E. Angelini, "Trentino", 23 febbraio 2011
Sulle manifestazioni del 13 febbraio se ne sono dette e scritte di tutti i colori: chi ha parlato di suffragette contemporanee che scendono in piazza munite di giarrettiere e tacco dodici, mentre le davvero meritevoli di avere voce in capitolo lavoravano i campi; chi di basso antiberlusconismo, chi di un mero tentativo di rivalsa del centro-sinistra sulla coalizione di governo.
Come giovane donna credo che questi commenti si siano rivelati l’ennesima prova di quanto sia “povera” e pressoché inesistente la parità fra i due sessi così declamata negli anni duemila.
Le donne non sono messe nelle stesse condizioni degli uomini, partono nettamente da un livello diverso, nel mondo del lavoro, come nell’avere l’opportunità di coltivare la passione politica. La vera meritocrazia si svilupperà con coerenza soltanto dal momento in cui, culturalmente e legislativamente, a tutti sarà chiaro il concetto di democrazia paritaria. I partiti politici devono incoraggiare questo valore, questo cambiamento, con concretezza di progetti, quindi anche attraverso norme e regole, devono accettare questa sfida, perché il mancato riconoscimento del contributo che le donne portano alla vita pubblica e privata si rivela un vero e proprio debito dello Stato.
A fronte di tanti cambiamenti nella vita collettiva del paese e della forza soggettiva che le donne hanno dimostrato di aver conquistato, permane uno squilibrio vistoso nelle dinamiche di potere, di carriera, di presenza nei luoghi decisionali. L’elezione di due donne a capo di grandi organizzazioni sociali, Cgil e Confindustria è molto importante ma il tema continua a riguardare tutta la società e in primo luogo la politica ed anche il PD.
Si tratta di una sfida di cambiamento alla cultura politica che deve essere affrontata attraverso un’idea positiva della partecipazione delle donne alla sfera pubblica e che deve tradursi in regole e comportamenti. A partire dalla rappresentanza, perchè qualunque sia il sistema elettorale dobbiamo garantire una rappresentanza equilibrata dei sessi che risponda al principio della democrazia paritaria dell’articolo 51 della Costituzione.
E poi il lavoro, perchè l’esclusione delle donne dal mondo del lavoro si configura come una grande questione nazionale: il tasso di occupazione femminile nel nostro paese è fermo al 45%, mentre avere figli sta diventando sempre più un percorso a ostacoli. La disuguaglianza di genere,, è una frattura profonda in termini di occupazione, dì carriere, di retribuzione, di accesso ai servizi. Dobbiamo ripartire da qui per offrire una prospettiva al paese, non solo per ragioni di equità e di redistribuzione, ma anche per costruire un’idea diversa dello sviluppo. Se è vero che ci troviamo in una situazione di eccesso di capacità produttiva, allora dobbiamo investire in una crescita che abbia al centro i bisogni collettivi, i beni sociali, l’economia della conoscenza: nuove infrastrutture sociali - che producono crescita tanto quanto le infrastrutture materiali - che sono anche infrastrutture della libertà e della scelta e per le quali il punto di vista delle donne è essenziale.
La rivalutazione del lavoro e del tempo di cura è una parte fondamentale di un nuovo modello di sviluppo. Pensiamo alle questioni dell’infanzia, dell’invecchiamento attivo della popolazione, alle politiche per le famiglie. Pensiamo alla portata enorme che dovrebbe assumere come priorità i temi dei tempi di vita e di lavoro, le strategie della conciliazione e della condivisione, i temi della formazione. Dobbiamo essere in grado di proporre un grande piano che valorizzi il talento femminile come elemento di innovazione nella ricerca e nell’impresa, che sostenga l’occupazione con incentivi come il credito di imposta per le lavoratrici, in particolare al Sud, che aiuti attraverso detrazioni fiscali e bonus bimbi il lavoro delle donne con figli, che combatta la precarietà e favorisca la creazione di lavoro stabile. Sono necessarie misure articolate, investimenti, spostamenti di risorse che agiscano sul versante fiscale e su quello della creazione di nuovi servizi che sviluppano occupazione e consentono alle donne di rimanere nel mercato del lavoro. Rilanciare il piano nazionale per l’infanzia e per gli asili nido, rafforzare la legge 53 sui congedi parentali, favorire una nuova cultura delle responsabilità familiari attraverso un vero congedo paterno obbligatorio, che riconoscano la maternità come un diritto di cittadinanza con il relativo finanziamento a carico della fiscalità generale.
Il Congresso Nazionale delle Donne Democratiche, svoltosi a Roma venerdì e sabato scorsi ha parlato di tutto questo. Dobbiamo riconoscere, che nella quasi totale assenza di forti reti organizzate delle donne (dentro e fuori il PD) c’è una delle cause che hanno portato al deterioramento del paese sul piano del rispetto della dignità femminile e della condizione concreta delle donne italiane.
Vogliamo costruire una rete in grado di far circolare idee e proposte, di far appassionare alla vita politica, una rete che promuova il protagonismo femminile ed una nuova classe dirigente, che impegni tutto il partito ad assumere i temi della democrazia paritaria come costitutivi della sua identità. Sarà un luogo delle donne che consapevolmente scelgono di mettere in gioco il proprio parziale punto di vista per guardare in modo nuovo alla realtà che cambia. Ci si deve rivolgere alle donne reali, che con impegno portano avanti lavoro e famiglia, a quelle che il lavoro non lo trovano, alle precarie, a quelle ragazze che studiano conseguendo risultati brillanti, ma che restano più indietro nel mercato del lavoro e nelle carriere; a quelle che non fanno figli perché non se lo possono permettere; a quelle descritte dai dati Istat per cui il lavoro di cura è al 76% femminile e che non occupano la ribalta mediatica. Ma guardiamo anche ai luoghi organizzati delle donne con l’ambizione di offrire una sede permanente comune di prospettive civili e culturali in grado di affrontare il nodo della condizione femminile nel nostro paese.
E’ emersa un’autentica voglia di riscatto da tradurre concretamente, la manifestazione di non passività, le basi per creare finalmente quel patto intergenerazionale che vada al di là delle correnti politiche. Troppo spesso alle donne è stato chiesto di fare un passo indietro, che hanno accettato senza ribattere, ma bisogna capire che questo passo a noi donne è costato il doppio! Vogliamo essere in grado di andare più avanti, essere dei leader in prima persona e non più delle solitarie vicine al leader, smetterla di stare appresso alle virgole ma avere il coraggio di guidarli questi processi. Ha davvero ragione il presidente Rosy Bindi quando, dopo aver infuocato la platea ha concluso dicendo: “Basta col dire magari - noi donne, uomini, giovani e meno giovani, politici e soprattutto non, vogliamo poter esclamare: “Finalmente”!