«Urbanistica e agricoltura. Due deleghe da rivendicare»

«Per la prossima legislatura il Pd dovrebbe rivendicare la competenza sull’urbanistica e quella sull’agricoltura. Sarebbe, oltretutto, una spinta alla realizzazione del percorso territoriale che abbiamo indicato come partito e un’opportunità per costruire un modello di Trentino del futuro». L’incontro conclusivo della scuola di formazione del Partito democratico — organizzata sotto l’egida di Andrea La Malfa — ha messo sotto la lente il governo del territorio e la materia urbanistica.
S. Casalini, "Corriere del Trentino", 17 dicembre 2017

 

 

Alessio Manica, capogruppo provinciale, sollecitato da una domanda del pubblico, ha indicato una rotta da seguire. Riottenere la delega sull’urbanistica a distanza di quindici anni dall’ultima volta che un esponente di sinistra la gestì. Fu Roberto Pinter, nella legislatura che terminò nel 2003 e che fu scavalcata dal secondo governo Dellai apertosi con una crisi politica. Tra gli elementi di conflitto, ci fu proprio la sottrazione della delega alla sinistra.

Nel ragionamento a due voci, Manica e la presidente del Pd Donata Borgonovo Re, è emerso chiaramente il senso della prospettiva. Lungi dal voler dissipare il lavoro degli ultimi anni, i due esponenti dem — che sono stati anticipati nel loro dibattito dalla relazione di Anna Simonati, professore associato di diritto amministrativo all’università di Trento — sono partiti dal rilevare «una lacuna di visione nel progetto sociale dei vari strumenti urbanistici» che si sono succeduti negli anni. A partire dal mitizzato primo Pup del ‘67 che coglieva l’esigenza di riequilibrare il rapporto città-valli ma con strumenti che oggi sono superati. E con un’ossessione per lo sviluppo. «Per fare in modo che la montagna abbia un futuro dobbiamo lavorare nelle comunità. Il Pup di Samonà è stato molto importante — osserva Borgonovo Re — ma ci sono scelte che dal punto di vista economico e sociali sono insostenibili. Penso ai cinque aeroporti di valle». «Oppure la mobilità — aggiunge Manica —. Fu un Piano di grande rilevanza, tuttavia la sua celebrazione odierna mi sembra eccessiva».

Un altro tema dirimente sono i livelli di pianificazione: comunale, di comunità e provinciale. «È essenziale — rimarca Manica — che rimanga quello di comunità dove, da più parti, osservo spinte per la sua soppressione ripristinando il binario Comune-Provincia». «A volte le amministrazioni comunali appaiono deboli di fronte agli interessi privati — rincara la presidente — e la dimensione di comunità ha proprio la funzione di mediare». L’obiezione, facile, è che la tentazione di indebolire ulteriormente l’ente intermedio è l’esito della «controriforma» istituzionale che di fatto ha sterilizzato una parte delle potenzialità e degli obiettivi delle Comunità di valle, sia a livello politico che di programmazione territoriale. «La revisione della riforma istituzionale si è giustificata per la contrarietà netta emersa dai sindaci e per un’ostilità presente anche a livello di opinione pubblico — risponde il capogruppo dem —. Forse non sono state spiegate adeguatamente, ma le Comunità di valle sono passate come nuovi carrozzoni. E sicuramente in maggioranza c’erano opinioni divergenti. Tuttavia, nella prossima legislatura sono convinto che vada riaperta una riflessione sul depotenziamento delle Comunità perché sono state ridotte ad un rapporto tra sindaci».

Infine, i cambiamenti climatici. Saranno con insistenza protagonisti delle future programmazioni urbanistiche e lo sono anche nel presente. Sostenibilità, limite, revisione strategica sono concetti ancorati al dibattito pubblico, ma talvolta difficili da tradurre. Un esempio? Passo Rolle o la mobilità nella Busa. «Su Passo Rolle ci siamo arrabbiati molto perché il progetto presentato da La Sportiva poneva il tema di come ripensare il turismo invernale. Ma da quella tensione è nata una disposizione ora nella finanziaria per valutare in futuro la dismissione degli impianti da sci e la loro sostituzione con progetti alternativi» analizza Borgonovo Re. «Nelle valli il Trentino ha un sistema turistico invernale fondato sugli sci — le fa eco Manica —. È impensabile smantellarlo. Ma saranno gli stessi attori economici a porsi il problema perché l’utenza sta già cambiando abitudini. Sul Rolle la volontà politica è stata debole, ma anche gli operatori economici locali hanno voluto la conservazione. Quanto alla Busa, era giusto realizzare la nuova arteria che darà respiro all’abitato di Nago. Ma il treno è il futuro e anche gli amministratori locali se ne stanno rendendo conto. La ferrovia è un’opzione reale nell’Alto Garda come in Valsugana e val di Fiemme. Crediamoci».