Non è ancora tempo per un bilancio definitivo, considerato che l'Expo di Milano chiuderà i battenti tra un mese, ma le polemiche non mancano. A livello locale il confronto non può che essere tra due stand, quello del Trentino e quello dell'Alto Adige. Maestri (Pd) : «Le differenze ci sono, perché alle spalle c'è una filosofia e un'impostazione differente. Io sono stata all'Expo ormai qualche mese fa, ma è evidente come nello stand dell'Alto Adige l'aspetto emozionale sia stato ritenuto molto importante, anzi predominante. Nelle aree che ho visitato tantissimi Paesi hanno puntato sull'emozione».
"L'Adige", 30 settembre 2015
Non ci sono, al momento, un vinto e un vincitore, e forse non ci saranno mai, ma alcuni aspetti sono oggettivi: il Trentino paga il doppio rispetto all'Alto Adige (1,9 milioni rispetto a 1) per un periodo espositivo lungo la metà (3 mesi per i «gialloblù», sei per i «biancorossi»).
L'assessore Michele Dallapiccola , ovviamente, difende Piazzetta Trentino, fornisce i numeri e dati e si toglie qualche sassolino dalla scarpe nei confronti dei cugini altoatesini, mentre Claudio Civettini (Civica Trentina) parla di «fallimento dell'esperienza Trentino ad Expo» e rincara la dose evidenziando i «successi su successi degli altoatesini mentre lo stand della farfalla langue tra le proteste degli sponsor».
Sul confronto con l'Alto Adige si sofferma anche Lucia Maestri (Pd) : «Le differenze ci sono, perché alle spalle c'è una filosofia e un'impostazione differente. Io sono stata all'Expo ormai qualche mese fa, ma è evidente come nello stand dell'Alto Adige l'aspetto emozionale sia stato ritenuto molto importante, anzi predominante. Nelle aree che ho visitato tantissimi Paesi hanno puntato sull'emozione». Il Trentino, invece? «È' stata fatta una scelta differente e come ogni scelta può essere discutibile. La Provincia ha investito in una strada molto più legata alla tradizione, non discostandosi troppo, nella forma e nella sostanza, da quello che si realizza in una normale fiera di promozione del territorio. Innovazione ce n'è poca. Se devo pensare a cosa "buca" di più il mercato, direi che lo stand del Trentino non è nelle primissime posizioni. Ad esempio io ho apprezzato molto l'area espositiva della Svizzera: semplice, efficace, istruttiva». Sul sito ufficiale di Trentino Expo si legge che, in realtà, la volontà di emozionare c'è: «tre lastre di dolomia alte più di sette metri, in grado di attrarre ed emozionare il visitatore».
Tornando all'Alto Adige, Manfred Schweigkofler , responsabile per la Provincia dell'area altoatesina, rigetta le accuse di Dallapiccola, che ha definito lo spazio dei cugini «un'osteria tipica». «Non voglio entrare in polemica. Penso solamente due cose: una è che l'Expo è un luogo per comunicare ma c'è poco tempo per farlo. Non c'è spazio per lunghi discorsi, ma al massimo per una mezza frase. Noi abbiamo voluto comunicare l'emozione dell'Alto Adige ricreando una baita, simbolo della montagna. In secondo luogo dico che se dobbiamo raccontare il vino altoatesino una cosa è consegnare un depliant a un passante, un'altra è far assaggiare un calice. Una cosa è dire a voce che c'è lo strudel, un'altra è farlo mangiare». Schweigkofler, che ci parla mentre è seduto nella "baita milanese" insieme a due signori del Qatar, non ha numeri e dati da darci: «Semplicemente perché è ancora presto per un bilancio definitivo. Posso dire che dei venti milioni di visitatori che ha avuto Expo circa l'80% è almeno passato davanti al nostro stand, visto che si trova in una posizione molto strategica. Poi credo che sia meglio avere cento persone che si trovano bene, tornano, chiedono, si informano, parlano di noi che averne mille che passano, prendono un volantino a caso e poi proseguono il loro giro dimenticandosi in cinque minuti del nostro stand. Se vuole le dico che facciamo circa mille scontrini ogni giorno e che circa 3.500 persone al giorno salgono nel nostro padiglione, che si sviluppa in altezza. Il numero di brochure e depliant distribuiti? Non saprei, ne diamo pochi, solo in maniera molto mirata». Ma perché lei, uomo di spettacolo, di cultura, di teatro (è direttore generale e artistico del teatro di Bolzano, di Bolzano Danza e regista) alla guida di Expo? «Nella mia carriera mi sono occupato anche di turismo e ho ideato parecchi eventi. Ma in fondo anche l'arte e il teatro, come l'Expo, sono una forma di comunicazione. E poi il cibo, non è (anche) show e spettacolo?».
A proposito di cibo, che dovrebbe essere il vero protagonista dell'Expo: Giorgio Daidola , docente di economia aziendale e di gestione delle imprese turistiche dell'Università di Trento, non è convinto che la maggior parte dei padiglioni abbiano centrato l'argomento. «Sono stato all'Expo e ho portato a casa sensazioni molto negative. Ho letto di organizzazione perfetta, ma ci sono ore e ore di attesa ovunque. Si parla di tutto tranne di nutrizione, in molti utilizzano gli spazi per farsi belli, non per affrontare tematiche importanti. Qualche mese fa gli organizzatori trentini mi avevano contattato perché avrei dovuto occuparmi di iniziative culturali e scientifiche su diversi temi per conto dell'università di Trento e di Torino. Dopo qualche incontro ho dato le dimissioni: non ho trovato interlocutori che avessero veramente a cuore il vero tema di Expo e ho preferito lasciar perdere».