«Così cambieremo il campo profughi»

Si preannunciava un Consiglio caldo, così è stato. Per tre volte il presidente Mario Airoldi, di fronte al rumoreggiare dei tanti marcolini (peraltro suoi «concittadini») presenti tra il pubblico, ha minacciato di far sgombrare l'Aula. Anche l'assessore alla Solidarietà sociale Donata Borgonovo Re ha dovuto interrompere ad un certo punto la sua esposizione sui numeri dell'arrivo dei profughi (vedi anche box a fianco) e soprattutto sulle prospettive future del campo di Marco: quando ha sottolineato il valore positivo della scelta dei profughi di sottoporsi, nonostante non fossero obbligati, al test del dna.
"L'Adige", 31 luglio 2014


L'ex polveriera, istituita come centro di addestramento della Protezione Civile, oggi rappresenta la base principale del sistema di accoglienza Trentino in riferimento all'operazione Mare Nostrum. Qui sono transitati da marzo ad oggi 450 migranti (300 hanno lasciato il sito nel giro di pochi giorni), qui ne risiedono attualmente in forma stabile 71. Una condizione criticata da tempo, sia dall'opposizione (ufficialmente si sono esposti i consiglieri Angeli e Plotegher) sia dalla giunta, dallo stesso sindaco Miorandi.

Borgonovo Re ha confermato in Aula quanto preannunciato all'Adige dallo stesso presidente della Provincia Ugo Rossi: il campo, così com'è gestito oggi, cesserà di esistere con il primo di ottobre. Ma non spariranno i migranti. Il campo resterà anche a lungo termine elemento fondamentale della macchina dell'accoglienza: sarà il centro di permanenza per i profughi per i primi sette-dieci giorni. Il tempo tecnico per le operazioni di identificazione e per le visite e controlli medici che, ha sottolineato Borgonovo Re, «sono, a differenza di quanto si possa pensare e temere, approfonditi». La discussione consiliare è stata lunga ed approfondita. Abbracciando temi e argomenti che vanno di molto al di là del confine di competenza di un Consiglio Comunale, ma anche della Provincia stessa. Si è parlato di immigrazione, di crisi economica, di geopolitica, del retaggio storico dell'Italia coloniale, del senso profondo della solidarietà tra i popoli.

Praticamente tutti i consiglieri, nel prendere la parola, hanno ribadito da un lato la solidarietà alla giovane mamma di Marco vittima di violenza sessuale venerdì notte ad opera, secondo quando riportato dalla vittima ai carabinieri, da un «giovane uomo di colore» «forte» che «parlava una lingua sconosciuta»; dall'altro di aspettare la fine delle indagini da parte degli inquirenti e di non attribuire in nessun modo ai profughi oggi ospitati l'odioso delitto.

Più sicurezza, più controlli delle forze dell'ordine, meno densità di presenza nel campo, più operatori in servizio, più dignità ed una permanenza più sopportabile per i migranti: questo quanto chiesto, pur con gradazioni più o meno intense a seconda degli oratori, dai consiglieri della Città della Quercia.Una richiesta che resta, anche dopo il Consiglio comunale (la votazione della mozione è arrivata solo a tarda ora, impossibile per l'Adige riportarla), in ballo. Se la Provincia saprà rispondere alla richiesta di sicurezza e normalizzazione dei cittadini di Marco e di Rovereto lo si potrà verificare solo nelle prossime settimane e mesi, con il concretizzarsi del piano provinciale.Un piano che ha per ora un punto fermo: Rovereto continuerà ad essere la «porta di ingresso» degli immigrati per il Trentino.

Una porta di ingresso verso poi altre destinazioni in provincia, quei nuovi centri di accoglienza oggi al vaglio di Piazza Dante. Strutture meno «aperte» rispetto al campo di Marco.


LEGGI ANCHE:

Campo profughi, Miorandi si allinea, F. Cargnelutti, "Corriere del Trentino", 31 luglio 2014