Appello a sostegno della Doppia Preferenza di Genere

Oggi 11 febbraio inizia la discussione per introdurre anche in Trentino  la doppia preferenza di genere nelle elezioni comunali, e il Trentino/Alto Adige Sùdtirol rischia di essere l'unica Regione italiana che non ha adottato i più moderni strumenti di riequilibrio della rappresentanza di genere nelle Istituzioni. Il sistema elettorale attualmente vigente nella nostra Regione presenta la grave lacuna di impedire, nei fatti, la giusta rappresentanza delle donne. 
Comitato doppia preferenza di genere, 11 febbraio 2015 

 

Ciò avviene proprio quando, sia per esigenze economiche che di vera democrazia rappresentativa, è necessario valorizzare al meglio le persone di talento, di qualunque genere esse siano. 

Ed è dimostrato da dati oggettivi che il contributo delle donne, nel mercato del lavoro, nel management delle imprese ed enti pubblici e nella vita politica ha una ricaduta immediata sulle persone che vivono in un territorio, aiuta l'economia, migliora le performance aziendali, fa crescere il PIL, favorisce una società più equa e dunque dove si vive meglio: perché, allora, non sfruttare appieno le risorse femminili anche in politica? 

Nei giorni scorsi sono stati  lanciati numerosi appelli da rappresentanti della politica,  dell’economia e della società civile, per chiedere l’introduzione  della doppia preferenza di genere in Trentino, sottoscritti e sostenuti, con diverse lettere ai quotidiani ed una conferenza stampa.  

In primo luogo ha sostenuto l’introduzione della norma nella legge regionale per l’elezione nei Comuni, il Presidente Rossi che ha dedicato un capitolo specifico alle donne nel proprio programma di legislatura: “Le pari opportunità fra uomini e donne sono un obiettivo fondamentale per garantire eguaglianza e piena partecipazione. Dovremo impegnarci a fondo per rendere concreto questo obiettivo e sviluppare politiche di sostegno verso il mondo femminile su più livelli…”, tra cui “quello delle norme positive che consentano alle donne di assumere sempre più ruoli decisionali importanti nel contesto pubblico e privato della nostra terra e qui dovremo impegnarci prima di tutto per modificare la cultura e le scelte in direzione delle pari opportunità, ma anche per introdurre strumenti legislativi che rendano effettiva la piena partecipazione nelle rappresentanze politiche, istituzionali e amministrative delle donne.”.

Altri autorevoli rappresentanti della politica, quali gli onorevoli  Luisa Gnecchi, e Fravezzi, le consigliere provinciali Maestri e Plotegher, il consigliere Luca Zeni, le segretarie di partito Donatella Conzatti, UPT, e Giulia Robol, PD, Il sindaco di Rovereto Miorandi ed il sindaco di Riva Mosaner, oltre a Laura Froner, onorevole nella scorsa legislatura e Margherita Cogo, già presidente della Regione TAA, Carmen Nordin, assessora della Comunità della Valle di Non e Catia Nardelli, assossora della Comunità della Val di Sole.


Inoltre si sono espresse con forza sull’importanza di questa norma per la nostra società, rappresentanti del mondo economico, quali Alessandro Lunelli, Presidente dei giovani industriali; Claudia Gasperetti, Presidente CIF (Comitato Imprenditorialità Femminile, Camera di Commercio TN); Flavia Angeli, Presidente di Donne Impresa Artigiane; Rita Matano, Presidente di Terziario Donna confocommercio; Donne in cooperazione; Isabella Chiodi, Presidente  di AIDDA (Ass. It Donne Dirigenti d'Azienda)  Veneto, Trentino Alto Adige; Emanuela Corradini, Imprenditrice e socia trentina di  AIDDA Veneto, Trentino Alto Adige; Nicoletta Molinari, Direttrice di cooperativa sociale; Manuela Zanoni, Imprenditrice, componente della giunta di Confindustria; Antonella Muto, Coordinatrice Libere associazioni professionali; Maria Letizia Paltrinieri, Presidente del Comitato Unitario permanente degli Ordini dei Collegi Professionali della provincia di Trento; Antonio Armani, Presidente dell'Ordine degli Ingegneri; Barbara Balsamo, Avvocata e componente del Comitato pari opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Trento; Gabriella Santolini, Consulente del lavoro; Patrizia Pizzini, Commercialista; la Presidente della Trentino Trasporti, Avv. Baggia.

Rappresentanti della società civile, quali Eleonora Stenico, Avvocata, Consigliera di parità; prof Barbara Poggio, docente Università degli Studi di Trento, esperta di politiche di genere; Enrica Caneppele, Coordinamento donne ACLI; Gianna Santoni, scrittirice.

