La salute è interesse collettivo

L'articolo 32 della nostra Costituzione elegge la tutela della salute a "fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività". I Padri costituenti approvarono questo comma mentre il Paese attraversava una fase drammatica della sua storia economica e sociale. La macerie della guerra, le famiglie in ginocchio (tre quarti della popolazione viveva sotto la soglia di povertà) e le contrapposizioni anche ideologiche segnavano profondamente la vita del nostro Paese. Eppure esattamente in quella situazione, la salute veniva indicata come un diritto fondamentale e interesse della collettività.
Mattia Civico, "Trentino" 17 aprile 2013

E' infatti nel momento della crisi che vanno maggormente tutelati i diritti delle persone, ad iniziare da quelle più fragili.
Perché è così che si persegue “l’interesse collettivo”. Pur in una situazione molto diversa, anche oggi le difficoltà economiche, politiche e sociali che attraversano il Paese rischiano di confinare molte persone ai margini della nostra Comunità; e non può che suscitare preoccupazione il dato che la crescente povertà e la riduzione delle risorse mettono in alcuni casi in discussione l’accesso stesso a quei servizi che la nostra costituzione sancisce come “diritti fondamentali ed interesse collettivo”.
È dunque necessario e prioritario oggi rimettere al centro dell’attività politica la tutela della salute dei cittadini, rilanciando un patto forte tra tutti gli attori attivi e responsabili nella tutela della salute dei cittadini. Si tratta di trovare risorse e modalità organizzative per allargare i livelli di tutela e per ampliare e qualificare i servizi, garantendo a tutti condizioni reali di accesso. Si tratta di riaffermare con forza la salute come interesse collettivo, rispetto al quale le dimensioni del lucro non possono avere il sopravvento. Si tratta dunque di trovare anche un nuovo rapporto tra pubblico e privato, che abbia nuovamente e pienamente al centro il bene e l’interesse collettivo, in cui tutti recuperino pienamente il senso “pubblico” della propria azione.
La discussione fra le prerogative e gli obblighi dello Stato o più in generale dell’Ente Pubblico e la necessità che il “dovere” della responsabilità porti i cittadini “a farsi carico” nella maniera più ampia possibile è vecchia come il mondo e in gran parte risolta. La sussidiarietà ha tagliato la testa al toro, facendo crescere in ogni piega della nostra società forme autogestionarie e/o privatistiche che quotidianamente collaborano con i servizi pubblici. Il problema che rimane aperto, e questo sì che può determinare la direzione che una società intraprende, è invece quella del rapporto fra azione autogestionaria non profit e società di lucro. Penso in particolare ai settori vitali per la popolazione e quindi, accanto all’istruzione e alla cultura, alla sanità e alla cosiddetta assistenza. Qui il dibattito non è capzioso ed è in diretto collegamento con il grado di civiltà e di solidarietà che una società vuole esprimere e organizzare. Nel settore dei servizi sociali, il farsi carico da parte dei cittadini è ormai esperienza ultratrentennale, soprattutto attraverso il sistema cooperativistico che, anche per mezzo del “non lucro”, consente di rivolgere l’attenzione alla qualità e non alla profittabilità dell’investimento.
Un campo nel quale invece, in Trentino, si sono mossi solo primi passi è quello sanitario. Nel resto d’Italia assistiamo alla gestione privata, con soldi pubblici, di pezzi di sanità che ha generato moltissimi scandali e porcate immani (anche se va sempre ricordato che i virtuosi e coloro che lavorano onestamente sono presenti); ma anche ad una ormai larga esperienza di cooperative di medici, soprattutto di famiglia, che sono tese alla copertura del servizio 24 al giorno e all’allargamento delle prestazioni per i cittadini. Ancora una volta, dunque, una risposta virtuosa e competente arriva dall’esperienza cooperativa. Credo che queste realtà vadano studiate e copiate anche qui dove la cooperazione è così importante. E sono convinto che in tempi di crisi questo vada fatto con ancora più urgenza. Timidi segnali ci sono. In Trentino è nata recentemente una cooperativa sociale di medici dentisti rivolta quindi (in quanto sociale) alle fasce più povere della popolazione che altrimenti o non si cura (con costi pubblici derivanti dalla cura delle malattie conseguenti) o è costretta a cercare soluzioni lontane attraverso “l’emigrazione odontoiatrica”.
È un segnale positivo che va nella giusta direzione e penso che tutti (ordine dei medici compreso) dovrebbero sostenere convintamente tali realtà che possono diventare agenti di cambiamento. Nella nostra terra l’esperienza cooperativa è stata la chiave per tamponare l’emigrazione e costruire prospettive di vita migliori per centinaia di poveri. Con caratteristiche diverse la cooperazione rappresenta ancora un pilastro fondamentale per la nostra organizzazione sociale ed economica. La cooperativa sopracitata ha aperto una strada nuova, da percorrere con convinzione, con la prospettiva di rinforzare ed allargare quel “diritto fondamentale” e di fornire un esempio originale di lavoro per le generazioni dei giovani medici.