Profughi e punti nascita, quanta disinformazione

Caro direttore, la signora Maria Comper di Ravina tramite una lettera all'Adige si rallegra che grazie a Salvini non ci siano più profughi, e mi invita a spostare le risorse «risparmiate» per l'accoglienza per riaprire i punti nascita. Colpisce come informazioni ripetute migliaia di volte ancora non siano (o non vogliano essere) conosciute da qualcuno.
Luca Zeni, 4 settembre 2018


Innanzitutto ricordiamo che tutta la gestione dell'accoglienza per i richiedenti asilo è a carico dello Stato, che utilizza risorse in gran parte stanziate dall'Unione Europea. Come autonomia speciale il bilancio della Provincia deriva dalle imposte pagate in Trentino, con le quali finanziamo tutti i servizi e gli investimenti (scuola, sanità, ricerca, strade, agricoltura, turismo, enti locali, sport etc). I famosi 30 euro al giorno per i profughi, che utilizziamo per vitto, alloggio, formazione, sono risorse che lo Stato ci versa extra bilancio provinciale. 
Non potremmo utilizzarle per altri scopi.
Per quanto riguarda il numero dei profughi, dal luglio 2017 (ministro degli interni era Minniti) gli arrivi sono quasi azzerati. Salvini ha semplicemente esasperato la comunicazione, con la vecchia tecnica della propaganda di concentrare tutta l'attenzione mediatica su un nemico esterno per ricompattare il gruppo di riferimento. Ma i veri temi che insieme dovremmo affrontare riguardano i percorsi di autonomia per coloro che hanno il diritto di restare e i reimpatri di chi non ha tale diritto. Ma su questo al momento sentiamo solo silenzio da parte del ministro Salvini.

Sui punti nascita, non c'entra nulla la questione economica. Chiediamoci perché in tutto il Paese (ed in tutta Europa) si interviene sulla rete ospedaliera. La risposta è che in sanità non sempre piccolo è bello, e per garantire la qualità dei servizi occorre una certa casistica. È pacifico che partorire in un punto nascita con più di mille parti all'anno è più sicuro che partorire in uno piccolo; è lo stesso motivo per cui ad esempio le operazioni oncologiche o gli interventi in caso di ictus o infarto sono svolte nelle strutture maggiori: nessuno li riporterebbe nei piccoli centri, perché a rimetterci sarebbero i pazienti.
Ciò detto, come Provincia siamo impegnati in una costante ricerca del corretto equilibrio, che tenga conto delle condizioni orografiche del Trentino, in relazione con organismi tecnici nazionali e internazionali, perché sulla salute non si scherza e politica e mondo sanitario devono andare nella stessa direzione.

Sarebbe più facile promettere tutto ovunque, e siamo consapevoli di vivere in un'epoca in cui c'è chi è pronto a cercare consenso strumentalizzando temi così delicati, ma dovere di istituzioni serie è compiere scelte anche impopolari, che potranno garantire migliore qualità e sostenibilità dei servizi nel tempo.