Filippi: scelta politicamente grave

Elisa Filippi ha deciso ieri sera di rivolgere ai 64 delegati all'assemblea provinciale il suo appello come candidata alla segreteria del Pd del Trentino nonostante sapesse dell'accordo già raggiunto fra Giulia Robol e Vanni Scalfi e i delegati eletti in assemblea con le liste collegate a loro e quindi l'esito scontato del voto, salvo conversioni improbabili dell'ultimo minuto e sorprese dal voto segreto.
L. Patruno, "L'Adige", 25 marzo 2014


«Per me - spiega Filippi - l'assemblea è sovrana ed è quella la sede in cui va presa la decisione. Per questo ho deciso di rivolgermi a viso aperto e a testa alta all'assemblea per chiedere il voto».  

Elisa Filippi, perché pensa che Scalfi abbia preferito Robol a lei? Non ha provato a trattare con lui in questi giorni? Io sono rimasta sorpresa da come sono andate le cose in questa settimana. Posso capire il disagio personale di chi perde le primarie, ma se guardo la piattaforma politica di Vanni Scalfi e la mia e poi quella di Robol è evidente che le affinità maggiori erano fra Scalfi e me. 

Su quali punti ad esempio? Beh, sulle Comunità di valle, sul ruolo del Pd e i rapporti con gli alleati, l'idea di fusione con l'Upt o del partito territoriale confederato, Robol ha una linea politica diversa da me e Scalfi. 

Quindi come si spiega questa scelta che l'ha messa in minoranza? Io ho cercato l'interlocuzione con Scalfi riconoscendo la sua leadership politica, non cercando di contattare uno a uno i suoi delegati come hanno fatto altri. Ma le conversazioni che ho avuto con lui non hanno avuto una dimensione politica vera e propria. Si è parlato di ruoli, spartizioni, personalismi e soprattutto tanto rancore personale, soprattutto verso il sindaco Andreatta. Ho trovato un clima molto rancoroso che ha reso impossibile ogni discussione sul piano politico. 

Ma non è vero che le ha chiesto un documento politico da sottoporre ai suoi 19 delegati? Sono stata io a chiedergli se voleva che mettessi per iscritto un documento politico. All'inizio mi ha detto di no, poi ha detto che mi avrebbe mandato delle domande lui, mai non si è più sentito e allora gli ho mandato lo stesso il mio documento. 

Il regolamento delle primarie prevede che se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta dei delegati in assemblea si faccia il ballottaggio fra i primi due. Così è andata. Certo, queste sono le regole, che non condivido ma è legittimo, però questo non vuol dire che se i due perdenti si mettono d'accordo per escludere chi è arrivato primo alle primarie non sia politicamente grave. È grave perché vuol dire non ascoltare la richiesta espressa dagli elettori. La mia proposta è quella che ha ottenuto il consenso maggiore alle primarie con il 37% al netto delle situazioni che definirei anomale o sui generis di alcuni candidati delle altre liste. 

Pensa che Robol avrebbe dovuto cercare un accordo con lei rinunciando a cogliere la possibilità di diventare segretaria? Io sono rimasta stupita che Giulia Robol prima ancora di fare una riflessione sulla sua sconfitta alle primarie, ha parlato subito di ballottaggio. Con Robol non avrei potuto trovare un accordo perché in questo caso sì ci sono due linee politiche diverse. Lei rappresenta lo status quo, la conservazione, io il cambiamento e l'azione riformista del Pd. Sui costi della politica quando io ho iniziato a parlarne, e per prima sono intervenuta anche sui vitalizi, mi davano della populista. Ora ne parlano tutti. Io rivendicavo il ruolo del Pd distinto da Upt e Patt mentre Olivieri e Manica, che sostengono Robol, vorrebbero la fusione con l'Upt e parlano di partito territoriale confederato. Penso che alla parte conservatrice del Pd abbia fatto paura il fatto che io sono una persona che vuole portare il cambiamento e prende voti. La differenza è stata evidente fin dalla composizione delle liste. Io non avevo nelle mie liste candidati che hanno organizzato le truppe cammellate, come abbiamo visto altrove. 

Eppure Scalfi l'accusa di non essere libera, perché tra i suoi sostenitori ci sono Tonini, Andreatta e Nicoletti, fra gli altri, ovvero i pezzi grossi del partito. La mia libertà l'ho dimostrata nei fatti. Tonini e Andreatta sono persone che apprezzo, ma quando hanno proposto la gestione unitaria io ho detto subito di no.