Se c'è una visione in cui l'idea politica meglio esprime la propria identità è quella che riguarda la creazione della ricchezza. Una visione che oggi, spesso, finisce per sbiadirsi all'interno di modelli stereotipati.
Alessandro Olivi, "L'Adige", 15 luglio 2015
Chi afferma che «non c'è più la destra o la sinistra» non risolve la causa di questo torpore ideale, che riduce le differenze fra le varie anime della politica ai dosaggi dell'impasto (più o meno austerità, più o meno immigrati, più o meno autostrade, più o meno tasse) ma non all'impasto in sé, cioè alla società che vogliamo, intesa nelle complesse interrelazioni fra le sue componenti, nei rapporti con le «altre» società, nei meccanismi che generano e distribuiscono valori, conoscenza e benessere, e nelle responsabilità che ne garantiscono l'equilibrio.
Nella visione che ispira la nostra partecipazione al governo dell'autonomia trentina il processo generativo della ricchezza non è un mandato in esclusiva alla parte imprenditoriale.
Si tratta piuttosto di un effetto di sistema, innescato dall'operare congiunto delle imprese, delle istituzioni pubbliche e dei lavoratori. Una forma cioè di «capitalismo produttivo» - come recentemente definito dalla scrittrice Mariana Mazzucato - in cui si distinguono le imprese «buone», creatrici di valore e di innovazione, da quelle che si limitano ad estrarre valore, e dove la ricchezza è il frutto di un lavoro collettivo, decentralizzato, con diversi attori pubblici, privati, individui e organizzazioni, tanto più proficuo quanto più le varie componenti agiscano in modo consapevole ed armonico.
Questa linea di pensiero permea la proposta di sviluppo che il centrosinistra trentino deve offrire alla propria comunità, affinché divenga patrimonio comune; una linea che spiega lo spessore delle nostre politiche «di sistema», orientate all'ambiente economico nel suo complesso per valorizzarne le pluralistiche vocazioni.
Una sorta di ecosistema in cui convivono servizi, reti, tecnologie abilitanti, ricerca, offerta formativa, credito, marketing territoriale. E spiega altresì perché la concertazione assume nella nostra idea di governo un ruolo fondamentale, nonostante gli sberleffi di un certo liberismo à la page, che vorrebbe relegarla a servile omaggio al ruolo «sindacale» delle parti sociali. La concertazione, quale ricerca di una sintesi tra interessi divergenti ma finalità comuni, è invece la via d'accesso ad una ricomposizione della struttura economica in chiave innovativa e inclusiva, in grado di far emergere la qualità dell'impresa e del lavoro.
Per questo ritengo che la nostra capacità di affrontare e governare le complessità del nostro tempo passi attraverso un rilancio del modello concertativo, l'unico veramente in grado di saldare assieme diverse visioni di uno sviluppo che sia sostenibile e socialmente inclusivo, senza ricorrere a scorciatoie centralistiche o personalistiche.
Anche in Trentino, nonostante la consolidata tradizione, affiora infatti nel modello qualche segnale di sfilacciamento che sarebbe vantaggioso per tutti ricucire prontamente, e la delega sugli ammortizzatori sociali ce ne offre oggi un'ulteriore occasione.
Si tratta di un versante di lavoro di intuibile delicatezza, ma anche di straordinario significato, capace di far emergere il capitale sociale di una comunità che deve rafforzare la cultura della solidarietà e della partecipazione.
Dopo l'introduzione del reddito di garanzia e del reddito di attivazione un banco di prova è ora rappresentato dalla recente decisione del Governo di estendere con il Jobs Act appositi ammortizzatori sociali anche ai lavoratori di tutte le imprese con più cinque dipendenti che fino ad ora ne erano sprovvisti attraverso un meccanismo contributivo di tipo assicurativo sgravando di costi la fiscalità generale. Ciò che in Trentino si era pensato di istituire su base volontaria per il sostegno al reddito dei dipendenti delle piccole imprese diventa ora un obbligo attraverso la previsione ex lege del versamento diretto ad un Fondo nazionale di integrazione salariale gestito a livello centrale, qualora non siano costituiti fondi di solidarietà bilaterali cui comunque è fatto obbligo aderire.
La delega sugli ammortizzatori rappresenta lo strumento per dar vita ad un Fondo territoriale intercategoriale partecipato dalle imprese e dai lavoratori della Provincia in grado di gestire in autonomia la massa salariale erogata per decidere quali sostegni al reddito, quali politiche attive, quali azioni mirate all'occupazione.
Un Fondo che si ispirerebbe al modello di «Laborfond» e che potrebbe prevedere anche la partecipazione della Provincia autonoma di Trento per integrare e migliorare le prestazioni in favore dei lavoratori e rafforzare i processi di continuità aziendale. Un fondo di solidarietà trentino che offrirebbe alle parti sociali la possibilità di gestire qualità e quantità delle prestazioni attraverso una governance locale. Siamo ad un bivio: crediamo davvero nell'autonomia o scegliamo la via più facile di delegare allo Stato?
Il costo per imprese e lavoratori è uguale, il risultato per la qualità del nostro sistema di welfare territoriale molto diverso!