Una semplice questione di civiltà

Una richiesta di sostegno all'espressione della libertà di parola (e dunque anche di parola critica) sta girando sul web. Nella Turchia di Erdogan è in corso un'azione di repressione indegna di uno Stato di diritto: decine e decine di professori universitari, ricercatori e intellettuali sono stati interrogati e persino trattenuti in carcere con l'accusa ufficiale di essere "spie, traditori, nemici dello Stato".
Donata Borgonovo Re, "Trentino", 21 gennaio 2016

 

La loro colpa? Aver sottoscritto un appello di condanna della violenta repressione condotta dall'esercito turco dall'autunno scorso nelle regioni curde del sud est del Paese.
«Il diritto alla vita, all'incolumità fisica, alla libertà, all'essere sicuri dagli abusi, torture e maltrattamenti, praticamente tutte le libertà civili garantite dalla Costituzione turca e dalle Convenzioni internazionali vengono violate»: così recita l'appello, sottoscritto ad oggi da più di 2000 intellettuali, che chiedono al loro Governo di cessare la repressione e di ricercare una soluzione pacifica del conflitto anche con la collaborazione di osservatori nazionali e internazionali. La reazione delle autorità turche, così come è stata riportata dalla stampa nazionale, appare decisamente sproporzionata rispetto alla trasparente e pacata richiesta dei firmatari, accusati di essere "agenti fiancheggiatori del terrorismo" che "mettono in pericolo l'unità del Paese".

Le intimidazioni, le minacce, i licenziamenti (soprattutto nei confronti dei docenti delle università periferiche, meno visibili al mondo occidentale e dunque meno 'protetti'), le incarcerazioni arbitrarie sembrano finalizzate a tacitare il dissenso e la critica, calando un cupo silenzio sulle drammatiche violazioni dei diritti umani perpetrate dall' esercito turco nei confronti della minoranza curda e che vengono denunciate da chi non vuole tacere di fronte ad un crimine commesso dalle istituzioni. «Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti» diceva Martin Luther King; e la storia anche recente, purtroppo, è costellata di silenzi che pesano come complicità.

Alla coraggiosa denuncia degli accademici turchi dovrebbe quindi unirsi la solidarietà (che certamente non richiede altrettanto coraggio…) dei cittadini europei che non possono transigere sul rispetto dei diritti umani e delle regole che assicurano la civile convivenza in ogni sistema che si dica democratico: coprifuoco, condizioni di guerra, attacchi con armi pesanti a città e villaggi, come pure censura, repressione del libero pensiero, minacce fisiche e ricatti economici non rappresentano certo le modalità con le quali uno Stato, che ambisce entrare in Europa, è legittimato ad affrontare il pur complesso tema del riconoscimento delle minoranze entro i propri confini. Per questo, il gruppo consigliare del Partito democratico aderisce convintamente all' appello, esprimendo la propria ammirata solidarietà ai cittadini turchi che lo hanno proposto ed incoraggiando tutti i cittadini trentini, italiani ed europei a far sentire la loro voce.

Ci sono vite umane da salvare, ma c'è anche da salvaguardare il significato profondo delle società democratiche nelle quali lo Stato è al servizio delle persone e non gli è permesso, di conseguenza, schiacciare, minacciare, violare e addirittura uccidere i propri cittadini in nome di una sedicente “ragion di Stato”. 

 

LEGGI COME ADERIRE ALL'APPELLO

 

Care Accademiche e Scenziate Italiane,
Cari Accademici e Scenziati Italiani,


Vi inviamo l’appello firmato da più di 1128 accademici e accademiche della Turchia che trovate qui di seguito in italiano e altre lingue europee.

Come ben sapete, il governo dell’AKP, per mettere a tacere tutti coloro i quali non condividono la crudeltà e i massacri che sta commettendo, sta attaccando tutte e tutti con ogni mezzo.
Gli accademici e le accademiche che hanno firmato questo appello, il giorno stesso sono stati minacciati da Presindente Recep T. Erdogan e addirittura sono stati aperti procedimenti contro i loro e alcuni sono stati sollevati dal loro incarico e arrestati.

Facciamo appello a tutte le accademiche e a tutti accademici di firmare questo appello e di manifestare la propria solidarietà con gli accademici e le accademiche in Turchia.

Con preghiera di massima divulgazione per la raccolta una campagna di raccolta firme.
Inviare le adesioni a: info@retekurdistan.it

UIKI Onlus & Rete Kurdistan



APPELLO (
Firmato dal 1128 Accademic* in Turchia)
Noi, gli accademici e le accademiche e gli scienziati e le scienziate di questo paese non saremo parte di questo crimine!

Lo Stato turco, a Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre e in molte altre località, attraverso coprifuoco della durata di settimane, condanna i suoi cittadini e le sue cittadine a morire di fame e di sete. In condizioni di guerra, interi quartieri e città vengono attaccati con armi pesanti. Il diritto alla vita, all’incolumità fisica, alla libertà, all’essere al sicuro dagli abusi, in particolare il divieto di tortura e maltrattamenti, praticamente tutte le libertà civili che sono garantite dalla Costituzione turca e dalle Convenzioni Internazionali vengono violate e abrogate.

Questo modo di procedere violento messo in pratica in modo mirato e sistematico, manca di qualsiasi fondamento giuridico. Non è solo una grave ingerenza nell’ordinamento giuridico, ma lede le normative internazionali come il Diritto Internazionale, che sono vincolanti per la Turchia.

Chiediamo allo Stato di mettere immediatamente fine a questa politica di annientamento e espulsione nei confronti dell’intera popolazione della regione, che tuttavia è rivolta essenzialmente contro la popolazione curda. Tutti i coprifuoco devono essere immediatamente revocati. Gli autori e i responsabili di violazioni di diritti umani debbono renderne conto. I danni materiali e immateriali lamentati dalla popolazione vanno documentati e risarciti. A questo scopo chiediamo che osservatori indipendenti nazionali e internazionali abbiano libero accesso alle zone distrutte per poter valutare e documentare la situazione sul posto.

Invitiamo il governo a creare le condizioni per una soluzione pacifica del conflitto. A questo scopo il governo deve presentare una roadmap che renda possibile un negoziato e che tenga conto delle richieste e della rappresentanza politica del movimento curdo. Per coinvolgere l’opinione pubblica in questo processo, al negoziato debbono essere ammessi osservatori indipendenti provenienti dalla popolazione. Con questo manifestiamo la nostra disponibilità a prendere parte di nostra libera volontà al processo di pace. Ci opponiamo a tutte le misure repressive mirate all’oppressione dell’opposizione sociale.

Chiediamo l’immediata cessazione della repressione dello Stato contro le cittadine e i cittadini. Come accademici e accademiche e scienziati e scienziate, così manifestiamo che non saremo parte di questi crimini e prenderemo iniziativa nei partiti politici, in parlamento e nei confronti dell’opinione pubblica internazionale, fino a quando le nostre richieste troveranno ascolto.

Nome Cognome e Titolo: ....................