Bufera sugli assessori fassani. Zeni: «Loro parole inaccettabili»

«Parole inaccettabili. In un momento storico carico di tensioni sociali, chi ha responsabilità nelle istituzioni dovrebbe avere un surplus di responsabilità e collaborare a trovare soluzioni». L’assessore alle politiche sociali Luca Zeni non fa sconti agli amministratori fassani e ai loro commenti postati su Facebook a proposito della ribellione dei migranti esplosa nel centro di accoglienza di Cona, nel veneziano.
C. Bert, "Trentino", 6 gennaio 2017

 

 

Ricordiamoli, quei commenti. «Ieri gli immigrati di un centro a Verona si sono lamentati della poca igiene del centro, allora io stamattina mi sono alzato alle 4 x finire prima il mio lavoro e adesso parto x Verona con scopa e spazzettone, sia mai che qualcuno di loro voglia tornare nel paese d'origine. Perderemo tanta forza lavoro. Qualcuno viene con me?», ha scritto Martin Boso, assessore a cultura e sport del Comune di Campitello. «Io ci sono», gli risponde il vicesindaco di Campitello Stefano Sommavilla (che è anche marito della procuradora Elena Testor). E il rappresentante dei commercianti di Canazei Fabrizio Valeruz va oltre: «Ti seguo anch'io con la mazza, ma quella da baseball però!!!». «Questa non è la mia val di Fassa, dove auspico crescano i miei figli», reagisce indignato Giuseppe Detomas, consigliere provinciale della Ual, «mi dissocio nel merito e nei toni, e certo fa pensare e preoccupa che a pronunciare certe frasi siano degli amministratori che hanno la responsabilità di un Comune».

Lo scorso ottobre a Soraga ignoti avevano cercato di dare fuoco alla struttura che avrebbe dovuto ospitare una ventina di profughi. «Io stesso ero scettico su una concentrazione così forte in una realtà piccola come Soraga - spiega Detomas - ma allo stato in val di Fassa non c’è ancora neanche un profugo. Mi sono riconosciuto nella reazione corale che le istituzioni hanno avuto dopo l’episodio di Soraga, sono stati messi a disposizione 5 appartamenti, la migliore risposta alle parole che abbiamo letto su Facebook sarebbe di renderli effettivi. La val di Fassa potrebbe essere un modello a livello nazionale, abbiamo 2 mila lavoratori stranieri nel turismo, significa che le opportunità di lavoro e di inserimento ci sono». Anche l’assessore Zeni riconosce che «dopo Soraga in valle c’è stata una reazione di impegno, l’iter si è avviato e 5 appartamenti sono stati individuati e saranno presto a disposizione. Gli stessi amministratori hanno capito che accogliere 5 migranti per Comune è perfettamente sostenibile, ecco perché le parole degli assessori di Campitello oggi amareggiano ancora di più. Per evitare casi come quello veneto occorre capire che c’è un’unica strada, quella in cui tutti si fanno carico dell’accoglienza. Se tanti Comuni si chiamano fuori, com’è avvenuto, tutto diventa insostenibile». Sul caso interviene anche il segretario del Pd trentino Italo Gilmozzi: «Parole idiote da condannare nel modo più fermo, dal punto di vista morale prima che politico. La cosa triste è che vengano dette per farsi belli di fronte alla gente del proprio paese, e magari a pronunciarle è gente che ogni domenica va a messa». «Se questi amministratori fossero al governo - prosegue Gilmozzi - non potrebbero andare con la scopa e la mazza. Parole come queste portano a un distacco ancora maggiore dalla politica». A commento dell’articolo del Trentino di ieri intervengono anche il segretario della Cgil Franco Ianeselli («Mai nascondere i problemi, ma istigare alla violenza è inaccettabile. E non pare che la val di Fassa sia ridotta come una banlieue») e Jacopo Zannini (consigliere in Centro storico): «Parole folli, come amministratore mi vergogno. Mi aspetto che i consigli comunali di appartenenza chiedano le loro dimissioni». 

