24 novembre 2015
La sanità torna a dividere il Pd. Ieri mattina, in quarta commissione, l’assessore LUca Zeni si è scontrato contro il voto negativo della consigliera Violetta Plotegher all’articolo della collegata con il quale si vorrebbe delegare alla giunta un riassetto amministrativo della sanità. Il voto contrario si è tradotto in un parere negativo della commissione. Oggi la prima commissione comincerà l’analisi dell’articolato. Il suo voto non si limiterà a un parere e tanto il presidente Mattia Civico, quanto Donata Borgonovo Re hanno già comunicato al collega di partito che non daranno voto favorevole. La loro proposta è di attendere il piano della giunta e approvare dopo, magari con urgenza, un eventuale disegno di legge. «In commissione — è l’appello del capogruppo Alessio Manica — si cerchi una soluzione emendativa».
La questione si offre a due letture. La prima è ovviamente di merito. Nella collegata al bilancio 2016, la giunta propone la possibilità di derogare alla legge 16 del 2010 per quanto riguarda l’organizzazione amministrativa della sanità. Con questo scopo, al direttore generale Luciano Flor viene dato mandato di formulare un’ipotesi. Se la giunta l’adotterà, resterà in vigore per cinque anni, dopodiché si potrà procedere a una modifica legislativa, o ripristinare l’attuale norma. «La deroga — precisa Zeni — è limitata alla struttura amministrativa, non sanitaria. A questo scopo, Flor avrà mandato di elaborare una proposta entro il 31 marzo. Non si tratta di una delega al direttore generale, sarà sempre la giunta a valutare il riassetto proposto e decidere se adottarlo, oppure no». In vista del voto in prima commissione (oggi stesso, o nella seduta di venerdì), l’assessore si è dichiarato disponibile a emendare il testo non solo «per chiarire che la decisione spetterà alla giunta e non al direttore», ma anche «per trovare formule di coinvolgimento del consiglio» che attenuino la delega all’esecutivo. Sì perché è su questo che Walter Viola (Pt) ieri ha aperto la discussione: «L’articolo affiderebbe per cinque anni carta bianca al direttore generale, una previsione inaccettabile. Si compie l’ennesima delegificazione, oltretutto su un tema delicato come la sanità». Fin qui, la normale dialettica tra maggioranza e opposizione. Il colpo di scena si è avuto quando Plotegher si è detta «d’accordo con il collega Viola»: «Ridurre le spese non può comportare scelte di questo tipo. Il fattore umano e l’organizzazione del personale sono elementi di snodo cruciali del comparto sanitario». Uno strappo che pareva ricucibile. Poco dopo, Zeni offriva correttivi e cercava di non alzare i toni: «Vista la disponibilità a rivedere la norma, non ho trovato molto ortodosso un voto negativo, invece di un’astensione, da parte di un membro della maggioranza, ma non facciamone un dramma».
Qualche ora dopo, il gruppo dei democratici si è riunito e non ha trovato un’intesa. «La legge in questione — osserva Civico — non è particolarmente vincolante. Se teniamo presente che le figure apicali (direttore generale, amministrativo, sanitario e per l’integrazione soci sanitaria, ndr ) sono definiti dalla normativa nazionale così come il dipartimento di prevenzione e che il numero dei distretti sanitari può essere deciso con delibera, restano fuori solo le funzioni dei distretti e la rete ospedaliera. Ho informato l’assessore che non potremo non tenere conto del parere della quarta commissione. Semmai, ci rendiamo disponibili a valutare una procedura d’urgenza, quando la proposta sarà pronta». Sulla stessa linea l’ex assessora alla sanità. «La Finanziaria non può essere il veicolo buono per l’approvazione di qualsiasi norma che si rifaccia vagamente a esigenze di risparmio e trovo difficile capire quali siano le esigenze di riorganizzazione. Piuttosto che delegificare la materia, attendiamo la proposta». Se l’obiettivo fosse ridurre la rete ospedaliera rendendo il Not centro unico del sistema? «Fosse così, a maggior ragione serve passare dal consiglio».
La seconda lettura della questione è politica e interna al Pd, che non da ieri vede in Borgonovo, Civico e Plotegher una componente critica all’interno della maggioranza. Manica prova a gettare acqua sul fuoco. «Si cerchi di emendare in testo in commissione e di trovare un’intesa. Se non sarà possibile, allora si valuti l’ipotesi dell’urgenza». Tenuto conto che, oltre a Civico e Borgonovo, in prima commissione siede per la maggioranza un’altra figura critica come Walter Kaswalder, l’approvazione del bilancio non sarà un atto rituale.