DONNE, la violenza si batte con i fatti

Non sono in tanti a saperlo o a ricordarselo. Ma oggi, 25 novembre, è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne istituita dall'Assemblea Generale dell'Onu nel 1999. Quest'anno Rovereto ha raccolto lo spirito di questa giornata organizzando nel corso di questo mese un ciclo di incontri e iniziative dal titolo «Tutto comincia con un grido».
L. Passerini, "L'Adige", 25 novembre 2013

Troppe volte il tema del ruolo femminile nella società è ridotto al numero di presenze di donne negli organismi pubblici. È però prioritario provare tutti a fare un salto culturale e cercare di scardinare i meccanismi che regolano l'agire politico e lavorare per qualificare i rapporti tra le persone.
Dobbiamo chiederci: la nostra società riesce a essere aperta al contributo delle donne in quanto tali, ossia come persone portatrici di un punto di vista differente? Oppure la nostra vita pubblica è regolata da «codici non scritti» di comportamento che, per tempi, modi, luoghi non permettono ad una donna di esprimersi? Condividere e contaminare i diversi punti di vista offre un'occasione straordinaria di crescita personale; per questo la politica dovrebbe essere sempre più il luogo dove ognuno può portare la propria sensibilità, condividere aspirazioni, confrontare il proprio modo di vedere il mondo. Favorire la contaminazione tra le differenze può servire per lavorare tutti meglio. Le parole della filosofa Michela Marzano, deputata del PD, sono, in questo senso, illuminanti: «La vera lotta, per le donne italiane, consiste oggi nel lavorare sui "contenuti" e non più solo sui "contenitori" dell'uguaglianza, impegnandosi perché cambino l'atteggiamento e la mentalità maschili.
L'emancipazione della donna non ha ancora portato all'equilibrio sperato perché gli uomini, nella gran maggioranza, non vogliono rinunciare ai loro privilegi». Purtroppo, oggi invece il modo con cui viene gestito il potere tende ad escludere il contributo femminile oppure le donne vengono  valorizzate e considerate positivamente quando enfatizzano le caratteristiche che tipicamente vengono attribuite agli uomini.
Questo per il carico di aggressività del confronto e per i tempi che comporta. Può infatti una donna, per il ruolo che una società conservatrice come la nostra le assegna, riuscire a conciliare la cura degli anziani, dei bambini e quindi della sfera privata e allo stesso tempo dedicarsi anche alla cura della «cosa pubblica»?
Ma oltre alla sfera pubblica bisogna fortemente interrogarsi sulla sfera privata e sull'educazione di ogni persona a rispettare intimamente se stessi e quindi l'altro. Nella nostra cultura - in tutti gli ambiti - si dà poca rilevanza alla «dimensione emotiva profonda».
Neppure nei percorsi di crescita si viene educati a considerarla e quindi «a lavorare su se stessi» riconoscendo e affrontando i propri nodi irrisolti. Questo per evitare di replicare in situazioni diverse - quando vengono toccati i nostri «nodi» - i medesimi errori, magari finendo con il «proiettare» sugli altri le nostre fisiologiche «debolezze interiori».
Ma così le nostre debolezze rimangono lì e non si intraprende mai un percorso di crescita che ci può far capire meglio noi stessi e comprendere gli altri per i propri limiti, bisogni profondi e, appunto, nodi irrisolti. Ciò viene ulteriormente amplificato nella dimensione affettiva dove le paure, a volte, possono manifestarsi esponenzialmente magari «aggredendo» (e prendendosela con) l'altro per mascherare le proprie personali frustrazioni. Questo succede, in parte, a tutti, ma in casi limite - come si può apprendere dalla cronaca quotidiana - la dinamica può assumere anche contorni drammatici.
La giornata, come quella di oggi, deve essere l'occasione per farci ragionare su queste e molte e altre questioni. Questo anche per fare in modo che tutte le risorse di cui una società dispone possano contribuire ad arricchirla culturalmente, civilmente ed economicamente.

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