Donne al lavoro, priorità italiana

 L'effetto sociale è quello di favorire l'inclusione sociale anziché la «selezione naturale tra disoccupati».
Non credo che le donne non abbiano capacità migliori degli uomini, ma i vantaggi che ne deriverebbero all'azienda sono insufficienti a compensare i maggiori oneri derivanti dal ruolo di madre che la maggior parte delle donne ricopre in qualche momento della vita. 
Sara Ferrari e Margherita Cogo, "L'Adige", 11 gennaio 2013

Questa affermazione non spiega perché le donne non vengono assunte e, se lavorano, non fanno carriera, anche in fasce di età in cui la maggior parte delle donne non ricopre il ruolo di madre.
In realtà la ridotta occupazione femminile ed i limitati percorsi di carriera sono collegati a motivi che nulla hanno a che fare con il ruolo di madre, se si considera la stretta correlazione in tutta Europa, ed anche a livello territoriale in Italia, tra occupazione femminile e numero di figli per donna. In sostanza più le donne lavorano e più fanno figli. Anche in Italia succede la medesima cosa, infatti l'Alto Adige che registra il tasso di occupazione femminile più alto d'Italia è anche la regione (Provincia) dove le donne fanno più figli. Evidentemente occupazione femminile e maternità sono perfettamente conciliabili, anzi, le donne fanno meno figli proprio quando non trovano occupazione.
Non riesce a capire perché i lavori in famiglia liberamente scelti, siano mortificanti.
È un falso problema, i lavori in famiglia non vengono quasi mai liberamente scelti e di certo nessuno si lamenta di quanto liberamente scelto. Ciò che è mortificante è studiare, impegnarsi, avere il coraggio di mettersi in gioco, ma non avere possibilità di trovare occupazione in quanto donna.
Si può prevedere una riforma delle politiche sociali che consenta di mantenere la famiglia anche con un solo reddito. Bello, si attendono proposte realizzabili.
In situazione di scarsità di lavoro e di disoccupazione, agevolare fiscalmente l'imprenditore che assume donne perché donne, provoca solo una maggiore disoccupazione maschile. Che è socialmente più pericolosa per la stabilità sociale della disoccupazione femminile.
L'aumento dell'occupazione femminile non va a discapito dell'occupazione maschile, ma, al contrario, genera domanda di servizi e quindi maggiore occupazione. Per quanto riguarda la «stabilità sociale della disoccupazione femminile» che deriverebbe dal ruolo di madre comunque coperto dalle donne, forse si dovrebbe  ricordare che non tutte le donne sono madri e non tutte le donne hanno un uomo che le mantiene, i nuovi poveri sono costituiti da nuclei monoreddito con figli a carico, ovvero da donne separate con figli a carico e padri che non sostengono finanziariamente la famiglia.
Le donne si pongono per libera scelta sul mercato del lavoro meno degli uomini ed  è la ragione per cui in caso di disoccupazione soffrono crisi di identità minore degli uomini in quanto la cura della prole da parte primariamente della madre è propria della maggior parte dei mammiferi.
Il maggior numero di disoccupati, ovvero di persone che cercano lavoro, sono donne. Attualmente ci sono circa 7.700 donne che cercano lavoro in Trentino contro meno di 6.600 uomini.
Il problema sociale ed economico non è costituito dalle poche donne che «per libera scelta» non si pongono sul mercato del lavoro, ma dalle 7.700 donne in Trentino che cercano lavoro e non lo trovano o le donne che lo perdono od, infine, che vengono discriminate sul luogo di lavoro in quanto donne.
Questo è un problema che riguarda le donne, ma anche altre categorie di persone che, senza nessuna possibilità di dimostrare il contrario sono considerate «non idonee» a certi mestieri, per semplice pregiudizio.
Una società che si basa sul pregiudizio, come quella auspicata da qualcuno, è una società che non si confronta con il diverso, che considera il diverso un ostacolo e non uno stimolo, che teme punti di vista diversi e si arrocca su se stessa.