Parte la caccia ai voti persi. Pd e Upt contestano Rossi

La stagione della caccia ai voti dell’Upt è aperta. Gli occhi della politica trentina sono già rivolti alle elezioni provinciali di ottobre e più d’uno ha capito che la differenza la faranno quei voti «evaporati» domenica nelle urne in buona parte a vantaggio della Lega e, in parte, del Pd. Nella dirigenza di Pd e Upt si sta facendo strada l’idea che, per recuperarli, si debba passare da un cambio di leadership.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 7 marzo 2018

Per capire di cosa si sta parlando, vale la pena ricordare che la legge provinciale assegna il premio di maggioranza a chi supera il 40%. A dispetto delle apparenze, il centrodestra è ancora lontano dal raggiungerlo: il 26,6 della Lega, l’8,4 di Fi e il 3,3% di Fratelli d’Italia, sommati, fanno il 38,3%. Abbastanza per umiliare nei collegi uninominali un centrosinistra che, sommando Pd (19,4%), Patt (4,9%) e Civica Popolare (2,2%), si è fermato al 26,5%, ma non per insediarsi a Piazza Dante. Soprattutto perché — come osserva un leader del centrodestra a microfoni spenti — «ripetere un successo simile è impossibile». Perché? Perché la Lega è solida e radicata, ma ha raccolto anche voti che alle provinciali — fino ad ora — sono andati altrove: in primis al Patt, che alle provinciali del 2013 aveva preso 41.689 voti e domenica ne ha «fidelizzati» solo 15.612. Va aggiunto che la performance di Fi, già non esaltante (circa 10.000 voti persi dal 2013) non pare avere grossi margini di miglioramento. «Non credo che rinnoverò la tessera» afferma il capogruppo Giacomo Bezzi. Ciò non significa che il centrosinistra, con un misero 26,5%, possa dormire tranquillo: il Pd tiene ma cala, il Patt deve recuperare circa 26.000 voti, l’Upt pare scomparsa dai tracciati radar.

In questo contesto, non è difficile capire quale peso possano avere quei 53.000 voti andati nel 2013 a Scelta Civica (31.653 alle provinciali per l’Upt dove l’affluenza è assai più bassa , 62,8% nel 2013). Un piccolo laghetto pieno zeppo di pescatori.

I primi, sono gli storici proprietari, che vogliono riprenderseli. «Il paragone con Scelta Civica non si può fare — premette il capogruppo dell’Upt Gianpiero Passamani —, era un blocco di centro, Monti aveva appena salvato l’Italia. Domenica abbiamo poi pagato il fatto che il simbolo non era conosciuto e che più d’uno ha votato Pd perché temeva (come poi è successo, ndr) che quei voti andassero persi. Detto questo, la sconfitta è evidente. Non possiamo dire che dipende tutto dall’aria nazionale. È la seconda sconfitta politica che il centrosinistra autonomista subisce dopo quella del referendum costituzionale. Il Pd ha tenuto, ma il Patt che da cinque anni esprime presidente e otto consiglieri ha preso il 4,9%. La coalizione è malata e gli elettori ci hanno chiesto novità, anche nelle persone». Passamani non parla esplicitamente di Rossi, ma il messaggio è chiaro. Così come lo è quello di Mario Tonina: «Tutta la maggioranza deve riflettere su quanto successo, è una questione di rispetto verso gli elettori. Anche il Patt lo deve fare. Non si può dire che l’amministrazione locale non c’entra nulla. Siamo sicuri che l’accentramento di alcuni servizi sia stato indifferente? Siamo sicuri che ognuno di noi abbia fatto campagna elettorale, che ognuno abbia continuato ad ascoltare le persone comuni? Ci serve un progetto, non un’altra campagna acquisti».

