Riforma istituzionale, la proposta del PD

Il Partito Democratico ha formulato una proposta di riforma alla Legge provinciale 3/2006 (istitutiva delle comunità di valle), che si prefigge la realizzazione di due obiettivi essenziali.

 1. La valorizzazione dell’ente comunale e al contempo delle comunità di valle, in considerazione delle specificità dei singoli territori, garantendo un effettivo processo di decentramento di funzioni al fine di valorizzare i territori.

2. La razionalizzazione della finanza pubblica, attraverso la promozione di processi virtuosi di fusione tra comuni ed una riorganizzazione del territorio e delle modalità di esercizio delle funzioni amministrative capace di conciliare le peculiarità territoriali con le esigenze di semplificazione dell’amministrazione pubblica.

 

A tal fine si prospetta un modello di esercizio delle funzioni amministrative a geometria variabile, il quale si fonda sulle coordinate di seguito indicate.

Da un lato, si individua un limite demografico (5.000 abitanti) al di sotto del quale determinate funzioni devono obbligatoriamente essere svolte in forma associata; viceversa, sopra tale soglia la gestione in forma associata sarà facoltativa. Ciò con l’intento di determinare un punto di equilibrio tra la valorizzazione delle peculiarità/asimmetrie territoriali esistenti e la razionalizzazione della finanza pubblica, anche attraverso l’incentivazione di fusioni tra comuni. Saranno comunque fatte salve le esigenze di coordinamento a livello sia provinciale che di comunità.

Dall’altro, si promuove una riorganizzazione delle comunità di valle in termini funzionali, territoriali e istituzionali, anche alla luce delle criticità emerse nel lasso temporale intercorso dalla loro costituzione.

Quanto alla dimensione funzionale si favorisce un ampio decentramento di funzioni amministrative, anche provinciali, confermando la volontà di dare completa attuazione al modello di riparto prospettato sulla carta già nel modello del 2006 e garantendo al contempo un’effettiva autonomia decisionale in capo alle comunità (e ai comuni di maggiori dimensioni di cui sopra). Nonostante siano trascorsi alcuni anni dalla costituzione delle Comunità, infatti, le funzioni esercitate dalle comunità sono ancora molto limitate rispetto alla portata della previsione normativa.

Quanto alla dimensione territoriale, si delinea un modello che prenda maggiormente in considerazione la dimensione demografica delle comunità. In questo modo, non solo le comunità coinciderebbero con gli ambiti territoriali ottimali per l’esercizio delle funzioni, ma - se si coniuga la componente territoriale con la nuova struttura istituzionale (di seguito illustrata) – il nuovo impianto architettonico si tradurrebbe in una semplificazione dell’assetto territoriale e delle modalità di esercizio delle funzioni amministrative. A fronte di un sistema più funzionale e più adeguato alle specificità dei singoli territori, che valorizzi ulteriormente l’idea di una costruzione architettonica a geometria variabile, si attuerebbe altresì quella funzione di coordinamento finanziario degli enti locali che lo Statuto attribuisce alla Provincia favorendo al contempo un contenimento della spesa pubblica complessiva (peraltro in linea con la ratio che ispira le riforme in corso a livello statale).

Quanto invece alla dimensione istituzionale, anche alla luce delle problematicità di natura costituzionale del modello ad elezione diretta, si ritiene necessario un ripensamento della forma di governo, in modo da garantire non solo un rafforzamento del senso di appartenenza alla comunità, ma soprattutto una maggiore funzionalità dei suoi organi. A fronte di tale considerazione si propone una forma di governo delle comunità di valle in cui:

  • i componenti del consiglio della comunità siano espressione esclusiva dei comuni (in un rapporto 1:1) e siano eletti dai consigli comunali tra consiglieri comunali e sindaci (dovendo svolgere le funzioni senza alcuna indennità);
  • il presidente della comunità sia eletto dai consiglieri comunali, al di fuori dei propri componenti, garantendone così l’“indipendenza” da un comune specifico, ma favorendo al contempo la creazione di un legame con la comunità che andrà a presiedere;
  • il comitato esecutivo sia un organo eventuale: la comunità può decidere se prevederlo o meno. Nel caso in cui sia previsto, esso si compone di tre membri: il presidente e due membri “tecnici” individuati e nominati dal presidente;
  • si preveda un’autorità garante per la partecipazione locale, composta da tre persone, quale organo responsabile per l’avvio dei processi partecipativi. L’autorità è un organo tecnico e indipendente, deputato a garantire l’attivazione e la correttezza dei processi partecipativi nelle comunità e nei relativi comuni.

A quest’ultimo proposito, la proposta di legge contiene un capitolo finale dedicato alle forme e agli strumenti di democrazia partecipativa. A fronte di una perdita di legittimazione delle comunità di valle dovuto al passaggio da un’elezione parzialmente diretta dei consiglieri di comunità ad una puramente indiretta, si ritiene di dover affrontare la questione della legittimità democratica di tali enti da una prospettiva nuova ed innovativa. A questo proposito, nel ripensare in modo radicale la struttura delle comunità di valle si propone una revisione della sua struttura democratico/istituzionale, in modo da conciliare forme di democrazia rappresentativa e di democrazia partecipativa, attraverso strumenti tipizzati e non. Lo sviluppo di strumenti di democrazia partecipativa è funzionale al rafforzamento della legittimazione dell’ente sovracomunale attraverso processi decisionali inclusivi. In quest’ottica, peraltro, la dimensione sovracomunale risulta particolarmente adeguata, sia in termini di estensione territoriale che di consistenza demografica, per la sperimentazione di forme di innovazione istituzionale. 


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