 

Un centro espulsioni anche in regione, C. Bert, "Trentino", 6 gennaio 2017

Accoglienza diffusa per evitare grandi concentrazioni di immigrati in uno stesso posto e un centro di identificazione ed espulsione (Cie) in tutte le regioni, tranne Molise e Valle d’Aosta, da un centinaio di posti al massimo. Questo in sintesi il nuovo piano del governo sull’emergenza profughi che il ministro dell’Interno Marco Minniti presenterà alla prossima conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio. Per il momento alla Provincia, spiega l’assessore Luca Zeni, non sono arrivate comunicazioni in proposito da Roma né dal commissariato del governo. «Da noi non sono previsti centri di espulsione», ha dichiarato due giorni fa il governatore altoatesino Arno Kompatscher. Ma d’altra parte è difficile pensare che una regione di confine come il Trentino Alto Adige, con il corridoio del Brennero che rappresenta una delle principali vie di transito verso nord, resti escluso da un piano che coinvolgerà tutte le regioni italiane.

Il piano dei nuovi Cie. Le anticipazioni del piano sono state pubblicate ieri dai principali quotidiani nazionali e in una conferenza stampa a Palazzo Chigi il ministro ha invocato «una visione complessiva del problema». Dentro questa visione, sul fronte del rigore verso chi non ha diritto di restare in Italia, Minniti ha detto che «occorre rendere effettivi i respingimenti forzati per rispettare la legge». «Ma è difficile - ha aggiunto - pensare ad un respingimento immediato, non esistono le procedure. La persona irregolare va trattenuta in un luogo nel quale, se si passa al respingimento, questo possa essere attuato». Di fronte al coro di critiche che si è levato in questi giorni, anche da parte di molti governatori del centrosinistra, Minniti ha chiarito che i nuovi centri di espulsione «non avranno nulla a che fare con i Cie del passato, non c’entrano con l’accoglienza dei richiedenti asilo. Riguardano coloro che, alla fine di un percorso, non hanno avuto un esito positivo» da parte delle commissioni che vagliano le richieste di asilo. Il ministro ha spiegato che i nuovi Cie avranno «piccoli numeri, una governance trasparente, e un potere esterno, un garante dei diritti degli immigrati, che vigilerà sulle condizioni di vita dentro questi centri, dove va garantito un livello molto alto di dignità delle persone». L’assessore Zeni non chiude all’ipotesi. «Il governo sta accelerando su un modello diverso. Se il Cie è quello che abbiamo conosciuto in passato, grandi campi, permanenze lunghe, allora è evidente che siamo contrari. Ma se sono luoghi finalizzati a rendere effettiva l’espulsione, insieme ad accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei migranti, allora si tratterebbe di una risposta corrette. Sapere che il controllo è rigoroso rallenterebbe anche i flussi in partenza verso l’Italia». «Il modello di accoglienza e l’espulsione degli irregolari è quello che condividiamo».

Arrivati 25 nuovi profughi. Ieri in Trentino sono arrivati, inviati dal Viminale, 25 nuovi richiedenti asilo che sono stati accolti nei due centri di prima accoglienza, la residenza di via Fersina e il Centro di Marco di Rovereto da dove poi saranno dirottati altrove. Con i 25 nuovi arrivi il numero dei profughi in Trentino è salito a 1456, ma in questo momento resta al di sotto del contingente assegnato che è di 1474. «Negli ultimi due mesi non abbiamo avuto arrivi e ci sono state delle uscite», ricorda l’assessore.

Ricerca alloggi. Il previsto calo degli arrivi, come sempre avviene nella stagione invernale, ha offerto quel respiro su cui la Provincia contava sul fronte dell’accoglienza. «La situazione è stabile», conferma Zeni, «e un po’ alla volta stiamo implementando gli appartamenti a disposizione». Alcuni incontri con gli amministratori sono in programma anche la prossima settimana, un certo numero di alloggi è al vaglio delle strutture provinciali e del Cinformi incaricati di valutare l’idoneità delle strutture. Gli ultimi dati indicano che, nonostante i reiterati appelli della Provincia, sono ancora solo 39 su 177 i Comuni trentini che si fanno carico dell’accoglienza: Trento e Rovereto da soli ospitano sul proprio territorio più di 850 persone, pari al 70% degli arrivi. L’ultimo inserimento consistente è stato a Lavarone: 24 ragazze nigeriane arrivate un mese fa nell’ex Casa di soggiorno delle suore. Qualche giorno prima il portone d'entrata era stato incendiato da una mano (tutt'ora ignota) come gesto intimidatorio.