Perchè tutte queste persone, singolarmente o in rappresentanza di intere categorieeconomiche, ordini professionali o di associazioni importanti che coinvolgono centinaia di iscritti, chiedono l’introduzione nella legge elettorale della doppia preferenza di genere?

Perchè è una misura indispensabile, visto che, con l’attuale sistema elettorale, la presenza femminile nei consigli comunali del Trentino è solo del 26% e le sindache sono solo il 13%.

Fa meglio l'Afghanistan, in cui le donne occupano il 28% dei seggi del Parlamento: questo grazie ad una previsione costituzionale che ha introdotto le quote di genere!

Non solo nei Paesi del Nord Europa, ma anche in quelli che consideriamo meno sviluppati e democratici del nostro, la presenza femminile in politica è molto più significativa, tant’è che l'Italia è solo al 98° posto sul tema delle pari opportunità, ed il Trentino Alto Adige, se non approva la legge sulla doppia preferenza di genere prima delle elezioni comunali, potrebbe  vincere il poco ambito premio di “regione più misogina d’Italia”.

Ad ogni modo, per affrontare questa situazione di iniquità e di democrazia “incompiuta”, in tutti i Comuni di Italia, ad eccezione di quelli della nostra Regione, è stata introdotta la doppia preferenza di genere. 

Il risultato è stato l'aumento della donne elette, a differenza di quanto avvenuto nella nostra Provincia, dove le donne sono rappresentate da solo 6 consigliere provinciali su 35 consiglieri, ed a differenza di quanto avverrà anche alle prossime elezioni comunali se non verrà modificata la norma in tempo utile. 

La proposta di introdurre anche in Trentino la doppia preferenza di genere non è quindi simbolica, ma serve per migliorare la qualità delle decisioni delle nostre amministrazioni, attraverso una complementarietà di visioni, costruttiva ed efficace.

Si tratta di una misura che la Corte Costituzionale ha già sancito essere legittima, che non lede la libertà di scelta dell'elettore, il quale, infatti,  può limitarsi a votare anche solo un candidato, ma che è “un'azione positiva” per superare gli ostacoli culturali e sociali che penalizzano la rappresentanza femminile. 

La pronuncia più rilevante sul tema è la sentenza n. 4 del 2010, con cui la Corte Costituzionale, richiamando il principio di uguaglianza inteso in senso sostanziale, ha dichiarato che  «il quadro normativo, costituzionale e statutario, è complessivamente ispirato al principio fondamentale dell’effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale, nello spirito dell’art. 3, secondo comma, Cost., che impone alla Repubblica la rimozione di tutti gli ostacoli che di fatto impediscono una piena partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica del Paese. Preso atto della storica sotto-rappresentanza delle donne nelle assemblee elettive, non dovuta a preclusioni formali incidenti sui requisiti di eleggibilità, ma a fattori culturali, economici e sociali, i legislatori costituzionale e statutario indicano la via delle misure specifiche volte a dare effettività ad un principio di eguaglianza astrattamente sancito, ma non compiutamente realizzato nella prassi politica ed elettorale.».

E’ una misura coerente con l'articolo 117, settimo comma, Cost. che prevede che "Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive." Analogo principio è stato introdotto negli statuti delle regioni ad autonomia speciale dalla legge costituzionale n. 2 del 2001.

Da segnalare altresì che la proposta di riforma costituzionale, approvata dal Senato e attualmente all'esame della Camera (A.C. 2613), introduce un nuovo secondo comma all'art. 55 Cost., in base al quale "le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza".

Rispetto a chi dice “io voglio votare il merito e non il genere”, va precisato che questa legge non obbliga, ma invita a riconoscere e scegliere la qualità e il merito anche nel gruppo femminile. Cosa che per cultura e tradizione avviene con difficoltà, come ha dichiarato la stessa Corte Costituzionale, e come dimostrano il numero di donne elette.

L'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), agenzia autonoma dell'Unione europea, il 13 giugno 2013 ha pubblicato il primo rapporto sull'indice dell'uguaglianza di genere, frutto di tre anni di lavoro. L'indice, che prende in considerazione 6 diversi settori (Lavoro, Denaro, Conoscenza, Tempo, Potere e Salute), ha un valore tra 1 e 100, dove 1 indica un'assoluta disparità di genere e 100 segna il raggiungimento della piena uguaglianza di genere.

Particolarmente negativa è la posizione dell'Italia, che con un indice di 40.9 si attesta al 23° posto su 27 Stati membri, mentre il Regno Unito ha un indice di 60.4, la Francia di 57.1, la Spagna di 54.0 e la Germania di 51.6.

