Borgonovo Re: «Profughi, il Trentino può fare di più»

A fronte di un’assegnazione da parte dello Stato al Trentino di 431 persone, i profughi distribuiti nelle strutture di accoglienza di 12 territori comunali sono (a ieri) 395, compresi gli ultimi 40 arrivati nei giorni scorsi, tutti richiedenti asilo, tutti letteralmente “pescati” dalle acque del Mediterraneo nel corso delle operazioni “Mare Nostrum” e “Triton”. Di questi 395, a Trento dimorano in 99 mentre a Rovereto sono 160 (di cui 100 nel centro di accoglienza di Marco).
"Trentino", 22 aprile 2015

E ci staranno ancora per un bel po’ perché la Commissione territoriale per la domanda di protezione internazionale di Verona è stata istituita solo il 2 marzo scorso (prima la domanda si faceva a Gorizia), ha competenza su quattro province e aveva in carico circa 2000 domande provenienti da Trento, Bolzano, Verona e Vicenza di cui appena 180 evase. Se, secondo fonti consultate, la durata media del procedimento e della conseguente decisione, vista la situazione straordinaria determinata dai continui arrivi, si aggira effettivamente sui 7-8 mesi, se non di più, non è così difficile ritenere che la situazione di stand-by in cui si troveranno i profughi andrà avanti per diverso tempo. L’assessore provinciale Donata Borgonovo Re è titolare della delega per gli interventi nel settore dell’immigrazione extracomunitaria.

Assessore, con che programmazione il Trentino sta rispondendo all’emergenza? La prima accoglienza è garantita dalla Protezione civile di Marco. Avevamo cercato soluzioni alternative ma era molto complicato. E così abbiamo deciso di “rafforzare” il campo predisponendo strutture prefabbricate in legno al posto dei container. Poi, per la seconda accoglienza, per gruppi numerosi, c’è stata la disponibilità fino a quasi due mesi fa dell’ostello di Castelfondo (ora la collaborazione si è chiusa) e della residenza Brennero a Trento. Inoltre, c’è una redistribuzione di piccoli nuclei di profughi in altre strutture sul territorio provinciale.
I profughi in Trentino sono distribuiti in 12 territori comunali. I Comuni non paiono particolarmente solleciti… Abbiamo iniziato già a luglio dello scorso anno un dialogo con le Comunità di valle chiedendo loro una partecipazione all’accoglienza individuando delle strutture, anche nella fase dove si rafforza la capacità delle persone di rapportarsi con il territorio che li accoglie o per piccoli gruppi. Diciamo che la risposta è stata molto lenta e abbiamo raccolto le disponibilità di alcuni Comuni, ma di molti privati anche se queste ultime offerte non si sono potute accettare tutte per via di alcuni requisiti che avevamo richiesto, dalla vivibilità a una collocazione adeguata, in quanto alla disponibilità dei servizi, ad esempio.
Una “lentezza” derivata anche dall’avvicinarsi delle elezioni comunali? Questi fattori certamente “giocano”, c’è anche questo aspetto emotivo, legato ai timori delle reazioni da parte dei cittadini. Però, quello che abbiamo osservato (anche nel corso di assemblee pubbliche molto vivaci), è che riuscire a dare risposte chiare, a far conoscere e capire che la Provincia non abbandona i territori, rende possibile accoglienze positive.
Per essere ancora più chiari, il Trentino è solidale, come si sbandiera ogni giorno, o lo è “a seconda dei casi”? Diciamo che potremmo fare meglio. Anche se c’è una buona risposta, non si deve essere ingenerosi. Tanto più se si va a vedere alle barricate di altre Regioni. Noi abbiamo accolto e fatto la nostra parte. Dopodiché, i timori sono tanti, non c’è dubbio. Però, e lo sottolineo, quando i profughi diventano persone con le quali confrontarsi nella vita quotidiana e si instaurano dei rapporti, allora molti dei timori si sciolgono. E poi c’è una rete di volontariato e di associazioni di cui essere orgogliosi.