Che senso ha continuare a denigrare il sistema della solidarietà, solo per interessi elettorali di parte?

Per rispondere in modo incisivo al bisogno di servizi alle persone che vivono in condizioni di svantaggio, dal dopoguerra in poi si è consolidato nel cuore del Trentino un "progetto innovativo", reso possibile grazie ad una rete di alleanze solidali fra diversi settori, che ha permesso di sperimentare nuovi modelli di intervento e che è stato anche cassa di opportunità occupazionale.
Michele Toccoli, Associazione Docenti Senza Frontiere Onlus e componente Assemblea provinciale PD, 19 giugno 2019

Se pensiamo alla cooperazione di don Guetti, alla solidarietà internazionale dei missionari e delle associazioni per i Trentini nel mondo, al settore dell’accoglienza per i residenti più vulnerabili e per i migranti, al volontariato civile degli alpini (trasformato in protezione civile) e a quello dei vigili del fuoco, si può constatare che il Trentino ha dimostrato di avere nel proprio DNA il gene per sconfiggere l’egoismo, l’indifferenza, la paura, la solitudine.

 

E grazie a quanti negli anni passati hanno avuto responsabilità pubbliche per sperimentare nuovi modelli di intervento per le persone in situazione di disagio, si è creato un sistema di alleanze private ed istituzionali basato su principi di efficacia, efficienza e impatto sociale che ha condotto alla nascita di un vero sistema. E grazie a queste scelte, oggi possiamo definire con orgoglio la nostra terra come “Distretto del Sociale e della Solidarietà” come riconosce anche il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale nel Documento triennale di programmazione e di indirizzo 2017- 2019.

 

Oggi il Trentino, indebolito e deprivato in alcuni di questi settori dalle recenti disposizioni provinciali, non costruirà un futuro migliore per le nuove generazioni. Questa consapevolezza deve essere presente non solo nei giovani ma anche negli adulti che non hanno più voluto o creduto di mettere al centro la dignità delle persone e hanno scelto di incidere nel tessuto sociale e solidale che era un bene prezioso all’interno di ognuna delle comunità trentine, sottraendo risorse e servizi inclusivi.

Ma che senso ha continuare a denigrare il sistema della solidarietà, solo per interessi elettorali di parte? Pensare di poter fare a meno di uno o più di questi settori è un grave errore, perché così facendo, nel giro di una generazione, rischiamo di perdere le conquiste guadagnate con fatica dal dopoguerra in poi e meno solidarietà significherà meno opportunità e meno occasioni di crescita umana, culturale e lavorativa per tutti, in sintesi, meno libertà.
Michele Toccoli, Associazione Docenti Senza Frontiere Onlus e componente Assemblea PD, 20 giugno 2019

Quindi, prima che sia troppo tardi, dando il giusto peso alle cose, fermiamoci, confrontiamoci anche in modo aspro se necessario, nella consapevolezza però che si sta pur sempre parlando del bene del Trentino e dei suoi abitanti. Ci stiamo giocando non solo delle opportunità per i nostri figli ma anche la credibilità internazionale: è per questo chiediamo al presidente Fugatti di sederci intorno ad un tavolo e di dialogare.

Non si esercita la politica attraverso operazioni di disintegrazione di sistemi esistenti che funzionavano in modo efficiente ed efficace e al contempo occupavano dei lavoratori e lavoratrici, professionisti e professioniste trentini, che grazie alla loro preparazione e competenza garantivano più coesione sociale, più servizi mirati e più senso di sicurezza. Smantellare settori quali l’accoglienza e la cooperazione internazionale, non è una vittoria dei trentini, non è una vittoria nemmeno per coloro che hanno vinto le elezioni! E non rivela né lungimiranza e né saggezza.

Noi temiamo che l’irragionevolezza di questa strategia che sminuisce il volontariato, affiorerà prima o poi ma per il corpo elettorale di qualsiasi parte politica sarà troppo tardi. A quel punto ci si accorgerà della complessità del sistema e si valuterà che le criticità di queste posizioni erano maggiori dei punti di forza sostenuti/decantati; si comprenderà che una lotta alle reti di solidarietà non porta vantaggi a nessuno, anzi: avere una buona dotazione di servizi welfare ed elevati standard di politiche dell’accoglienza e di relazioni sociali internazionali può avvantaggiare il territorio; si capirà, ma sarà troppo tardi, che la vera via da percorrere per difendere una reale identità collettiva locale è quella di investire per moltiplicare la ricchezza e il capitale umano di questo settore ad elevato grado di coesione e solidarietà sociale; si capirà che per accelerare e migliorare la comprensione dei processi di globalizzazione e integrazione la strategia vincente è mantenere le risorse legate al volontariato.

Prima o poi i nodi vengono al pettine! Così dicevano gli anziani. Nel sistema della Solidarietà Trentina ci sono persone che percepiscono una retribuzione per il ruolo che svolgono. È inaccettabile però che per questo essa sia considerata un business: accanto ai cosiddetti “non volontari” trentini retribuiti (avviene così anche nella croce rossa, nei vigili del fuoco, nella protezione civile e in tutti sistemi...) ci sono tantissimi giovani e meno giovani disposti con fatica e dedizione a spendersi gratuitamente per il locale e il globale. Non si può e non si deve confondere il volontario che ha delle capacità e può metterle al servizio degli altri non avendo preoccupazioni di tipo economico, perché riceve già uno stipendio o una pensione, con la persona che avendo le competenze professionali necessarie sceglie di spenderle nel sociale come attività lavorativa. Non si può pretendere che i nostri giovani laureati, che manifestano uno spiccato senso di solidarietà e di cooperazione civile, dopo percorsi di alternanza scuola lavoro, tirocinio e stage gratuiti aziendali, possano vivere di volontariato. Il nostro welfare ha bisogno di persone formate e competenti professionalmente ma anche in possesso di sensibilità solidali e di competenze per la vita: le prime si acquisiscono con l’impegno, lo studio e l’esperienza sul campo, le altre si sviluppano in un contesto unito/coeso/solidale e in un territorio che non incoraggia l’individualismo ma sostiene il fare insieme e la giustizia sociale.

Prima o poi anche altri settori chiave ed indispensabili per l’economia del Trentino, dall’artigianato al turismo, dall’industria alla cooperazione, dalla ricerca al commercio, riconosceranno il rischio che comporta il non coinvolgimento di un’economia civile, fondata sui principi di reciprocità e fraternità.

Anche a nome di FArete, il consorzio che raggruppa settanta associazioni per la cooperazione, invito il presidente Fugatti ad un confronto sul futuro della cooperazione, perché la disponibilità collaborativa e solidale tipica della cultura di montagna che ha sempre caratterizzato il Trentino e per la quale è conosciuto in Italia e nel mondo continui a godere dell’apprezzamento e del sostegno di chi è al governo del bene comune.

Concludo con queste parole che don Lorenzo Guetti pronunciò nel 1895,

 

«Quando voi siete uniti in una società, vi ricordo, che siete non più voi soli, ma tanti fratelli d'una stessa famiglia, che voi non lavorate più per solo vostro conto od utile, ma per conto di tutti, pel bene sociale. Ancora; voi dovete bene imprimervi nella mente che la sola opera vostra non è sufficiente allo scopo comune, ma che è pur necessaria l'opera anche degli altri, che l'opera vostra stessa per essere proficua deve accordarsi con quella che viene altrove».