Passando alla sfera specifica del Potere, inteso come potere decisionale sia politicoche economico, anche in questo caso la performance dell'Italia è negativa, con un indice di 18.6, che la colloca al terzultimo posto tra i Paesi UE, sopra solo a Lussemburgo e Cipro.

A livello mondiale, secondo l'analisi annuale del World economic forum sul Global Gender Gap, nella graduatoria diffusa nel 2014, l'Italia si colloca al 69° posto su 142 Paesi (era al 71° nel 2013, all'80° nel 2012). L'aumento registrato dall'Italia nella graduatoria globale è determinato principalmente dal significativo aumento del numero delle donne in Parlamento (dal 22% nel 2012 al 31% nel 2013).

Il World economic forum redige periodicamente anche un rapporto sulla competitività dei paesi a livello globale ed è interessante notare come emerga una correlazione tra il gender gap di un paese e la sua competitività nazionale. Dal momento che le donne rappresentano la metà del talento potenziale di un paese, la competitività nel lungo periodo dipende significativamente dalla maniera in cui ciascun paese educa ed utilizza le sue donne.

Nell’ordinamento italiano si rinvengono diverse norme, sia nazionali che regionali, finalizzate alla promozione della partecipazione delle donne alla politica e dell’accesso alle cariche elettive, emanate in attuazione degli articoli 51, primo comma, e 117, settimo comma, Cost.

A livello nazionale, il sistema è stato applicato per la prima volta nelle elezioni comunali del maggio 2013. Uno studio sui risultati elettorali nei 16 comuni capoluogo che hanno votato evidenzia effetti molto positivi: in termini assoluti il numero di donne elette raddoppia, mentre in termini percentuali la presenza femminile è due volte e mezzo quella della precedente tornata nel complesso (dall'11,2 al 27,9%), e nel caso dei capoluoghi meridionali addirittura quadrupla (dal 7,3 al 28%).

Si segnala inoltre il dato di Roma capitale: nell'Assemblea capitolina, la presenza femminile è aumentata dal 7 per cento (con 4 consigliere su 60 componenti del consiglio) al 31 per cento (con 15 consigliere su 48 componenti).

La legge n. 215/2012 ha inoltre modificato la norma che disciplina il contenuto degli statuti comunali e provinciali con riferimento alle pari opportunità. In particolare, è previsto che gli statuti stabiliscono norme per "garantire", e non più semplicemente "promuovere", la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.



Certamente la scarsa presenza delle donne nelle assemblee rappresentative è un problema diffuso su scala planetaria e con cui tutti i Paesi, al momento, sia le democrazie consolidate che le democrazie emergenti, si stanno confrontando.

Per superare questa situazione e garantire l'accesso delle donne alle assemblee parlamentari, lo strumento più diffuso è l'introduzione delle quote di genere nei sistemi elettorali.

Attualmente nella maggior parte dei paesi del mondo funzionano le quote di genere in campo elettorale. Le quote possono essere previste a livello legislativo, a volte anche costituzionale, e questo accade in circa 75 paesi.


PER TUTTI QUESTI MOTIVI VI CHIEDIAMO DI VOTARE A FAVORE DELL’INTRODUZIONE NELLA LEGGE ELETTORALE DELLA DOPPIA PREFERENZA DI GENERE

Avv. Eleonora Stenico, Consigliera di parità

Prof. Barbara Poggio,  Università di Trento

Claudia Gasperetti, Presidente CIF (Comitato Imprenditorialità Femminile, Camera di Commercio TN)

Flavia Angeli, Presidente di Donne Impresa Artigiane

Rita Matano, Presidente di Terziario Donna/Confcommercio

Isabella Chiodi, presidente  di AIDDA (Ass. It Donne Dirigenti d'Azienda)  Veneto, Trentino Alto Adige

Emanuela Corradini, imprenditrice, AIDDA Veneto, Trentino Alto Adige

Enrica Caneppele, Coordinamento donne ACLI

Antonella Muto, Coordinatrice Libere associazioni professionali;

Nicoletta Molinari, direttrice di cooperativa sociale

Manuela Zanoni, imprenditrice

Gabriella Santolini, consulente del lavoro

Patrizia Pizzini, commercialista

Franca Penasa, Commissione paritetica per la Regione Trentino alto Adige

Luisa Gnecchi, Onorevole 

Laura Froner, ex Onorevole 

Carmen Noldin, assessore della Comunità della Val di Non

Catia Nardelli, assessore della Comunità della Val di Sole

Donatella Conzatti, Segretaria UPT

Giulia Robol, Segretaria PD del Trentino