Alessandro Olivi va oltre. «Lungi da me volere attaccare Rossi in questa fase, ma si deve prendere atto che l’asse forte con Bolzano, giustissimo su un piano istituzionale, sul piano politico è fallito. L’asse Patt-Svp non basta a dare risposte politiche a un territorio, il Trentino, che è diverso. Ora — continua — tre errori dobbiamo evitare: pensare che basti accodarci a Bolzano, subire passivamente le ondate nazionali e permettere che i civici diano vita a un quarto polo. Il centrosinistra deve ragionare di tutto questo, non basta dirci che tra sei mesi tutto tornerà come prima, attenzione. Il Pd ha dimostrato di essere la forza più solida e deve svolgere un centrale in una proposta che mantenga un’identità chiara, ma dialoghi anche con gli amministratori». Sì perché, a pescare nel laghetto — con centrosinistra e centrodestra — ci sono anche i civici, che potrebbero essere tentati di accreditarsi come l’ago della bilancia. «Credo — osserva Passamani — che ora i tempi siano maturi per far partire con loro la nostra costituente. Sono sicuro che alle politiche abbiano votato per noi, anche se non hanno fatto campagna elettorale».

E i 5 Stelle? Tutti si attendono una loro nuova affermazione rispetto alle scorse provinciali, ma la modesta crescita alle politiche non lascia presagire possibili trionfi.

 

«A Trento avrei potuto fare meglio. Ora torno a fare il professore»

C’è chi parla di errori di comunicazione commessi in campagna elettorale, o chi dà la colpa del tracollo del Pd in questa tornata elettorale al mancato rinnovamento dei volti politici. E ancora chi, come Michele Nicoletti, il candidato del Pd sconfitto nel collegio camerale di Rovereto dalla leghista Vanessa Cattoi, inserisce la débâcle in una tendenza internazionale che vede l’affermarsi sulla scena politica «di chi propone la chiusura come antidoto ai problemi della globalizzazione». In Italia, «M5s e Lega, non certo il Pd». «È riduttivo dare colpe sul piano delle scelte di estetica politica dell’ultimo momento — sostiene il deputato uscente — Il voto, anche in Trentino, è stato un voto nazionale».

Guardando alla sua candidatura, crede che avrebbe avuto più chances di essere eletto, se le fosse stato assegnato il collegio di Trento?

«Sarebbe stata una candidatura più naturale, e avrei forse fatto un risultato migliore. Col senno di poi, però, dico che la proporzione della sconfitta del centrosinistra è tale che, forse, non avrei vinto comunque».

Secondo lei il Pd, in Trentino, paga le scelte di Matteo Renzi? Oppure, come rimprovera la Lega, non è riuscito ad essere sufficientemente territoriale?

«Le scelte di Renzi hanno generato pareri contrari, ma non hanno determinato la sconfitta. Per quanto riguarda la presenza sul territorio, devo riconoscere alla Lega il mantenuto di una militanza e un attivismo politico che molti partiti non hanno. Come coalizione di centrosinistra autonomista eravamo altrettanto attivi, ma potremmo aver pagato l’essere percepiti come forza di governo e non come forza tra la gente. Su questo bisogna lavorare».

Un rinnovamento nel coordinamento e nella segreteria del Pd trentino andare in questa direzione?

«Quando si sbaglia, è giusto mettersi in discussione e superare i contenuti, il metodo e la squadra, ma tenendo presente la meta».

La vostra è molto vicina, in ottobre.

«Sì, e dobbiamo arrivare alle elezioni provinciali con una proposta di riforma più forte. In questa legislatura il Pd ha fatto il bene dell’Autonomia. Ho invece l’impressione che le forze politiche uscite vincitrici da queste elezioni politiche non abbiano dimostrato una spiccata propensione autonomistica, se non a parole».

Ha intenzione di rimettersi in gioco alle provinciali?

«Cercherò di dare un contributo in termini di pensiero nei mesi che ci separano dall’appuntamento elettorale, ma il mio impegno non va oltre. Sarò occupato nella transizione della presidenza a Strasburgo, dove rimango in carica ancora per alcuni mesi di proroga. Poi tornerò a fare il professore».

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«Servono novità o a ottobre perdiamo», C. Bert, "Trentino", 7 marzo 2018 «Abbiamo preso un doppio 5 a 0, prima al referendum costituzionale e adesso alle politiche. E quando a calcio perdi così, non dai la colpa all'arbitro. Qui c'è un ammalato, il centrosinistra autonomista. O ne prendiamo atto e cambiamo qualcosa, altrimenti a ottobre si perde». Gianpiero Passamani lo dice mentre ancora deve smaltire la pesante sconfitta di domenica, che ha relegato l'Upt ai 6200 voti presi con Civica Popolare, un 2% che nessuno alla vigilia immaginava in Trentino e che umilia il partito di Dellai. Ma il capogruppo Upt parla il giorno dopo le dichiarazioni del governatore Ugo Rossi, che nella sua analisi del voto ha attribuito la sconfitta alla dinamica nazionale e ha messo in chiaro: «Non era un referendum su di me e sul governo provinciale».

