«Tempi duri, i governatori alzino la voce»

Il senatore altoatesino sulla trattativa finanziaria:"C’è bisogno di un accordo, questo vale per noi delle autonomie speciali e per lo Stato. A nessuno conviene rompere. Detto questo, in un anno e mezzo come parlamentare ho capito che nella nostra cultura politica se non minacci e non prendi a calci, non ottieni nulla".
Intanto la la clausola di salvaguardia per il Trentino Alto Adige non è ancora stata approvata: il voto dovrebbe arrivare nella mattinata di oggi.
"Trentino", 7 agosto 2014



TRENTO Il senatore Francesco Palermo risponde al telefono. Urla sullo sfondo, «vergogna», impossibile parlare. Partitella amichevole allo stadio? «No, Senato. Qui si lavora così, ormai».
Palermo, senatore e presidente della Commissione dei Sei, parte da Palazzo Madama ridotto a curva sud per ragionare sulla crisi Bolzano-Trento-Roma esplosa giovedì con la «proposta irricevibile», secondo Kompatscher e Rossi, «indecente» secondo Zeller, avanzata dai vertici del ministero delle Finanze alle due Province sui futuri rapporti finanziari.
Palermo non appartiene al gruppo di chi difende «a prescindere» le ragioni delle autonomie speciali, invita sempre ad alzare lo sguardo dall’ombelico. Non fa eccezione neppure questa volta. Roma mostra i denti, la Svp e una parte dei parlamentari trentini valutano se restare nella maggioranza.

Dobbiamo aspettarci una balcanizzazione dei rapporti Stato-speciali? «La mia premessa è questa: c’è bisogno di un accordo, questo vale per noi delle autonomie speciali e per lo Stato. A nessuno conviene rompere. Detto questo, in un anno e mezzo come parlamentare ho capito che nella nostra cultura politica se non minacci e non prendi a calci, non ottieni nulla. Lo stiamo vivendo in queste ore al Senato. Non condivido né il merito né il metodo adottato dal governo Renzi per approvare le riforme, ma se non tirasse calci, nulla si muoverebbe. Non mi piace, mi limito a constatarlo».

Questo per dire che i presidenti fanno bene ad alzare la voce?
«Certamente. Come detto, non c’è alternativa al negoziato, ma sarà un negoziato duro. La controparte governativa non ha la capacità, forse neppure la possibilità di programmare. Ecco perché a Rossi e Kompatscher, sapendo che ci sono cause praticamente vinte per sei miliardi davanti alla Consulta, arriva questa proposta: se rinunciate ai ricorsi, fino al 2017 vi taglieremo un po’ meno che agli altri. Una situazione assurda. Noi “speciali” siamo viziati e troppo abituati a guardare solo al nostro ombelico, ma almeno noi, grazie alla autonomia abbiamo il diritto- dovere sacrosanto di poter programmare. Se lo Stato non sa o non può farlo, ne lascino almeno a noi la possibilità. Credo che si arriverà a un accordo, in cui perderemo qualcosa, ma lo Stato saprà approfittare dell’opportunità di avere una piccola porzione di territorio impostata su un periodo almeno medio-lungo».

In tutto questo il premier Renzi dove sta? Nel suo libro «Stil novo» del 2012 aveva scritto: «Via le regioni a statuto speciale». Non era una boutade? «Non c’è dubbio - aggiunge Palermo - che per Renzi le autonomie, tutte le autonomie, siano fumo negli occhi. Ma sa che deve negoziare e lo farà».



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