«Andiamo avanti a spot. Serve un vero progetto»

Difende le proprie scelte in materia economica e il ruolo di Trentino Sviluppo. Indica nella riforma del fisco e della pubblica amministrazione e nello sviluppo delle sinergie tra mondo della scuola e imprese le chiavi per spalancare le porte del Trentino a un futuro di prosperità. Alessandro Olivi, vice presidente della giunta provinciale e assessore allo sviluppo economico, parla di passato e di futuro. Ricordando lo shock della sconfitta alle primarie subita un anno fa e chiedendo al suo partito, il Pd, di essere volano di idee per il futuro.
F. Gottardi, "L'Adige", 26 luglio 2014

Con una proposta in particolare: organizzare una «Leopolda dell'autonomia» che disegni il Trentino che verrà. 

Assessore Olivi, era partito per le ferie proprio nel giorno in cui il governatore Rossi le aveva rimproverato sulla vicenda della destinazione dei 100 milioni per il sistema delle imprese, di cui aveva preannunciato la destinazione, una eccessiva voglia di protagonismo. È così? Non vado alla ricerca di nessuna primogenitura, però nel momento in cui si devono fare delle scelte su come utilizzare le risorse rivendico, in un rapporto trasparente, di ribadire quello che da tempo ci diciamo, cioè che Trentino Sviluppo è una società che stiamo riconfigurando e che non è, come si vuole far passare, una macchina da guerra della grande industria. Abbiamo un presidente, Tosi, che è stato presidente degli artigiani. Io personalmente ho proposto per il cda una donna, Giovanna Flor, che dirige una piccola azienda dell'industria. Quella delle opposizioni è una vecchia litania. Io ho solo detto e ribadisco che con queste risorse dobbiamo agire sulle leve della crescita e dello sviluppo. Non mi sono inventato nulla e ho detto cose già discusse all'interno della giunta. Ho solo detto, come assessore, che è li che dobbiamo operare con l'obiettivo di creare lavoro. 

Quindi l'aver fatto quella puntualizzazione in consiglio regionale è stato un cedimento alle minoranze? Non credo che ci si debba sentire limitati da quel compromesso finito in delibera. Ma credo anche che quando si arriva a una discussione occorre avere molta fermezza. Nel momento in cui la giunta pianifica un utilizzo delle risorse per lo sviluppo deve mantenere uno spazio di autonomia per decidere. Quindi lei quelle concessioni non le avrebbe fatte? Io non c'ero e adesso sarebbe troppo comodo pontificare. Ritengo solo che la discussione "piccolo-grande" sia vecchia come il tempo. Le imprese sono imprese. Ce ne sono di piccole e di grandi che vanno sostenute. Sta a noi decidere. Trentino Sviluppo oggi è una società a sostegno dell'economia e lo abbiamo dimostrato. 

Senta assessore, è passato un anno dalle primarie del centrosinistra. In quel momento Lei era considerato il favorito per la presidenza della Provincia. Quello shock è cancellato o ogni tanto ci pensa? Io l'ho sempre considerato un confronto tra soggetti politici prima ancora che tra persone perché in una coalizione non siamo tutti uguali. Non so neanche se per me sia stato uno shock. Credo che quel giorno il Pd non abbia perso solo le primarie per la Provincia ma ha dimostrato di avere toccato il fondo. Era un partito dilaniato dalle divisioni interne, corroso dagli egoismi personali, bloccato dalle interdizioni di chi non aveva il coraggio di esporsi o non voleva farlo. È mancata la voglia di vincere, la grinta e la determinazione. Noi e l'Upt siamo andati al traino del Patt, che aveva impostato le primarie sapendo che avrebbe capitalizzato il consenso mobilitando una rete diffusa di militanti, amministrazioni comunali, sezioni. Io sono stato lasciato di fatto, a parte poche eccezioni, completamente solo. 

Per questo ha perso? Abbiamo perso perché non avevamo una guida di partito capace di costruire una cultura dello stare insieme e di solidarietà. Io mi sono sempre chiesto, a distanza di mesi, cosa sarebbe accaduto se all'egoismo di tanti avessi aggiunto anche il mio, non partecipando alle primarie. Io avvertivo la freddezza e la lontananza. Ma serviva qualcuno che ci mettesse la faccia. Le voglio ricordare che passavo in quei giorni per otto ore ad occuparmi dei problemi della Whirlpool e la sera andavo in giro a cercare di raccogliere quel che rimaneva di un partito diviso. E abbiamo perso per 120 voti. 

Poi la decisione di rimanere comunque alla guida della lista. Come mai? Avevo capito che non ero io il problema. E 13.800 preferenze sono in proporzione sui votanti quelle che prese Pacher da segretario del partito pochi anni prima e con un'esperienza da sindaco di Trento, popolare e trasversale. Il mio impegno e la mia generosità sono stati riconosciuti.