Ma dentro la maggioranza la lettura tranquillizzante del presidente - condivisa dai vertici del suo partito, il Patt, che pure ha visto la pesante sconfitta del suo segretario e senatore uscente Franco Panizza - non convince. Lunedì, a risultato ancora caldo, la sveglia era arrivata dal Partito Democratico. «C'è un voto di stanchezza», ha avvertito il capogruppo provinciale Alessio Manica, «se non ci poniamo il problema rischiamo che quello di domenica sia un'anticamera del voto di ottobre». «Occorre ridiscutere progetto e persone», ha ammonito il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, «certi candidati sono stati percepiti come professionisti della politica». Ieri è stata la volta dell'Upt. «È stato un risultato inaspettato in questa misura, non possiamo nasconderci che abbiamo subito una seconda sconfitta dopo quella del referendum che era un voto politico», analizza Passamani, «e oggi non possiamo dare la colpa solo al vento nazionale. L'Alto Adige ha frenato l'onda leghista, noi no.Gli elettori ci hanno chiesto novità».

Ma quali, novità? Il capogruppo Upt ne indica due. La prima, di assetti, riguarda il rapporto con i sindaci civici, che giusto due giorni fa hanno annunciato che alle elezioni di ottobre ci saranno con proprie liste. «Credo nella costituente con i civici, dobbiamo ricomporre mondi che si sono sempre appartenuti - esorta Passamani - a queste elezioni alcuni di loro ci hanno votato, ma a titolo personale. Dobbiamo costruire un progetto politico, altrimenti il pericolo di perdere anche a ottobre c'è». La seconda esigenza di novità riguarda, secondo Passamani, il personale politico. «Tutti dobbiamo metterci in discussione».

Ma se il consigliere Upt rilancia l'alleanza civica, nel Pd il vicepresidente della giunta Alessandro Olivi torna a rilanciare un'altra opzione, quella della fusione di Pd e Upt: «Non è più il tempo delle piccole casupole. Pd e Upt diano sostanza al patto siglato qualche mese fa. Uniamoci e diamo vita in Trentino a un grande partito riformista alleato del partito autonomista, quello che non abbiamo fatto quando è nato il Pd. Questa sì sarebbe una novità politica importante in vista delle provinciali». Per Olivi liquidare il voto di domenica solo come un effetto di un vento nazionale sarebbe «pericoloso»: «Come coalizione dobbiamo porci il problema dello sfondamento in Trentino delle dinamiche nazionali. Se una parte del nostro elettorato ha ceduto alla propaganda leghista, dobbiamo convincerlo con un progetto che affronti temi che gli elettori hanno indicato come importanti, il fisco, la sicurezza, il lavoro, il rapporto con la pubblica amministrazione. La nostra diversità - avverte - non può avere la base etnica dell'Alto Adige, non basta il vessillo dell'autonomia».

«Basta rivendicare una superiorità in ragione di ciò che si è fatto. La domanda di novità c'è - prosegue Olivi - il rinnovamento va gestito senza improvvisazione». E a guidare il rinnovamento, per il vicepresidente non può che essere il Pd, che pure esce a sua volta sconfitto dalle elezioni politiche: «Poniamoci innanzitutto il problema di recuperare il rapporto con alcuni mondi che abbiamo perso, e poi parliamo di leadership. Occorre superare una fase asfittica, trovare qualcuno che si carichi della responsabilità di guidare questa fase politica e dobbiamo dirci se il Pd vuole candidarsi alla guida della Provincia, o se invece vogliamo solo fare una bella lista e garantire l'elezione ad alcuni. La fedeltà istituzionale ci ha fatto rinviare il tema, ma oggi abbiamo bisogno di rimotivare il nostro elettorato. E come possiamo farlo - si chiede - se l'obiettivo che ci diamo è supportare un disegno politico in una coalizione in cui non siamo decisivi?». Un nodo che il partito (vedi pezzo in basso nella pagina) nelle prossime settimane sarà chiamato a sciogliere.