L'Autonomia si nutre di compromissione

Recentemente abbiamo avuto purtroppo riscontro che il percorso partecipativo, che tanto doveva contribuire al lavoro di revisione dello Statuto di Autonomia, è stato un mezzo fallimento. Gli incontri nelle valli sono stati scarsamente partecipati, per non parlare del convegno organizzato a metà settembre: una manciata di persone in tutto, e pensare che l'iniziativa della due-giorni di laboratori era riservata proprio a chi non si è nemmeno affacciato sulla soglia, la tanto corteggiata e attesa “società civile” di cui non s'è vista nemmeno l'ombra”.
Alessio Zanoni, 27 ottobre 2017

E’ l’affievolirsi dei rapporti fra le comunità e i luoghi dell’autogoverno che causa questo distacco, questa estraneità dalle origini; una disaffezione che nel tempo può portare all’oblio.
Quando un progetto di autogoverno non sa più trasmettere alle Comunità di appartenenza un senso di “compromissione identitaria”, significa che non è più in grado di valorizzare le differenze fra di esse e ciò le porterà inesorabilmente a misurare le stesse non più in termini valoriali ma di mero torna conto materiale. 
Già abbiamo notato questo approccio in molte occasioni anche recenti e ricordo con amarezza uno slogan elettorale di qualche anno fa che descriveva la Provincia Autonoma di Trento come la gallina dalle uova d’oro dove importante per un territorio come il nostro, spesso sotto rappresentato nell’Assise provinciale, era arrivare per poterne approfittare!
Importante invece non è esserci per essere rappresentati ed avere così il proprio tornaconto, ma esserci per poter testimoniare ciò che si è al fine di contribuire in tal modo nella crescita comune. Sentirsi “compromessi” nei processi decisionali significa sentirsi parte di un progetto che ha come primo interesse non quello di esaltare se stessi ma quello di valorizzare un disegno complessivo. Una presenza concreta porta gli altri alla considerazione e al riconoscimento. Questa è l’autorevolezza che serve per promuovere in positivo una presenza; diversamente significa invece esserci per pretendere, in negativo, un tornaconto. 
Questo è ciò che ciclicamente i vari “Mentana di turno” non hanno e non riusciranno mai a comprendere perché, pur carichi di un loro importante bagaglio culturale dello stesso rischiano spesso di rimanerne schiavi; incapaci di comprendere con i loro riferimenti ciò che invece va compreso con l’impegno e la passione che ovviamente loro mai in questo percorso hanno praticato. Ignorano che qui c’è stato un percorso millenario di autogoverno che ha reso “fertili” le nostre valli; ignorano che qui, grazie alla speciale Autonomia di cui godiamo, nel secondo dopo guerra si è scongiurato il rischio della guerra civile per l’indipendenza e la secessione fra i vari gruppi linguistici e che oggi regna una straordinaria e pacifica convivenza. 
Purtroppo però in questi anni non sempre siamo stati in grado di riconoscere i confini entro i quali rimanere per promuovere questi valori ed è sconvolgente (nel vero senso del termine) che una coalizione di governo espressione dell’Autonomia trentina abbia saputo partorire una legge sui vitalizi del tutto contrapposta al sentire comune dei propri rappresentati. Peggio ancora nell'aver perseverato bocciando un disegno di legge di iniziativa popolare proposto dalle Acli per il solo fatto che tale disegno è stato considerato dalle forze politiche di maggioranza “perfettibile” . Invece di trovare responsabilmente una soluzione a tale problema si è preferito respingere anche ciò che di fatto dal basso con 10.000 firme, in supplenza, è stato predisposto. Questo è un esempio che da solo fa comprendere il perché della disaffezione all’Autonomia di oggi. 
Per provare a recuperare un rapporto con chi vive nei territori è fondamentale che questi siano messi nelle condizioni reali di poter portare “dentro” i luoghi delle decisioni “il sentire comune” e che questi luoghi tornino a valorizzare le potenzialità della propria terra. La virtuosità dell’autogoverno sta nel mettere al servizio di tutti le esperienze positive dei singoli poli identitari in una forma di altruismo positivo che sa far crescere il senso di appartenenza. 
Per questo motivo andrebbe ricercata, nella legge elettorale provinciale, una previsione che sappia dare ad ogni ambito il giusto spazio di rappresentanza. Più volte dai territori si è proposto di introdurre nella stessa i collegi elettorali, ma ormai siamo più che certi che così non sarà. Rimarrà una legge “trentocentrica” che continuerà a garantire sovra rappresentanza della città rispetto ai singoli territori.
Ora, a mio avviso, rimane ancora aperta una strada di responsabilità nei confronti della nostra terra e delle nostre comunità al fine di dare loro il giusto spazio di rappresentanza in seno all’Assemblea legislativa provinciale, uno spazio che il centro sinistra autonomista alto gardesano potrebbe garantirsi solo se saprà presentarsi compatto in una unica lista formata da tutti i referenti dei singoli Partiti provinciali che lo compongono. Non una lista civica, ma una lista “pluripartito”, dove i valori delle singole forze politiche siano presenti sotto un unico contenitore e dove i candidati territoriali sappiano garantirne la loro differenza. Una lista del tutto funzionale al progetto politico del centro sinistra autonomista, che non ha come obbiettivo quello di contare ma solo quello di esserci per portare la presenza attiva del nostro territorio. 
Diversamente da tutto ciò si assisterà nuovamente alla ormai avvilente prassi dei referenti di partito che si affanneranno nei “territori di frontiera” alla ricerca “dell’utile idiota” da sacrificare per il bene del Partito, mentre in tutti già regna la convinzione che riuscire nell’impresa di risultare eletti rappresenta orami solo un miraggio.
Potrei già rassegnarmi e non scrivere - vuoi perché c’è sempre qualcuno che è più interessato ad esaltare le ambizioni personali rispetto ai progetti comuni, vuoi perché in fondo un po’ a tutti magari conviene non esporsi troppo nel rischiare per qualcosa di più grande quando, tutto sommato, rimanendo nell’alveo che conta quantomeno un panicello caldo per sé può essere ancora garantito - ma in fondo penso sia opportuno che si sappia che c’è ancora tempo e modo, se si vuole, per percorrere una nuova via politica dentro il nostro progetto di centro sinistra autonomista che valorizzi i territori e con essi anche l’Autonomia Trentina.