Adesso si sente alle spalle la presenza di un Pd diverso? Non mi lamento. Abbiamo fatto un congresso con tre giovani, segno di un partito che si è saputo rinnovare. All'interno del gruppo in particolare dialoghiamo e ci confrontiamo. C'è più consapevolezza che dividersi come era stato fatto nei cinque anni precedenti in bande armate non serve a niente. Io al partito chiedo che faccia politica tra la gente, sui temi del lavoro, dei giovani, della laicità. Che sia soggetto che contribuisce al dibattito sul futuro del Trentino. 

Siamo in una fase in cui è difficile difendere l'autonomia. Si sta giocando una partita ad alto rischio? Secondo me si. La fase è molto difficile. Secondo me la proposta di revisione del Senato è un tentativo importante che però fa i conti con un vento centralista di cui non si avvertiva il peso e la forza da alcuni anni. E la fonte non è secondo me la politica ma sono le grandi burocrazie che tentano un ultimo colpo di mano. Noi trascuriamo il potere di strutture che hanno visto passare presidenti del consiglio, ministri ma che si sono spesso stratificate e che hanno l'idea di uno stato verticale. Qualcosa qui va cambiato. E rispetto a questo intanto voglio dare atto al presidente Rossi che si sta molto impegnando in prima persona dico che di fronte al rischio di una burocrazia centralista ci voglia un'alleanza, che non può essere solo di Trento e di Bolzano contro il resto del mondo. 

Con chi? Alleanze trasversali tra le Regioni, sia a statuto ordinario che speciale, e fare una battaglia politica seria per una applicazione del principio di sussidiarietà. Non credo sia più sufficiente andare a rinegoziare solo la nostra parte. Pensiamo solo al patto di stabilità. Noi siamo un territorio che, pur colpito dalla crisi, ha 1 miliardo e mezzo di risorse che si potrebbero iniettare nel sistema e che invece sono ferme così come per ogni altra Regione. Su questa partita il patto di stabilità è evidente che non lo cambieranno solo per noi ma bisogna riuscire a sviluppare un fronte più compatto. 

La crisi economica tocca anche il Trentino anche se in maniera inferiore rispetto al resto d'Italia. Lei che si occupa di sviluppo e lavoro come vede il prossimo futuro? Difficile essere ottimisti in un momento come questo. Da un lato risentiamo inevitabilmente di essere dentro un sistema nazionale ed europeo. Non dipende solo da noi anche se sono convinto che dobbiamo fare di più. Dobbiamo fare alleanze con le altre regioni ma anche noi in Trentino finora abbiamo cercato di preservare un capitale. Ora dobbiamo metterlo nelle condizioni di essere più reattivo e su questo c'è bisogno di tre importanti accelerazioni.  

Quali? La prima riguarda il tema fiscale. Credo che la delega abbia un grande valore. La competitività oggi dipende da un fisco selettivo e stabile. Noi abbiamo possibilità ancora non attuate. Ad esempio la provincia di Bolzano non ha recepito la Tasi e ha istituito l'Imi, imposta immobiliare con aliquote uniche. Noi dobbiamo sviluppare un fisco più chiaro e fare come per l'Irap, valorizzando chi investe e crea lavoro. Poi c'è la pubblica amministrazione. Noi abbiamo un piano che va avanti e produce risultati ma personalmente ritengo che abbiamo ancora una Provincia troppo esorbitante rispetto alle necessità.  

La terza priorità? Il terzo elemento è quello della competitività del sistema economico che sia proporzionata al grande investimento fatto in questi anni su scuola e università. Dobbiamo ora creare un ponte per produrre lavoro. La nostra Università è un gioiello a livello di qualità ma se andiamo a vedere i dati che riguardano l'interazione con le imprese credo ci sia da migliorare. Come c'è da migliorare nel mondo della ricerca pubblica. Bisogna travasare con più convinzione nel sistema economico gli investimenti fatti in questi settori. 

C'è oggi da parte del governo provinciale una visione del Trentino che verrà? Se vedo un rischio è quello di un riformismo a macchia di leopardo. Rossi spesso ci richiama al fatto che abbiamo un programma e che attuarlo è un atto di serietà e una bussola. Io sono d'accordo ma i programmi spesso vengono consumati dall'incedere del tempo. Noi dobbiamo anche costruire un progetto di lunga gittata, di come l'autonomia possa essere un modello di buongoverno in una visione di prospettiva. Vorrei lanciare a questo proposito una proposta. 

Dica.
Sarebbe bello aprire un cantiere che chiamerei la Leopolda dell'autonomia trentina. Un posto dove imprenditori, lavoratori, giovani delle scuole, mondo della cooperazione, si confrontino e dicano, anche criticando, "io vorrei un Trentino così". Ricordandoci che l'autonomia non è un fine ma un mezzo per fare meglio le cose. Credo che liberare pensieri e idee possa essere di aiuto alla politica. 

La Leopolda di Renzi era però promossa non da un capo del governo ma da un rottamatore. Lei è il vice presidente della giunta. Renzi non era presidente del consiglio ma tutt'altro che un giovane sprovveduto calato con l'ultimo temporale. Io lancio la proposta che sia, perché no, promossa dal Pd. Che però nel momento in cui fa una cosa del genere si assume anche una responsabilità: quella di essere un veicolo aperto per far discutere del futuro dell'autonomia anche chi del Pd non è.