Centrosinistra, non esiste un’alternativa

Lo scenario politico provinciale si fa confuso, litigioso, caotico. I partiti della coalizione di governo sembrano propensi a parlarsi sui giornali invece di privilegiare sedi partitiche e istituzionali dimenticando, quindi, che la buona «polis» necessita di stile, classe, garbo.
G. Hamel, "Corriere del Trentino", 14 settembre 2017ù

 

Essa è costruita sul confronto anche duro e aspro, ma alla fine la sua immagine pubblica deve rispecchiarne una linea pulita, un orizzonte chiaro, una visione netta frutto di un’avvenuta elaborazione negli organismi dirigenti.

L’alternativa al governo della coalizione di centrosinistra autonomista non esiste e non può essere rappresentata dai sindaci civici poiché molto distanti sono le posizioni politiche e di pensiero tra i primi cittadini che hanno scalzato a macchia di leopardo, nel 2015, alcuni sindaci del centrosinistra. Tra i più «spendibili», vi sono infatti coloro che cercano di avvicinarsi in punta di piedi alla coalizione di governo: un matrimonio utile sia per la coalizione che deve rinnovarsi e allargare la base di consenso sia per quei primi cittadini che non vogliono rischiare la sconfitta alle prossime amministrative. Meglio, insomma, tentare il salto dall’orizzonte locale a quello provinciale finché la parabola è ascendente onde evitare di sfidare la sorte e i mutevoli umori popolari nel 2020.

Un cambio di schieramento non può nemmeno avvenire affidando le redini del governo provinciale a una destra frammentata e individualista (ridicola la presentazione di ben cinque diversi candidati presidente nel 2013) la quale, invece di tracciare una speranza per il territorio guardando ai moderati, si trincera nel facile gioco degli slogan cavalcando biecamente paure e percezione di insicurezza e vendendo con i suoi teleimbonitori ricette fiscali impossibili (flat tax) e semplicismi che mal si mescolano con la responsabilità di autogoverno dello speciale statuto d’autonomia.

Nemmeno il Movimento Cinque Stelle può candidarsi a raccogliere l’eredità del centrosinistra autonomista. I grillini hanno infatti la responsabilità, politica e storica, di aver fatto saltare l’approvazione della nuova legge elettorale; legge che avrebbe garantito adeguata rappresentanza alle minoranze linguistiche in Regione. La prova di governo dei pentastellati è oltretutto fallita miseramente, ovunque amministrano le città cadono a pezzi.

Il movimento di Grillo è nato con il V-day (inutile ricordare per quale miserabile insulto stia l’iniziale «V»), ha sdoganato il complottismo sui social network, la cultura del giustizialismo e ha permesso ai più impreparati di entrare nelle istituzioni saltando qualsiasi forma di preparazione e gavetta delle scuole di partito. I risultati del resto si vedono in maniera chiara.

Dunque, l’alternativa al centrosinistra autonomista non c’è. Tale scenario dovrebbe preoccupare in primis la coalizione stessa poiché la responsabilità diventa maggiore. Proprio per questo lo spettacolo indecoroso delle dichiarazioni dette e non dette e delle controrisposte sui quotidiani deve cessare lasciando spazio ai contenuti, ai programmi, alle proposte per guidare un Trentino verso una piena occupazione, un welfare dinamico, una sanità di qualità e sostenibile, una scuola e un’università moderne, collegate al mondo del lavoro, una rete culturale di prospettiva. Si parli dei risultati amministrativi della coalizione puntando i riflettori su cosa, invece, si deve ancora fare o migliorare.

Vorrei, infine, evidenziare due questioni legate all’Italia e all’Europa. Dopo Gentiloni ci sarà Gentiloni, lo schema tripolare di cui ci parlano i sondaggi sarà confermato nella composizione proporzionale del prossimo Parlamento, ma il percorso di integrazione europeo va proseguito. Il discrimine tra forze di governo e forze di sfascio è l’adesione all’ideale europeo. Il prossimo governo dovrà ribadire la posizione dell’Italia e impedirne l’isolamento. Come accade in Germania da dodici anni (e le elezioni federali lo confermeranno) è importante che le forze del Partito socialista europeo e del Partito popolare europeo isolino in Italia gli estremisti euroscettici presenti tanto nella sinistra radicale quanto nella destra fasciolepenista di Salvini e Meloni. Il Pil che torna a correre, i risparmi di famiglie e imprese che crescono, il prezzo del petrolio basso sono fattori che giocano per la stabilità politica e l’Italia in ripresa economica va sostenuta da un governo europeista. Ridicoli sono i veti incrociati tra Pd e Mdp, tra Mdp e Pisapia, tra Pisapia e Ap. Lo schema tedesco è importante e gli avversari stanno fuori: sono gli euroscettici, quelli che ci vogliono far tornare indietro di sessant’anni all’epoca degli staterelli i quali non conterebbero niente nel mondo globalizzato di oggi in cui si richiede, per governare i cambiamenti, un’Europa forte e unita.